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Moralia Blog

Un’etica per l’homo algorithmus

In un precedente contributo abbiamo introdotto il modello dell’homo algorithmus, che nasce dalla cooperazione tra l’uomo e l’algoritmo informatico.

Questa cooperazione, come ogni relazione, tende a strutturarsi in relazioni complesse, in cui ciascuna componente risulta essere influenzata dall’altra. In questo senso è possibile una riflessione sugli algoritmi e sulle cosiddette strutture di peccato o di conversione.

Ogni volta che un valore viene riconosciuto dall’uomo e viene condiviso da un gruppo sociale più o meno ampio, sappiamo che tende a strutturarsi in dinamiche che, nel male o nel bene, hanno un notevole impatto sul riconoscimento della dignità dell’uomo e possono facilitare od ostacolare il modo attraverso cui questi comprende se stesso, gli altri e l’ambiente in cui vive e opera.

In questo discorso rientrano anche gli algoritmi informatici. Infatti un algoritmo, facendo sorgere nuovi valori e producendo cultura, influenza le relazioni che l’uomo ha con gli altri uomini. Questo determina, in positivo o in negativo, il modo in cui vive il suo essere in relazione e la sua comprensione della realtà e genera una strutturazione dei comportamenti attraverso i quali l’homo algorithmus risponde agli stimoli e alle sfide che si trova a dover affrontare. 

Tutto ciò trova sostegno nel fatto che, come afferma Paolo Benanti, la tecnologia è una realtà multidimensionale che contiene al suo interno tanto un’intenzionalità che inclina ad agire in un certo modo, quanto una costituzione culturale che si fa mediatrice di valori. In questo senso la tecnica-tecnologia è una forma strutturata del vivere umano.

I tre livelli di analisi della cultura

Questo approccio si basa sulle considerazioni sulla cultura organizzativa dello psicologo statunitense Edgar Henry Schein. Egli individua tre livelli di analisi della cultura.

Il primo livello è quello degli artefatti, ossia di tutti quegli elementi visibili e osservabili che manifestano la cultura. Nonostante questa visibilità, però, essi sono difficili da decifrare, in quanto portano con sé degli assunti più profondi che sono comprensibili soltanto all’interno del contesto nel quale essi sono sorti.

Tali assunti costituiscono il secondo livello di analisi della cultura: quello delle credenze e dei valori dichiarati. Infatti in ogni gruppo, di fronte a problemi o situazioni nuove, ogni soluzione che viene proposta è il riflesso di ciò che qualcuno ritiene giusto o sbagliato, che potrebbe funzionare oppure no. Essa rispecchia quindi gli ideali, gli obiettivi e i valori di colui che propone la soluzione e può essere più o meno congruente al comportamento degli altri soggetti.

Ogni volta che una soluzione funziona, infine, inizia a prevalere e quando viene riconosciuta dal gruppo, il valore che era stato percepito dal singolo diventa una credenza condivisa e poi un assunto condiviso: è quella che viene detta validazione sociale attraverso l’esperienza del gruppo, ed è a questo terzo livello che si determina il comportamento, la percezione e il pensiero dei singoli e del gruppo. 

Gli algoritmi informatici di per sé non appartengono in maniera precisa a nessuno di questi tre livelli di analisi, ma costituiscono un livello intermedio tra i primi due. In questo senso sono strutture: ponendosi tra gli artefatti visibili e le credenze e i valori dichiarati sono parte integrante del processo di validazione sociale e determinano la strutturazione di valori in assunti.

Gli algoritmi influenzano, quindi, la gerarchia di valori che l’uomo assume nella sua vita e producono conoscenza e cultura che vanno a loro volta a influenzare la comprensione stessa della realtà in una sorta di circolarità, che può rafforzare il bene prodotto ma anche il male che viene generato.

Inoltre essi agiscono anche a livello sociale, generando meccanismi di controllo economico, politico e finanziario che regolano il vivere sociale dell’uomo e che determinano la comprensione del bene comune.

Anche a questo livello il bene o il male generato si rafforzano, si consolidano e si strutturano, diventando sempre più trasparenti nel processo di valutazione morale. 

È urgente, allora, un’algoretica che promuova la dignità umana e il bene comune senza mortificare lo sviluppo tecnologico.

 

 

 

Alessandro Picchiarelli è prete della diocesi di Assisi e insegna presso l’Istituto teologico di Assisi. Ha scritto Tra profilazione e discernimento. La teologia morale nel tempo dell’algoritmo (Cittadella 2021).

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