La quarta enciclica di papa Francesco, pubblicata il 24 ottobre, porta il titolo di Dilexit nos («Ci ha amati», Rm 8,37), ed è stata descritta dal teologo e vescovo mons. Bruno Forte nella conferenza stampa di presentazione come originata «dall’esperienza spirituale di papa Francesco, che avverte il dramma delle enormi sofferenze prodotte dalle guerre e dalle tante violenze in corso e vuol farsi vicino a chi soffre proponendo il messaggio dell’amore divino che viene a salvarci»; e tale da offrire «la chiave di lettura dell’intero magistero di questo papa».
Nella nuova enciclica, divisa in cinque capitoli, il papa àncora nell’esperienza diretta dell’amore di Gesù, simboleggiato dal Sacro Cuore, il fondamento della fede e della carità attiva: «Ciò che questo documento esprime permette di scoprire che quanto è scritto nelle encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti non è estraneo al nostro incontro con l’amore di Gesù Cristo, perché, abbeverandoci a questo amore, diventiamo capaci di tessere legami fraterni... e di prenderci cura insieme della nostra casa comune» (n. 217). «Oggi tutto si compra e si paga, e sembra che il senso stesso della dignità dipenda da cose che si ottengono con il potere del denaro… L’amore di Cristo è fuori da questo ingranaggio perverso... Egli è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre» (n. 218).
«Questa Assemblea, guidata dallo Spirito Santo, … dovrà offrire il suo contributo perché si realizzi una Chiesa sinodale in missione, che sappia uscire da se stessa e abitare le periferie geografiche ed esistenziali avendo cura di stabilire legami con tutti in Cristo nostro fratello e Signore». Così papa Francesco, il 2 ottobre, ha aperto la seconda e conclusiva sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi (2021-2024), che ha poi continuato i suoi lavori fino al 27 ottobre sul tema «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione». Successivamente il segretario generale del Sinodo, il cardinale maltese Mario Grech, ha ricordato: «Il Sinodo è essenzialmente una scuola del discernimento: è la Chiesa radunata insieme con Pietro per discernere insieme», perché «tanti pensano che la finalità del Sinodo sia un cambiamento strutturale della Chiesa, sia la riforma. È questa un’ansia, un desiderio che attraversa tutta la Chiesa. Tutti noi la desideriamo, eppure non abbiamo tutti la stessa idea di riforma e delle sue priorità». Infine il relatore generale, il cardinale lussemburghese Jean-Claude Hollerich, ha spiegato l’obiettivo della seconda sessione: indicare «possibili traiettorie di crescita lungo cui invitare le Chiese a camminare».
Il 26 ottobre è stato pubblicato il Documento finale del Sinodo, votato dai 355 partecipanti con diritto di voto, per il quale rimandiamo al prossimo numero di «Documenti».
Nella prima congregazione generale della seconda sessione del Sinodo sulla sinodalità, il 2 ottobre, all’interno della relazione d’apertura del card. Jean-Claude Hollerich (cf. in questo numero a p. 619), è stato dedicato del tempo a un breve resoconto dei lavori dei 10 gruppi
«Il Vaticano ha studiato e ristudiato il ripristino del diaconato femminile», ma «il dibattito moderno sulle donne nel diaconato non si è concluso». Si tratta di un percorso che, in particolare dal concilio Vaticano II in poi, ovvero mentre la Chiesa ordinava diaconi permanenti più di 50.000 uomini, consta di alcune accelerazioni, altrettanti arretramenti e ripetute pause. Ripercorrere passo passo questo cammino accompagnati da Phyllis Zagano, docente alla Hofstra University di Hempstead (USA), che ne ha fatto parte in una delle sue ultime fasi, quella che nel saggio è definita come la «Prima commissione pontificia (2016-2018)», consente di guardare con la massima consapevolezza alla possibilità di un tale ripristino, che ha attraversato significativamente gli ultimi due Sinodi dei vescovi.
Attualmente è l’oggetto del Gruppo di studio n. 5, incaricato da papa Francesco, in attuazione della Relazione di sintesi dell’Assemblea sinodale del 2023 (nn. 8 e 9), di affrontare «alcune questioni teologiche e canonistiche intorno a specifiche forme ministeriali», tra cui il diaconato delle donne, e affidato alla Sezione dottrinale del Dicastero per la dottrina della fede (cf. in questo numero a p. 621).
Il 15 ottobre è stata pubblicata una Dichiarazione ecumenica sulla diversità di genere e sessuale, elaborata dai rappresentanti di oltre 30 organizzazioni e denominazioni cristiane in Norvegia, tra cui i vescovi cattolici. Il testo intende tra l’altro reagire al Piano d’azione del Governo norvegese per la diversità di genere e sessualità (2023-2026), che ha l’obiettivo dichiarato di influenzare tutti i settori della società affinché accettino e si adattino al concetto di «diversità di genere e sessualità». Così viene spiegato l’intento del progetto ecumenico nel sito aperto appositamente: «Nella situazione spirituale e culturale di cui tutti facciamo parte, rispettiamo pienamente come cristiani che molte persone la pensino diversamente da noi. Ciò è del tutto naturale in una società pluralistica e laica. (…) Ma affermeremo il nostro diritto di costruire la nostra vita su valori diversi da quelli considerati “moderni”, “progressisti”, “politicamente corretti” ecc. Tuttavia ciò non significa che abbiamo qualcosa contro tutti coloro che non sono d’accordo con noi. Il messaggio contenuto nella dichiarazione e in questo progetto è innanzitutto una difesa di ciò in cui noi cristiani crediamo e su cui vogliamo costruire la nostra vita. Il messaggio non intende condannare tutto ciò con cui non siamo d’accordo, ma è un sì positivo a verità, valori e convinzioni che sono di fondamentale importanza per noi».