Introduzione | Quattro gesti e quattro virtù
Di fonte alla situazione di tanti migranti e rifugiati, «la nostra comune risposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi fondati sui principi della dottrina della Chiesa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare», dice papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2018 (che sarà celebrato il 14 gennaio). A questi quattro, possiamo aggiungere il “perorare”, l’advocacy a livello internazionale, anche se in teoria rientrerebbe nel “promuovere”. Infatti, nella conclusione del Messaggio, Francesco menziona e sostiene il progetto dei “Global Compact”, gli accordi internazionali per migliorare la gestione mondiale della mobilità umana e lottare contro lo sfruttamento dei migranti e dei rifugiati. Questi accordi dovranno essere discussi all’ONU nel 2018, ma il loro futuro è stato recentemente messo in discussione dalla decisione di Donald Trump di ritirare gli USA da questi progetti.
Un tema importante
Per il papa, il tema è di grande importanza; lo è anche per noi, moralisti, e per tanti intellettuali cattolici, e per questo motivo abbiamo deciso di dedicarvi il dossier di “Dialoghi Moralia” del 2018. Nell’udienza del 4 novembre 2017, al termine di un convegno internazionale organizzato dalla Federazione internazionale delle università cattoliche, Francesco invitò gli intellettuali cattolici e le università che si chiamano “cattoliche” ad armonizzare la ricerca scientifica con la riflessione teologica sulla mobilità umana, ma anche ad impegnarsi nell’insegnamento e nella promozione sociale, sia presso le persone migranti e rifugiati che presso i loro studenti universitari e i cittadini, per aiutare a tutti a meglio capire il fenomeno. Oltre studiare le cause e cercare soluzioni, è “importante riflettere sulle reazioni negative di principio, a volte anche discriminatorie e xenofobe, che l’accoglienza dei migranti sta suscitando in Paesi di antica tradizione cristiana, per proporre itinerari di formazione delle coscienze”.
Anche se sulla nostra sponda del Mediterraneo, gli arrivi irregolari per mare dalla Libia sono molto diminuiti quest’anno, in Italia, a Malta e praticamente dappertutto nel modo la paura dello straniero continua a dettare molte delle decisioni politiche. In teoria, adesso che i miliziani libici stanno “collaborando” con l’Europa per intrappolare migranti e rifugiati in Libia, la guardia costiera italiana “opera” anche nelle acque libiche, e si è trovato il modo di “controllare” le ONG, dovremmo sentirci più sicuri. Il fatto delle aste per la vendita di schiavi in Libia fa scalpore per qualche istante, e poi cambiamo canale, o ci arriva un messaggino seducente sullo smartphone che ci fa accedere ad un altro blog menzognero ideato dai mercanti di paura, alle volte persino con delle immagini pie accanto, come se la Madonna sostenesse le teorie del complotto e le bufale a scapito dei rifugiati. Certo, il problema non esiste solo nei paesi del centro del Mediterraneo; la paura dello straniero ha dominato i notiziari del 2017, da Londra a Varsavia, da Naypyidaw a Washington DC, da Canberra a Pretoria, da Budapest a Riad, da Gerusalemme a Pyongyang.
Vivere le virtù politiche nel mercato delle paure
In questo scenario politico, i quattro verbi che ci propone il papa ci spingono a dei gesti profetici e radicali nella loro umanità, ma anche ad una pratica costante e stabile di quattro virtù politiche. Accogliere il forestiero significa vivere l’ospitalità. Proteggere l’altro vuole dire esercitarsi nella virtù della tutela, quella forma di fortezza che nasce dell’amore della giustizia e l’attenzione al debole e l’indifeso. Promuovere chi si presenta come diverso implica la parresia, quell’altra fortezza che permette di dire la verità e lottare contro la menzogna, ma anche avere l’audacia di creare spazi di parola dove le persone possono raccontarsi e dialogare schiettamente. Infine, integrare lo straniero significa impegnarsi nella fratellanza che accorcia le distanze, e ampliare il “noi” perché possa includere altri, negoziando pazientemente un adattamento reciproco.
Una società e una civiltà che non conosce l’ospitalità, la tutela, la parresia e la fratellanza non può sussistere, ma vivere queste virtù giorno dopo giorno non è cosa da niente. In fondo, ci vuole la fede per sostenerle, per lo meno nel senso di quella stabile fiducia antropologica nel bene e nella giustizia che ci permette di superare la paura dell’altro ed aprirsi all’ascolto e alla collaborazione con l’altro fedele, l’altro cittadino, l’altro straniero, e finalmente con quell’Altro che è Dio.
Una proposta troppo ingenua? Una visione eccessivamente utopica? Nelle prossime settimana daremo la parola a teologi, sociologi ed altri esperti del mondo della mobilità umana per vedere quale peso si può dare alle parole di papa Francesco.