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Moralia Blog

Uomini e robot: noi non siamo stati programmati

Il titolo presuppone che si sappia cosa sia un robot, e più in generale l’intelligenza artificiale che lo guida. Soprattutto si tratterebbe di sapere se per il suo sviluppo sia meglio renderlo il più possibile simile all’uomo, o procedere viceversa per strade diverse da quelle seguite dall’evoluzione per arrivare a noi.

L’interrogativo di fondo allora è: il robot sarà come noi o evolverà proprio differenziandosi da noi? Allo stesso tempo ci si può porre la domanda: noi siamo dei robot o saremo dei robot?

Sebbene i due interrogativi s’intreccino, non si può comunque negare che l’intelligenza artificiale, e in particolare il robot, siano l’espressione dell’intelligenza e del lavoro umano. Sotto questo profilo la costruzione di un robot è ancora entro l’ondata dell’evoluzione biologica, anche se imprime una notevole accelerazione della stessa evoluzione.

È bene allora tener presente che l’evoluzione non è programmata, con la conseguenza che l’uomo e più in generale l’intelligenza naturale non sono l’attuazione di un programma. Al contrario l’intelligenza artificiale, il computer, il robot sono programmati, e più precisamente sono l’attuazione di programmi elaborati dall’intelligenza naturale tipica dell’essere umano.

Per quanto vi siano e vi saranno sempre più dei robot che apprenderanno e che saranno in grado di autoprogrammarsi, alla loro origine c’è l’essere stati programmati. L’uomo, invece, non è stato programmato e non ha alla sua origine qualcuno che l’abbia programmato.

Il non essere stato programmato è un fattore da non trascurare quando si riflette sul fatto che l’uomo è un essere cosciente e libero, capace di emozioni e di senso di responsabilità. Diversamente da quanto talvolta si pensa, proprio il fatto che l’uomo non sia stato originato da un programma, ma sia il risultato di un’evoluzione caratterizzata in buona parte dalla casualità, ha reso possibile la sua comparsa sulla terra, ossia l’emergere di un organismo cosciente e libero, emotivo e responsabile, capace di elaborazioni astratte e di comportamenti morali.

L’evoluzione ci ha voluti liberi

Il vantaggio di un tale organismo è che grazie alle sue qualità, e in particolare alla coscienza molto elevata e alla libertà di scelta, riesce ad adattarsi meglio all’ambiente. Da ciò si capisce che non ha senso mettere in dubbio la libertà umana a causa del fatto che il cervello è frutto dell’evoluzione, perché la libertà è un dispositivo elaborato proprio dall’evoluzione per favorire l’adattamento dell’essere umano. Da ciò deriva anche la rilevanza delle libere scelte legate alla sfera morale.

Le coordinate basilari dell’azione morale sono l’emotività e la socialità. L’intenzione primaria che spinge verso il prendersi cura degli altri è elaborata dalla sfera emotiva, e non a caso riguarda anzitutto i rapporti parentali. Alcuni parlano della morale della simpatia. Quando i gruppi si allargano oltre i rapporti parentali, come capita soprattutto nella specie umana, la necessità di collaborare anche con coloro che sono estranei alla propria famiglia e al proprio clan spinge verso la rinuncia momentanea di alcuni interessi personali per dare spazio alla condivisione collettiva.

Si può parlare di morale dell’equità dove si realizza un interessante intreccio di potere: per poter esercitare più potere sull’ambiente occorre collaborare con gli altri, ma per poter collaborare con gli altri occorre diminuire la tendenza a esercitare il potere o un eccessivo potere su di loro, fino a prendersi cura degli altri anche se estranei alla propria cerchia familiare.

La morale, nel suo senso più originario, sembra consistere nell’incrementare l’adattamento all’ambiente naturale attraverso l’adattamento all’ambiente sociale. Molto probabilmente per questo, dopo la nascita biologica, ogni società prevede l’iniziazione, ossia quella seconda nascita, che è la nascita nel contesto sociale.

 

Giorgio Bonaccorso, monaco benedettino, è docente presso l’Istituto di liturgia pastorale di Santa Giustina (Padova).

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