La lotta per il clima ha bisogno dell’Europa unita
L’Unione Europea svolge dall’inizio degli anni Settanta un ruolo guida nei confronti degli stati membri in materia di protezione dell’ambiente e di promozione dello sviluppo sostenibile.
L’ambiente è infatti un tema consolidato a livello dell’UE ed è richiamato nei trattati: dall’Atto unico (1986) ad Amsterdam (1997) che introduce anche la promozione di uno sviluppo sostenibile, a Lisbona (2007) e nella stessa Carta dei diritti fondamentali (2000).
Inoltre già dal 1973, con il primo Programma d’azione europeo per l’ambiente, si è sviluppata un’ampia e articolata legislazione, un corpus normativo di oltre 200 direttive, regolamenti, decisioni (molti di più se si comprendono anche i libri bianchi, i libri verdi, le strategie orizzontali in materia che hanno determinato e indirizzato gli ordinamenti nazionali). Un corpus normativo che ha indirizzato lo sviluppo dei sistemi normativi nazionali, ma anche stimolato e promosso lo sviluppo di accordi e trattati internazionali in materia ambientale.
Verso un’Europa sostenibile
L’ultimo documento programmatico, in ordine di tempo, è del 30 gennaio 2019, con l’approvazione da parte della Commissione europea del testo Verso un’Europa sostenibile entro il 2030, che richiama la direzione e le azioni da intraprendere nel quadro dell’Agenda 2030 dell’ONU per garantire uno sviluppo effettivamente sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico.
La sostenibilità è l’orizzonte entro cui si muove l’UE per ricercare e promuovere un ripensamento dell’attuale modello economico e sociale, volto a migliorare la qualità della vita e il benessere delle persone. Esso si articola attorno ad alcune priorità, tra cui:
- proteggere la natura e rafforzare la resilienza ecologica,
- promuovere una crescita a basse emissioni di carbonio e una maggiore efficienza nell’uso delle risorse,
- ridurre le minacce e i rischi per la salute e la qualità della vita derivanti dall’inquinamento, dall’uso di sostanze chimiche e dagli effetti del cambiamento climatico.
Proprio il cambiamento climatico è uno dei temi centrali per il futuro e non a caso l’UE ha svolto un ruolo determinante per l’approvazione dell’Accordo di Parigi: il Patto per il clima sottoscritto da 195 stati che hanno assunto l’impegno di contenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali.
In vista della stessa COP 21 di Parigi, l’UE ha adottato un nuovo e più ambizioso quadro per il clima e l’energia con cui si è impegnata a ridurre entro il 2030 le emissioni di gas serra di almeno il 40% rispetto ai livelli del 1990, aumentare la quota di consumo di energia da fonti rinnovabili del 27% e migliorare l’efficienza energetica del 27%.
Tali impegni s’inseriscono nella tabella di marcia dell’UE per la transizione a un’economia a basse emissioni di carbonio, che prevedere di abbattere dell’80% le emissioni di gas serra al 2050.
L’azione europea ha svolto un ruolo fondamentale anche in altri ambiti quali l’economia circolare e la bioeconomia, la finanza sostenibile, l’agenda urbana, la riduzione dall’inquinamento, la protezione e gestione delle risorse idriche, regolamentazione delle sostanze chimiche, la cooperazione internazionale in materia ambientale ecc.
Per dare concretezza agli impegni assunti sono stati adottati provvedimento normativi ad hoc (regolamenti, direttive, decisioni), i più recenti dei quali riguardano l’efficienza energetica degli edifici, la riduzione delle emissioni degli autoveicoli, il rafforzamento del sistema per lo scambio di quote di emissione in Europa (European Union Emission Trading System – ETS) che introduce il carbon price e crea un mercato delle quote che possono essere scambiate avendo come obiettivo un progressivo rinnovamento del settore energetico.
Chi rema contro
A fronte di questi numerosi e importanti impegni in termini di politiche, normative e risorse assunti dalle istituzioni europee bisogna però registrare anche le difficoltà che questi stessi pronunciamenti incontrano nei processi di attuazione.
Non mancano le contraddizioni in seno alle stesse istituzioni europee tra visioni economiche diverse, tra la ricerca di una crescita a breve termine, di una competitività basata su un sistema economico produttivista e consumista e l’intraprendere il percorso di un’economia circolare e di un modello di produzione e consumo sostenibile.
Come non si possono nascondere tra i principali elementi di criticità la lentezza, se non anche la resistenza, con cui gli stati nazionali adottano le normative europee in materia dando poi effettiva attuazione alle stesse. È evidente che negli anni è cresciuta una conflittualità tra le istituzioni e molti governi nazionali, restii ad attuare politiche orientate alla trasformazione verso un’economia e una società più sostenibile e solidale.
Le difficoltà in cui versa il processo d’integrazione europea non devono però far perdere di vista il ruolo centrale che l’UE può e deve svolgere per rispondere in modo efficace e responsabile alla crisi socio-ambientale.
Essa infatti alla luce della propria storia e dei propri valori di fondo è chiamata a svolgere un ruolo strategico e di guida delle trasformazioni richieste per intraprendere con convinzione la direzione di una giusta transizione verso la decarbonizzazione dell’economia e della società.
Matteo Mascia* è coordinatore del Progetto «Etica e politiche ambientali» della Fondazione Lanza