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Moralia Dialoghi

Questioni scientifiche: ma i metodi naturali lo sono veramente?

Come in molti altri ambiti di etica sessuale, spesso viene delegato alla scienza l’onere di sostenere le ragioni di eticità o meno di una prassi, fondandola su una pretesa oggettività scientifica, che a prescindere da un’ottica di fede ne sarebbe il supporto. O, quantomeno, il dato scientifico viene “confrontato” con altri inserendolo nel dibattito etico sul problema. In tal senso la vexata quaestio dei metodi naturali non fa eccezione.

Quale naturalità?

Il primo quesito che si pone riguarda la definizione stessa di metodi naturali. Cioè in cosa consisterebbe la loro “naturalità”, elemento che già terminologicamente li differenzierebbe dalla contraccezione? Molti ritengono che questo riguardi l’assenza di sostanze o dispositivi artificiali. Vi è, in questo, l’influenza di un certo “naturalismo” contemporaneo, che tende a rifiutare tutto ciò che è manipolato, chimicamente alterato, sintetico ecc. In realtà le esondazioni o le trombe d’aria sono fenomeni naturali, mentre la sofisticata artificiosità di un’incubatrice o di un letto di rianimazione salva vite umane. D’altra parte anche il coito interrotto non fa uso di alcuna sostanza ma non rientra tra i metodi naturali.

Né possono dirsi naturali, perché non vi sia nulla di artificioso in essi. Un calcolo numerico, il corretto rilievo della temperatura, l’attenta e quotidiana registrazione del muco cervicale e, in tempi recenti, anche l’utilizzazione di un costoso apparecchietto elettronico per identificare i giorni fertili non si può dire certo che denoti un’assenza di artificialità.

L’unico elemento di naturalità  è dato dall’alternarsi, nella donna, di periodi di “naturale” fertilità ad altri di naturale sterilità, con l’astensione dei rapporti sessuali in questi ultimi. Tutto qui. In effetti la stessa dizione di metodi naturali difficilmente si ritrova nei trattati scientifici, che definiscono piuttosto tali metodi come metodi empirici, metodo sinto-termico, metodo del ritmo ecc.

Quale natura?

Vi è, tuttavia, una più elevata valutazione, che pur accettando le riserve delle prime definizioni, non ritiene appropriata neanche quest’ultima rileggendola in chiave antropologica. Sarebbero quindi naturali in quanto rispettosi della natura umana. Ma anche qui sorge un dilemma che è stato critico nella rilettura morale postconciliare. Di quale natura stiamo parlando? La teologia morale del passato, in ambito sessuale, distingueva gli atti secundum naturam da quelli contra naturam, identificando prevalentemente nella natura biologica dell’atto sessuale il livello di naturalità. Per certi versi la masturbazione appariva così più grave dell’adulterio.

In realtà a un’attenta lettura si cominciò a comprendere in modo più pertinente la natura umana, già tomisticamente identificata ut ratio. È la razionalità incarnata (non angelica in quanto priva di carne, né animale in quanto priva di ragione) a definire la natura della persona. Sarebbero propri dell’essere umano, quindi, i metodi naturali in quanto rispettosi della sua natura. Nonostante la pretesa nobilitazione antropologica, vi è un evidente riduzionismo biologico sottostante tale affermazione, in quanto l’innaturalità dei contraccettivi consisterebbe solo nella manipolazione del meccanismo riproduttivo, non certo in un’offesa alla dignità della natura umana che sarebbe assolutamente incomprensibile.

Ma sia in un’accezione riduzionisticamente biologica che in una più spiccatamente antropologica, viene da chiedersi se sia naturale – cioè rispettosa del biologico e del razionale al tempo stesso – una quotidiana osservazione di sé stessi (spesso giustificata da una, poco comprensibile, “conoscenza del proprio corpo”) o l’ossessiva misurazione della temperatura, l’ansia dovuta al costante rischio dell’errore la cui colpa ricadrebbe tutta su un’incapacità della donna e non sulla rottura di un profilattico o l’involontaria dimenticanza di un pillola.

