Attese sull'enciclica
Che significa "aspettare" un'enciclica, attendere un documento annunciato con tanto anticipo, su un tema che mai ha ricevuto tanta attenzione dal Magistero pontificio? Innanzitutto, certamente, vuol dire interrogarsi su come potrà essere affrontato un tema che raccoglie gioie e speranze, tristezze e angosce di tanta parte dell’umanità. E anche, d’altra parte, guardare alla densità etica e teologica di un ambito in cui ruotano questioni di vita o di morte.
Dare voce ad attese può avere significati diversi, pur tra loro collegati... Molti testi in questo "Dialogo" – quelli di Costa e Bignami, ma anche l’articolata analisi di Guenzi - indagano alcuni temi di cui ci si attende la presenza e l'approfondimento nel testo, perché già presenti nel magistero di papa Francesco.
I contributi di Benanti e Mascia, d'altra parte, segnalano aspettative sulla considerazione del rapporto tra etica e questioni ambientali. In questa seconda direzione guarda anche questo intervento introduttivo, che prova a indicare alcuni nodi, per raccoglierli in uno sguardo d'assieme.
1. Mutamento climatico
Più volte la S.Sede ha espresso la sua preoccupazione per il riscaldamento globale in atto: al forte intervento del card. Pietro Parolin al Vertice ONU di New York nel settembre 2014 ha fatto seguito il messaggio dello stesso Francesco alla Conferenza delle Parti di Lima del dicembre 2014.
Il tema è centrale: da esso dipendono molte altre questioni legate all'ambiente (acqua, cibo, abitabilità di aree del pianeta...). In esso l'intera famiglia umana si trova coinvolta, nel duplice ruolo di vittima (attuale o potenziale) e di responsabile (pur in modo differenziato). La prima attesa, dunque, è per una potente parola di sapienza: c’è da richiamare la comunità internazionale alla sua "responsabilità di proteggere", all'assunzione di risposte efficaci, condivise e vincolanti, per evitare gli scenari drammatici che la comunità scientifica ci prospetta.
L'abbiamo scritto molte volte: il V rapporto IPCC disegna un futuro che – in mancanza di interventi incisivi – è davvero inquietante per il pianeta terra e per l'umanità. Inquietante soprattutto – lo sa bene Francesco – per i poveri, primi a pagare per un mutamento incontrollato: il riscaldamento globale rivela lo stretto rapporto tra custodia del creato e giustizia, centrale nella dottrina sociale della Chiesa. Tanti i problemi, locali e globali, da cogliere in uno sguardo unitario, a disegnare una biociviltà sostenibile, a superare un modello di sviluppo intessuto di cultura dello scarto.
2. Teologia della creazione
Se il primo nodo è etico-politico, confidiamo pure che l'enciclica offra spunti e prospettive per ritrovare quel radicamento nella creazione che il sentire dell'Occidente sembra aver smarrito. Non siamo più capaci di intendere il linguaggio di sora madre terra, che Francesco d'Assisi – come tanti altri santi e sante – ha articolato con tanta forza. Così la nostra umanità diventa scarna e fragile, e usiamo la terra senza coglierne lo splendore, quasi ne fossimo i padroni, invece che gli ospiti.
Eppure la tradizione cristiana offre una grande ricchezza di riferimenti in tal senso; la Scrittura canta la bellezza del creato, testimoniando come ogni realtà – gigli, passeri... – sia preziosa per il Signore. In orizzonte ecumenico, possiamo raccogliere la testimonianza della Chiesa ortodossa, che apre il proprio anno liturgico con una giornata per la custodia del creato; possiamo ricordare l'acuta riflessione di tanta teologia protestante (si pensi a J. Moltmann o a N. Habel).
Il problema è come rendere vitali tali risorse in un contesto segnato dal discorso scientifico: come far risuonare la potenza della confessione del Creatore senza apparire lontani da un tempo che parla altri linguaggi? Come ritrovare uno sguardo che contempli il mondo come creazione preziosa, ma che valorizzi pure l’altro sguardo – quello della scienza e della tecnica? Abbiamo bisogno di parole forti, di indicazioni significative per la ricerca in tali direzioni.
3. Tra pratiche e teologia: lo spazio dell'etica
Tra prassi socio-politica e approfondimento teologico, il vasto spazio dell’etica: chiamata a lasciarsi ispirare dalla densa ricchezza del secondo, essa dovrà pure argomentare in forme che interpellino chi non lo condivide. Lo ricordava lo stesso Francesco fin dalle prime battute del suo ministero: “La vocazione del custodire (…) non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato”. Non si tratta certo di rinunciare alla specificità della parola di fede, ma di declinarla per accompagnare il cammino dell’umanità, nei suoi sforzi per custodire la terra, nelle sue lotte contro chi degrada l’ambiente, casa di tutti.
L’ecologia, scienza della casa, invita, del resto, a un discorso polivalente, che attraversa i diversi livelli in cui si articola lo spazio dell’etica. C’è da ripensare la dimensione antropologica: un umano la cui relazione solidale con altri si radichi in un positivo rapporto con l’ambiente. Ci sono da individuare alcuni imperativi, per trasformare in energie vitali e agire condiviso – nel segno della giustizia e della custodia del futuro – le preoccupazioni di tanti. Ci sono, ancora, da elaborare categorie e linee d’approccio, per affrontare le tante questioni conflittuali che ruotano attorno ai beni ambientali (tra i quali fondamentale è anche la stabilità climatica).
Attendere un’enciclica è lavorare su fronti diversi, per parole e pratiche all’altezza della sfida che essa disegnerà per la riflessione morale, così come per l’agire concreto. In questa direzione vanno anche i contributi presenti in questo Dialogo, stimoli per un dibattito che ne costituisce il vero scopo.