Vivere il tempo: Chronos e Kairos
L’azione morale è dinamica e si sviluppa in una scansione di attimi che la storia della teologia morale e l’etica in generale hanno studiato in modi e momenti differenti (progettazione, previsione, discernimento, elezione, verifica…).
Il soggetto che agisce, quindi, attraversa dei tempi, delle tappe insite nell’azione stessa; tuttavia egli stesso si colloca in un tempo, nel tempo (che potremmo anche riferire alle circostanze oggettive e/o soggettive). Il modo in cui egli interpreta il tempo in cui agisce può essere molto dissimile, e non neutro ai fini della vita morale.
Egli potrebbe interpretare il tempo come Chronos, ovvero un tempo cronologico, misurabile, quantificabile. Chronos, apparentemente servo, dominato, si rivela essere invece uno dei nostri maggiori schiavizzatori. Così inteso, infatti, il tempo riduce il senso della nostra esistenza al quantificabile, al mercificabile, al calcolabile, all’efficienza e all’efficacia. Ci spinge a un ritmo incalzante che distrugge, che non lascia spazio per la riflessione, che punta al fare (che è ben diverso dall’agire) e all’accumulo di esperienze fini a sé stesse. È un tempo che ci scivola addosso, non senza sbiadire i nostri tratti umani ma che nel contempo si intrufola anche nella nostra vita morale e spirituale. Chronos è un tempo sterile, senza sorprese. Non a caso nella mitologia greca Chronos era raffigurato come un gigante, colto nell'atto di mangiare i suoi propri figli: Chronos divora ciò che egli stesso genera.
D'altra parte, il soggetto che agisce può interpretare il tempo come Kairòs: il tempo propizio, il tempo opportuno, il tempo che – in ultima analisi – permette quella responsorialità e responsabilità implicata nella vita morale di ciascuno. Sempre nella mitologia greca, Kairòs è raffigurato come un giovane con le ali sulla schiena e ai piedi, che regge una bilancia che egli stesso con un dito disequilibra, con un ciuffo di capelli sulla fronte e la nuca rasata, a indicare la difficoltà ad afferrarlo. Kairòs è il tempo nuovo che qualifica il Chronos, è un tempo non vuoto, un’opportunità che qualcuno fuori dal tempo ti dona. È l’opportunità di incontrare l’aldilà del tempo nel nostro tempo.
È evidente come un rapporto corretto tra Chronos e Kairòs interpelli la nostra vita morale personale, ma anche la riflessione pubblica e la nostra comunità ecclesiale, e ci spinga a rigerarchizzare priorità, orizzonti, valori, certezze.
Educarsi / educare a Chronos e Kairòs significa quindi leggere la nostra esistenza non con la lente della quantità, ma della qualità. Significa muoversi non nella logica del fare che si accumula, ma dell’agire che ci qualifica. Significa affrontare i giorni non con la pretesa di governare tutto (e tutti), ma con l’apertura dell’accoglienza. Significa introiettare seriamente la dinamica morale di chiamata-risposta cui siamo invitati.
Gaia De Vecchi