L'ecologia come scienza
L'ecologia come scienza nasce come branca della biologia, nella seconda metà dell’Ottocento, per ampliare progressivamente il proprio ambito d'indagine. Oggi essa comprende le interrelazioni tra l'ambiente, gli organismi viventi e l'uomo e si pone quindi come un ponte fra scienze umane e biologiche.
Questo passaggio dell'ecologia da scienza disciplinare a interdisciplinare si afferma soprattutto nella seconda metà del Novecento. È in tale fase, infatti che – a causa del crescente sviluppo industriale del secondo dopoguerra – s'iniziano a vedere gli effetti sulle persone e sulle comunità dell'immissione di sostanze inquinanti e di sintesi chimiche nell'ambiente, prima a livello locale e poi continentale e globale. La questione ecologica viene, cioè, ad assumere una dimensione più ampia del solo problema dell'inquinamento e dello sfruttamento delle risorse ambientali, per coinvolgere, seppure in misura diversa e differenziata, tutti gli aspetti della vita delle persone e della società.
1. Due svolte
Nel 1972, poi, entra a pieno titolo del dibattito pubblico internazionale con due avvenimenti di risonanza internazionale. Da un lato, infatti, viene pubblicato il famoso rapporto del Club di Roma I limiti dello sviluppo: un messaggio chiaro e preoccupato sull'insostenibilità dei ritmi di crescita e di consumo delle risorse delle società umane. Dall'altro si tiene a Stoccolma la I Conferenza internazionale sull'ambiente umano, che richiama all'attenzione del mondo intero la situazione ecologica planetaria. Da essa prende inoltre avvio il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP), che diverrà il vero motore delle attività ambientale dell'ONU per gli anni a venire.
Gli anni Ottanta segnano un ulteriore passo in avanti nelle direzione del superamento della contrapposizione uomo-natura, anche per le sempre più evidenti interconnessioni tra la questione ambientale e quella sociale, tra diritti umani, sviluppo, povertà e protezione dell'ambiente. Nel 1987 viene pubblicato il rapporto della Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo (Our common future / Il futuro di noi tutti) che adotta la riflessione sullo sviluppo sostenibile quale approccio strategico e universale per riconciliare tre dimensioni fondamentali del progresso umano, troppo a lungo considerate separate e in contrasto tra loro: economia, ambiente e società.
In questo periodo anche la riflessione etico-filosofica avvia un profondo ripensamento della tradizionale visione antropocentrica dell'uomo dominatore della natura, per ricercare un più approfondito e corretto rapporto dell'uomo con l'intera creazione. Un importante contributo in questa direzione viene anche dalle Chiese cristiane, come segnalano i temi al centro delle grandi Assemblee ecumeniche europea (Basilea 1989) e mondiale (Seoul 1990) su “giustizia, pace e integrità della creazione”.
2. Gli anni Novanta e oltre
Nel corso degli anni Novanta, anche come risultato della II Conferenza internazionale su ambiente e sviluppo (Rio de Janeiro 1992), alla riflessione teorica sulla sostenibilità dello sviluppo si affianca la progressiva elaborazione di importanti strumenti a livello giuridico, scientifico, politico e culturale. All'adozione di nuove convenzioni giuridiche internazionali su questioni globali come la biodiversità e il cambiamento climatico faranno seguito specifici protocolli attuativi. Tra di essi il più noto è il Protocollo di Kyoto (1997), il primo, e per ora unico, strumento multilaterale globale per fronteggiare il fenomeno del riscaldamento globale. A livello politico ed economico, poi, si affermano approcci integrati e nuove pratiche, che coinvolgono tutti i livelli di governo e tutti i soggetti attivi di una comunità, per trasformare le attuali modalità di produzione e consumo in direzione di un'economia verde a basse emissioni.
Sul versante scientifico, grazie a una sempre più puntuale capacità di raccolta e di elaborazione di una mole crescente di dati ambientali, si sviluppa quella che viene oggi definita la scienza della sostenibilità. I rapporti periodici dell'IPCC, il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici (il V è stato pubblicato nel 2014), così come il Millennium Ecosystem Assessment e i suoi aggiornamenti rappresentano i più autorevoli e completi resoconti dello stato del pianeta a livello globale.
Il 21° secolo, infine, si avvia con la crescente consapevolezza della rottura di alcuni equilibri ecologici globali. È in particolare il cambiamento climatico il punto focale della grande emergenza planetaria con cui le nostre società si trovano, e si troveranno sempre di più nei prossimi decenni, a confrontarsi. Si tratta, tra l'altro, di un fenomeno “moltiplicatore di minacce”, che tende ad accelerare e ampliare i processi di degrado e di vulnerabilità sociale, economica e ambientale, alla scala locale come a quella globale.
3. Ripensare il bene comune
In questa prospettiva è la stessa ricerca del bene comune – centrale per la dottrina sociale della Chiesa – che viene ad assumere un orizzonte nuovo. Esso, infatti, si rivela intimamente correlato con una più approfondita comprensione delle interrelazioni tra i sistemi socio-economici e quelli naturali, del loro valore etico così come del loro valore economico e sociale. L’ecologia naturale e l’ecologia umana, in altre parole, impongono una lettura unitaria delle crisi economiche, alimentari, sociali e ambientali che caratterizzano questo nostro tempo e “obbligano a riprogettare il comune cammino degli uomini”. È questo un presupposto indifferibile per elaborare risposte individuali e collettive in grado di ripensare in profondità tanto i rapporti tra l'uomo e l'ambiente, quanto i legami che uniscono le persone tra loro: i legami di solidarietà in un'ottica di giustizia ed equità planetaria.
Matteo Mascia
Coordinatore del progetto Etica
e politiche ambientali
Fondazione Lanza
matteo.mascia@fondazionelanza.it