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Moralia Dialoghi

La sanità in tempo di pandemia

Panta rei, tutto scorre; oggi più che mai si conferma attuale l’antico aforisma di Eraclito. Il rapido e tumultuoso divenire della storia ha subìto negli ultimi tempi una drammatica accelerazione.

Il COVID-19 ha messo in ginocchio uno sviluppo che sembrava inarrestabile, una globalizzazione che gradualmente stava prendendo il controllo del mondo. La pandemia che stiamo vivendo e subendo impone una riflessione profonda sul senso della vita e della morte.

Il virus con la sua carica dirompente e devastante ha spazzato via le nostre certezze effimere su cui abbiamo fondato fino a ieri la nostra esistenza. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti, non più padroni, ma fluttuanti fuscelli in balìa degli eventi. La tempesta smaschera i nostri ego – ha affermato papa Francesco durante la preghiera straordinaria del 27 marzo – fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio.

Il virus corre più veloce delle istituzioni nazionali e sovranazionali. Le misure messe in atto hanno richiesto degli inevitabili tempi tecnici che, in particolare all’inizio, hanno permesso al COVID-19 di diffondersi più rapidamente. Le risposte dei singoli stati nei confronti della pandemia si sono rivelate eterogenee, e ciò in base alle condizioni socio-sanitarie di partenza di ogni singola nazione.

Unanimemente si è comunque provveduto all’isolamento sociale (sollevando questioni di tipo giuridico in tema di libertà individuali), quale unica forma fattibile in grado di prevenire il contagio. Tale atteggiamento, proposto e imposto, si è rivelato purtroppo l’unico possibile, almeno in tempi brevi, per ridurre i danni e la diffusione. L’Italia nel suo insieme, pur tra molteplici difficoltà, ha dimostrato di essere una democrazia consolidata nel quadro mondiale. Le strategie adottate a difesa dei cittadini e delle fasce deboli quali gli anziani sono state apprezzate a livello internazionale.

L’impatto dei tagli al Sistema sanitario nazionale

In tale contesto i provvedimenti del Sistema sanitario nazionale inevitabilmente si sono rivelati essere quelli della nostra società nel suo insieme, per lo stretto collegamento con la politica e l’economia.

A una prima disamina qualche ombra è emersa. In primis, l’Italia negli ultimi vent’anni ha attuato una strategia di pesanti tagli, volti alla riduzione sia degli ospedali sia dei servizi. La pandemia ha messo allo scoperto questa progressiva carenza strutturale, particolarmente nelle cosiddette «aree critiche», dove i posti letto per abitante sono di gran lunga inferiori rispetto molti altri paesi europei.

Inoltre la carenza di strumenti diagnostici per individuare i soggetti positivi, così come la mancanza di presidi di sicurezza a tutela del personale, costituiscono sicuramente un altro aspetto che deve indurre a riflettere sulla necessità di «alleggerire» una burocrazia autocefala, troppo spesso non a favore dei malati.

Anche la medicina, intesa come disciplina, al momento ha perso la sua battaglia. Un vaccino sperimentale e di provata efficacia non esiste ancora, e insieme non vi è una cura ufficialmente riconosciuta, ma esistono soltanto protocolli, talora divergenti, con l’aggravante di farmaci off label, cioè usati non secondo le indicazioni dell’Agenzia italiana del farmaco.

La letteratura scientifica, ampia, almeno per il momento non appare dirimente, così come l’epidemiologia dei dati. Si è ingenerata una certa confusione sia tra l’opinione pubblica sia tra gli addetti ai lavori, in quanto non tutti i pazienti positivi sviluppano la patologia. Chi manifesta sintomi non necessariamente si aggrava e non tutti evolvono in insufficienza respiratoria.

Responsabilità etica globale

Questioni bioetiche, ampiamente dibattute e ancora aperte, richiedono una riflessione su quali possano essere ritenute in tali contesti cure ordinarie e straordinarie, proporzionate e sproporzionate, quali siano i criteri di inclusione ed esclusione, ad esempio, per le terapie intensive. Sono stati oggetto di accesi dibattiti alcuni documenti, nei quali si sono usati come parametri di valutazione, quadri pluripatologici, l’età avanzata, l’aspettativa di vita. Una risposta univoca non è ovviamente possibile, ogni caso deve essere esaminato in quanto tale, tuttavia di fronte a risorse non infinite, un’equa allocazione rimane un problema aperto di giustizia sociale.

Se le istituzioni e la medicina hanno mostrato alcune incertezze, la risposta degli operatori sanitari si è dimostrata coraggiosa ed encomiabile. Sia chi era in prima linea, sia chi si trovava nelle retrovie, nessuno si è tirato indietro in questa vera e propria guerra contro un nemico invisibile. Molti si sono ammalati, altri sono morti.

La pandemia, pure nella sua tragicità, ha fatto vibrare le corde più profonde della solidarietà, della fratellanza in un progetto di bene comune. Curare e prendersi cura sono confluiti in un’unica mission, ribadendo, nella molteplicità dei ruoli e delle competenze, la centralità della persona. Il messaggio morale che emerge è chiaro e riguarda, al tempo stesso, ciascuno di noi e il contesto nel quale viviamo.

Individualmente, dobbiamo riprogettare le esistenze attraverso narrazioni in grado di superare le criticità contingenti, la caducità e la precarietà della condizione umana. Collettivamente, la società potrà superare la crisi e superarsi attraverso un passo ulteriore, ovvero una responsabilità etica globale.

Il nuovo ordine mondiale richiederà tutto ciò: una tensione sinergica di ciascuno e di tutti per costruire un futuro migliore, che accetti il progresso, ma che non eluda il limite.

Il termine resilienza indica la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. In psicologia indica la capacità di far fronte e superare episodi o eventi traumatici, volgere al positivo le difficoltà. Eugène Delacroix, uno dei maggiori esponenti del romanticismo francese, scriveva che l’avversità restituisce agli uomini tutte le virtù che la prosperità toglie loro. Guidato dalla fede e dalla pazienza, il credente affronta la nebbia, fiducioso che man mano che questa si dissolve potrà contemplare con uno sguardo nuovo il viaggio compiuto e l’insegnamento ricevuto.

Guardare oltre la pandemia significa anche questo, ovvero prendere atto di ciò che è avvenuto, metabolizzarlo, non abbattersi, ma trarre insegnamenti, anzi dare slancio, nuovi impulsi e stimoli, rifondando positivamente le nostre vite. L’obiettivo è quello di un’umanità consapevole della sua finitudine, ma che si dischiude all’infinito.

 

Enrico Larghero è direttore scientifico del master in Bioetica nella Sezione parallela di Torino della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale.

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