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Moralia Dialoghi

La sfida di un’istituzione carismatica nella vita consacrata

Per alcuni, come Hans Küng e – dall’altra parte del globo - Leonardo Boff, carisma e istituzione sono semplicemente inconciliabili: per altri, su posizioni più moderate e improntate all’equilibrio, carisma e istituzione possono essere in un rapporto non solo possibile, ma addirittura fecondo. Ciò può avvenire se i due sono compresi in termini di dono/compito del governo e dono/compito della profezia (G. Costa, «Papa Francesco: Carisma e istituzione», in Aggiornamenti sociali 4/2013). In questo senso né l’uno né l’altro sono qualcosa di privato, conquistato grazie alle proprie capacità e dunque utilizzabile a proprio piacimento come espressione di potere, ma grazia ricevuta per il bene dei singoli e della Chiesa, la cui ricaduta sul mondo contribuisce alla realizzazione del Regno. Dunque entrambi indispensabili a un corpo in buona salute come dovrebbe essere quello della Chiesa.

Due polmoni

Già Giovanni Paolo II sottolineava come i carismi andassero accolti con gratitudine, sia da parte di chi li riceve, sia da parte di tutta la Chiesa in quanto fonte di grazia per l’intero Corpo di Cristo. Tuttavia nessun carisma dispensa dal riferimento ai pastori ai quali spetta il compito del discernimento sulla loro genuinità e sul loro esercizio ordinario (cf. Christifideles laici, n. 24). In un’omelia del 3 giugno 2006 anche papa Benedetto XVI ha ribadito come carisma e istituzione, rimandando l’uno all’altro, siano entrambi essenziali alla vita della Chiesa ma, al contempo, implichino spesso delle forti tensioni e anche, a volte, conflitti. Papa Francesco, immediatamente con la scelta del nome e la sua stessa biografia, mostra come i due poli siano conciliabili e possano realmente essere i due pilastri o, secondo un’illustre citazione, i due polmoni della Chiesa.

Tuttavia le tensioni non possono essere magicamente appianate in quanto nascono dal fatto che, se ogni uomo, come dice il magistero, deve essere fedele a Dio, alla sua grazia e alla chiamata che riceve, questo avviene sempre attraverso concretizzazioni storiche. Esse però – mediate da persone concrete e leggi contingenti – sono destinate, per la loro stessa natura storica, a modificarsi nel tempo. Detto diversamente, le istituzioni che esprimono una chiamata irrevocabile, che diviene poi decisione di vita nei termini di una totale consacrazione a Dio, sono mediazioni umane e, dunque, ontologicamente povere per poter dare forma perfetta alla chiamata divina. Ciò implica che ogni istituzione umana, per quanto ottima, mantenga i limiti propri di tutto ciò che è umano e – nel tentare di esprimere sempre più e sempre meglio la realtà divina cui rimanda – debba cambiare ed evolversi.

Carisma e istituzione: una rilettura in chiave “intersoggettiva”

Il cambio, tuttavia, può essere superficiale o profondo. Non è compito del presente lavoro indicare quali e quanti cambiamenti siano necessari affinché l’istituzione sia in grado di concretizzare nell’attuale contesto la chiamata ricevuta dai singoli, tuttavia sembrerebbe interessante una sua rilettura alla luce della prospettiva intersoggettiva. Infatti si può applicare il rapporto soggetto/oggetto intendendolo come rapporto soggetto/istituzione. A questo proposito un aspetto interessante è legato al rapporto proprio esistente tra istituzione e comunità nella misura in cui l’istituzione dovrebbe favorire e stimolare la comunità. In particolare una Chiesa come realtà viva non si identifica tout court solo con l’istituzione-Chiesa, ma con la comunità ecclesiale (cf. M. Nardello, «Il problema della formazione: un punto di vista ecclesiologico», in Tredimensioni 4 (2007) 1, 19-31, 20-23).

Più volte la psicologia ha evidenziato come il rapporto soggetto/oggetto sia assai delicato e complesso: non esauribile né nella prospettiva intrapsichica, né in quella interpersonale, esso necessita di uno sguardo più ampio, quello intersoggettivo. In questo orizzonte, non solo il soggetto si deve verificare rispetto alla sua adesione o meno all’istituzione, ma anche quest’ultima può essere sia un’opportunità di crescita, sia occasione di involuzione per l’identità del singolo.