Un’ultima accezione, infine, è quella relativa alla natura della relazionalità sessuale che, si ritiene, non venga alterata o manipolata in alcun modo. Ma anche questa visione è discutibile. La relazionalità sessuale, infatti, non è fatta solo di pura fenomenologia coitale, ma anche di un intero universo libidico sul quale l’uso dei metodi naturali influisce in vario modo.

Proprio parlando di sessualità della coppia è importante considerare il salto qualitativo che esiste tra il sesso animale e quello umano. Entrambi sono condizionati da una componente istintuale, ma il primo ne è totalmente dipendente ed è di tipo esclusivamente periodico, in rapporto alla fase estrale della femmina, che la rende idonea all’accoppiamento e lancia segnali olfattivi e comportamentali al maschio. Nella coppia umana, invece, le componenti non sono esclusivamente istintuali, bensì queste sono filtrate ed elaborate da componenti psicologiche quali le variabili del desiderio, il gioco della seduzione, le componenti estetiche, visive, ambientali, circostanziali ecc. Sono queste a determinare la volontà di accoppiamento, non il giorno del calendario o la temperatura corporea che, paradossalmente, andrebbero “consultati” prima di potersi accoppiare. La sessualità umana, con i metodi naturali, regredirebbe divenendo periodica come quella dell’animale.

Quale innocuità?

Tra le varie ragioni etiche erroneamente a sostegno dei metodi naturali c’è la loro innocuità. Dico erroneamente sotto un duplice aspetto.

Il primo è relativo alla ragione etica in quanto tale. Le argomentazioni del magistero non sostengono la loro esclusiva liceità in ragione della loro innocuità, ma per altre motivazioni (che esulano da questo articolo); e d’altra parte vi sono numerosi altri interventi “non innocui” assolutamente leciti, purché vi sia una ragione proporzionata tra rischi/danni e benefici. Basti pensare ai trapianti d’organo o a un’amputazione terapeutica.

Il secondo, come accennavo prima, è che spesso l’innocuità dei metodi naturali viene valutata solo sul piano dei possibili danni fisici, per di più a confronto con quelli dei contraccettivi. In realtà anche nei metodi naturali vi sono numerosi elementi di non innocuità. Primo tra tutti l’ansia derivante dal timore di una gravidanza e dall’attesa del fatidico arrivo della mestruazione; la possibile colpevolizzazione per non avere saputo riconoscere chiaramente i segni della fertilità; le difficoltà nel rapporto sessuale. Un altro elemento da tenere presente è l’interferenza con la spontaneità, atteggiamento assolutamente fondamentale nella psicologia della relazione sessuale che, con i metodi naturali, viene frustrato dagli imperativi derivanti da una temperatura corporea, da un giorno di calendario, dalla presenza di un certo tipo di muco. Non solo, ma in caso di pochi giorni disponibili per i rapporti a motivo di diverse contingenze esistenziali, si potrebbe avere una sorta di “corsa al rapporto” per utilizzare quel ridotto periodo di tempo.

Indubbiamente, sul piano della fisicità, alcune forme di contraccezione sono gravate da possibili effetti collaterali – ovviamente assenti nei metodi naturali –, ma anche questi sono spesso enfatizzati per valorizzare l’innocuità di questi ultimi. In una più serena e oggettiva valutazione scientifica, per limitarci ai metodi più diffusi, l’odierna contraccezione estroprogestinica (la classica “pillola”) ha eventi avversi poco frequenti (in generi evitati o gestiti da un periodico controllo medico), il profilattico non presenta effetti collaterali significativi, l’interferenza psicologica del coito interrotto è modesta (anche perché da sempre e ubiquitariamente utilizzato senza avere un’umanità frustrata).

Concludendo, se un contributo al dibattito può dare la scienza non è certo a favore di un primato morale o di un’innocuità biologica dei metodi naturali quanto piuttosto: il supporto a superare un certo determinismo biologico a cui Dio legherebbe il suo atto creativo (inserendolo in una complessa e artificiosa gestione dei giorni non fertili); la valorizzazione delle componenti psicologiche insite nella spontaneità e nella genesi delle pulsioni libidiche; una migliore comprensione della relazionalità sessuale e del suo rispetto nell’elaborazione della norma morale.

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