Oltre i nostri confini
Secondo un detto brasiliano, là dove sono i piedi, il cuore ama e la testa pensa, ossia là dove i corpi toccano terra e a terra si appoggiano, ed emozioni, gesti e pensieri trovano colore, forma e nutrimento.
Teologie morali contestuali
Si potrebbero spiegare così le teologie «contestuali» che, sulla scia della «scoperta» delle culture propiziata dal Vaticano II (cf. GS 53-54), sono sorte alle periferie del mondo, prima in America Latina, poi anche in Asia, in Africa e Oceania. Teologie elaborate a partire dai «piedi», cioè da concreti contesti geografici, sociali, culturali e religiosi, e dai loro reali abitanti, per lo più poveri e oppressi: le vittime dell’ingiustizia sociale, le donne, gli indios.
Luoghi e soggetti, si potrebbe dire, di una teologia in transito dall’astratto al concreto, dal singolare al plurale, dal neutro al femminile-maschile, dal puro al contaminato, dal Nord al Sud del mondo. Una teologia che, in tempo di globalizzazione, non può più pensarsi come «ab-soluta», cioè sciolta e sdebitata da tutto e da tutti.
Teologie morali in dialogo
In questa prospettiva, il fatto che al recente Congresso ATISM sia stata data la parola a tre voci «fuori campo» perché provenienti da Francia, Sri Lanka e Argentina, merita di essere sottolineato.
Catherine Fino, teologa dell’Institut Catholique di Parigi, ci ha permesso di riflettere sulla possibilità che, anche in condizioni di fragilità istituzionale, si possa dare una teologia morale tutt’altro che spenta e rassegnata. Oltralpe, infatti, proprio nel bel mezzo di una crisi antropologica ed etica a dir poco destabilizzante, si è trovato il coraggio di investire sul ripensamento della formazione del soggetto morale, degli obiettivi del giudizio morale e dell’etica sociale.
Al primo livello, si è puntato all’elaborazione di una morale come «arte di vivere in seno a molteplici sfere di vita attraversate da etiche contraddittorie». Al secondo livello, si sono identificati i luoghi più pertinenti per reinterrogare la propria tradizione e rielaborare convinzioni antropologiche più «sostenibili». Al terzo livello, infine, ci si è impegnati sia nella ricerca di cammini di umanizzazione e di giustizia in grado di includere i soggetti deboli, precari, vulnerabili, sia nella messa a fuoco di un’antropologia sociale più personalista e aperta alle valenze antropologiche ed etiche della categoria di ‘dono’.
L’intervento di Vimal Tirimanna si è invece focalizzato sui documenti della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia, cui si deve l’offerta di metodi e di contenuti più originali rispetto al pensiero teologico-morale accademico, ancora piuttosto ingessato entro le tradizionali coordinate di matrice europea. L’etica teologica che si sta via via irrobustendo anche in Asia, pertanto, è stata descritta come essenzialmente contestuale, esperienziale e plurale: a) contestuale perché, oltre a scaturire da sfide pastorali come povertà e miseria diffuse, migrazioni di massa, turismo sessuale, tratta di esseri umani, fondamentalismi religiosi, inquinamento – sfide interpretate sia alla luce della rivelazione cristiana che di altre «“risorse” unicamente asiatiche» – ritorna di nuovo a impattare sulla realtà, in una dinamica di «spirale pastorale»; b) esperienziale, nel senso che in Asia non si dà riflessione teologica se non «a posteriori», ossia a partire da una profonda esperienza di Dio, vissuta e descritta nei termini di un incontro gioioso tra il credente, che spogliatosi delle proprie sicurezze, fa un passo nella «saggezza dell’incertezza«, e «l’Ignoto “visto”, “sentito” e “toccato”»; c) plurale, e quindi naturalmente aperta a una varietà di interpretazioni sapienziali e religiose colta anzitutto come positivo arricchimento della verità, più che come minaccioso relativismo.
Con Toni Fidalgo, infine, l’attenzione si è spostata verso l’America Latina e i Caraibi, da cui, com’è noto, si sono diramate, in un primo momento, varie filosofie e teologie della liberazione e, successivamente, una vera e propria teologia propriamente morale della liberazione. Un pensiero – quest’ultimo – nato dal rovescio della storia e piantato nel vivo della carne e del dolore delle vittime, dei poveri, degli scartati, «luoghi» dove l’Evangelo del Regno è venuto, viene e germoglia, aprendo cammini di umanizzazione e di liberazione.
Per concludere, è significativo che tra i post di questa nuova edizione di Dialoghi ci sia il racconto di un dialogo messo in atto. Contro il virus dell’autoreferenzialità, non c’è rimedio più efficace dell’incontro con altri/e. Battere ostinatamente questa strada, oltretutto, è il solo modo per tenere piedi, cuore e testa ben piantati nella storia.