Ciò è di fondamentale importanza, nella misura in cui la vocazione divina è presentata normalmente come chiamata a una precisa scelta di vita mediata da una precisa istituzione umana. In questo senso, disattendere le leggi dell’istituzione significa disattendere la chiamata ricevuta, essendoci un legame intrinseco tra le due, ma uguale responsabilità ha l’istituzione rispetto all’aiuto che dà al singolo per vivere concretamente la chiamata ricevuta.

Entrambi, soggetto e istituzione, sono spinti a rispondere con responsabilità alla chiamata divina, interrogandosi sinceramente sul proprio ruolo e sulla propria responsabilità in ordine, per l’istituzione, alla reale crescita del singolo e, per il singolo, alla reale fedeltà alla chiamata. È evidentemente che, se l’istituzione Chiesa rischia a volte di formare la propria identità e significatività sull’ossequio dei suoi membri, più difficilmente accetterà di rivedere profondamente le istituzioni particolari di cui è formata.

La dinamica istituzionale può accendere il carisma?

Ritorniamo a papa Francesco. I suoi gesti, le sue scelte, i suoi documenti ufficiali e le sue omelie stanno mostrando il suo modo di concepire l’istituzione di cui è a capo. Detto diversamente, nella sua persona si rende sempre più evidente come il carisma possa attivare dinamiche istituzionali che consentono al carisma stesso di fecondare realtà in un modo che, da solo, non potrebbe raggiungere. In papa Francesco l’istituzione diviene carismatica.

In questo modello anche la vita consacrata può trovare una pista interessante per uscire dall’impasse in cui sembra trovarsi. Come? Guardando a papa Francesco e alla sua proposta di concepire il ruolo dell’istituzione (papa, vescovi, istituzioni religiosi) in termini relazionali e rielaborare la propria identità a partire proprio dalla relazione. Detto diversamente: partire dall’identità – chi sei? quali criteri hai per dire che esisti? – per creare nuovi nessi tra il carisma vissuto dai soggetti e l’istituzione ricordando che la persona non agisce bene perché ha conosciuto bene, ma apprende bene perché assorbito in una relazione significativa con l’altro. La propria identità è plasmata dall’incontro con l’altro ben oltre l’accoglienza e l’empatia perché, proprio in questo incontro, è stimolata una diversa sintesi di ciò che si è.

È la prospettiva intersoggettiva che, coinvolgendo veramente l’istituzione nella relazione, può venire in aiuto affinché le persone vivano l’istituzione e nell’’istituzione in termini di promessa di vita e non di lento ma progressivo suicidio della propria identità e della chiamata ricevuta.

Il focus viene posto in questo modo sulla relazione che si vive, e non sulla continua e martellante, quanto inutile, proclamazione delle norme e dei valori. L’internalizzazione di questi ultimi è così il risultato, a volte molto lento, della relazione tra le istituzioni nella loro forma - ma anche le persone che le costituiscono - e chi propone e vive un carisma. Tale relazione, in cui entrambi si giocano in modo sincero senza paura della lotta che ne può scaturire, è il medium di un cambiamento realmente significativo tanto da perdurare nel tempo.

Nello spazio intersoggettivo chi vive il carisma non si trova solo. La presenza di un’istituzione gli permette di avere un nuovo sguardo su ciò che intuisce promettente nei termini del Regno per esplorarlo e viverlo in modo più umanizzante. L’istituzione deve accettare realmente di entrare in contatto empatico col carisma, non per irreggimentarlo, ma per incoraggiarlo, dal di dentro, a diventare adulto secondo il Vangelo. Tale contesto empatico, ben lungi dall’essere una complicità assolutoria, è, al contrario, l’accettazione di condividere dal di dentro ciò che ciascuno vive. Esso si evolve in contesto affettivo intersoggettivo che, chiamando in causa l’Io consistente delle istituzioni (e delle persone che le costituiscono), fa sì che le indicazioni di quest’ultima diventino elementi effettivamente ristrutturanti in quanto preparati con chi ha ricevuto o scelto il carisma, sbocco di una ricerca comune che risponde a un desiderio sincero di essere sempre più espressione di Vangelo.

Evidentemente tutto ciò presuppone un’istituzione capace e decisa a mettersi in gioco, ma anche tanto matura da accettare contrasti e lotte in vista di un più spirituale e umano.

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