Disagi e attese in ascolto reciproco
Questo Dialogo solo in modo apparente si astrae dalla risonanza con gli eventi che contraddistingue Moralia dalla sua nascita. Piuttosto lascia decantare un interrogativo che scaturisce da un disagio avvertito e da un auspicio alla base dell’impegno perseguito dalla nostra rubrica. L’arretramento rispetto alla cronaca e al puntuale impegno di porre spunti di riflessione etica, talora inconsueti, corrisponde a guadagnare un momento di dialogo più profondo.
Il disagio è quello del teologo morale nel dare conto del senso della sua riflessione al più vasto ambito pubblico e, in particolare, nel confronto scientifico con la ricerca filosofica contemporanea. Un disagio variamente articolato: come esigenza di giustificare il proprio “strumentario filosofico” operando un’intelligenza critica sulla forma del proprio sapere; come ricerca di interlocuzione, al di là di giudizi immediatamente valutativi, con gli sviluppi del pensiero filosofico contemporaneo; come reazione a forme intra-ecclesiali di scarsa percezione della complessità delle attuali problematiche etiche e all’esterno a modalità semplificatrici di comprensione e accostamento al pensiero cristiano.
Le matrici del disagio (queste e certamente altre) non sono tuttavia indizio di uno smarrimento della teologia morale e del suo contributo «per la vita del mondo», secondo il suggestivo postulato di riforma espresso dal concilio Vaticano II (cf. Optatam totius, 16). Piuttosto definiscono un auspicio corrispondente: non disattendere il compito di chiarire gli elementi caratterizzanti l’approccio teologico all’esperienza morale umana, senza rinunciare a una lucida percezione di alcuni limiti che ne caratterizzano l’esercizio, come impulso a un dialogo con il sapere riflesso che sappia assumere forme e modi di conduzione realmente inclusivi e non precipitosamente difensivi.
L’azzardo sotteso a questo Dialogo è di verificare se tali istanze sono vive anche all’interno della ricerca etico-filosofica italiana o, più modestamente, se possano trovare uno spazio di plausibilità e di interesse in alcuni suoi esponenti. Più in dettaglio a ciascun interlocutore è stato chiesto di esprimere, a partire dalla personale conoscenza e frequentazione, una valutazione sul significato e sulla qualità della teologia morale cattolica; di valutare la sua incidenza nel dibattito etico italiano; di evidenziare alcuni percorsi per implementare il dialogo tra teologi e filosofi.
I contributi del Dialogo
I contributi qui offerti consentono non solo di registrare altrettanti disagi sul fronte della ricerca filosofica, ma, ciascuno secondo la sensibilità degli estensori, danno parola a un auspicio per continuare e ampliare il pensare comune. Ricco e articolato è il ventaglio delle risposte raccolte, non solo nella denuncia dei disagi della filosofia nei confronti della “scomoda” interlocutrice teologica, ma anche nel lasciar trapelare percorsi possibili per un ascolto reciproco in grado di apprezzare le rispettive differenze e specificità.
Il chiarimento epistemologico della teologia invocato da Umberto Curi non manca di segnalare una scelta di campo che intriga: di intravedere nel teologo un uomo/una donna abitato/a dall’aeterna inquisitio generata dalla fede, ritrovando la stessa vena inquieta che attraversa la riflessione del filosofo.
L’appello argomentato da Paolo Costa a superare sia il «sogno autarchico» della filosofia contemporanea, sia i tentativi tra il velleitario e il nostalgico della teologia di «uscire da una condizione imposta di invisibilità», che individuano processi di sclerotizzazione dall’uno e dall’altro “baluardo” disciplinare, invita a una convergenza sulla irriducibile complessità dell’esperienza morale umana alla ricerca (che accomuna) di ciò che «veramente merita di essere desiderato, ciò che ha davvero valore, ciò che è bene».
La riflessione di Oreste Aime pone il problema comune alla filosofia e alla teologia di ridefinire il senso dell’etica alla luce del “sommovimento” antropologico in atto «in un mondo dove la pervasività della tecnica e il controllo sociale avranno un peso ora inimmaginabile», per «avvicinarsi a qualcosa come l’umano fondamentale in cui l’etica è implicata come costitutiva non solo in forma difensiva ma anche propositiva».
La necessità di rintracciare percorsi di avvicinamento attraverso una migliore conoscenza reciproca, aliena da pregiudizi, per superare «la contrapposizione, per molti versi inappropriata e infruttuosa, tra etica cattolica ed etica laica», assai perseguita in un recente passato soprattutto nell’ambito della bioetica, è formulata con accenti critici sull’uno e sull’altro versante da parte di Massimo Reichlin.
La frequentazione dello stesso campo di indagine, il mondo umano nella ricchezza delle sue sfaccettature, infine, è motivo per Lucia Vantini a superare il “duello frontale” tra filosofia e teologia morale, ravvisando piuttosto tra le due forme di sapere «un attrito pieno di promesse, generato dal fatto che due diversi discorsi si toccano nel narrare lo stesso mondo, avviando una contaminazione non facile ma possibile».
Questo nuovo Dialogo di Moralia può risultare, anche al lettore meno frettoloso che avrà la passione e la pazienza di accostarsi ai singoli contributi, solamente un primo “abbozzo”, dietro al quale si lascia intuire un discorso di raffinata fattura, per la più parte ancora da realizzare. In ogni caso non è un parlare che si compiace di se stesso, ma pone sul tappeto interrogativi e speranze che non riguardano solo il sapere accademico, ma il senso e la passione di vivere insieme. Il gradito intervento nel dibattito dei lettori non potrà che convincerci della sua importanza e urgenza.