Un Natale «erotico»? Tre spunti
Primo spunto, un bacio
Un mio studente universitario ama sfidarmi. E io amo raccogliere le sue sfide. Qualche giorno fa mi ha chiesto quale immagine userei per spiegare il Natale, senza usare mangiatoie, pastorelli, buoi e asini, sapienti riccamente vestiti… Ci stavo ragionando, quando ho saputo della morte del regista e sceneggiatore Kim Ki-duk, e in un flash mi è tornato alla memoria il potente fotogramma qui sopra, tratto dal film Ferro 3 – La casa vuota.
Natale per me è stare strettamente, saldamente, teneramente abbracciati a Chronos, nel quotidiano. Ma, nel contempo, protendersi per baciare, con desiderio, Kairos. Perché dalla nostra bocca di carne passa l’essenziale per vivere, in uno scambio non di saliva ma di parola (e Parola creatrice), di respiro, soffio (e di ruah, pneuma), di cibo masticato (e di pane spezzato).
E in tal senso anche la nostra preghiera, come intima relazione, può assumere forme differenti da stantie formule tradizionali, ripetute meccanicamente. Tanto più in questo «tempo» così diverso. E nulla del nostro umano e della riflessione altrui ci è più straniero, dopo il primo «Natale». Nemmeno l’erotismo di Catullo. Da mi basia mille, deinde centum, dein mille altera, dein secunda centum, deinde usque altera mille, deinde centum. Dein, cum milia multa fecerimus, conturbabimus illa, ne sciamus, aut ne quis malus invidere possit, cum tantum sciat esse basiorum.
Secondo spunto, un'erotica dell'incarnazione
In questo tempo di Avvento, oramai giunto al termine, con i miei studenti più piccoli (scuola media) abbiano analizzato questo periodo come tempo-spazio di @t-tesa: la chiocciola rimanda alla tecnologia che tanta didattica ha supportato (e noi abbiamo sopportato…); l’«at» rimanda a uno stato in luogo preciso (all’inglese), a un hic et nunc; la «-tesa» rimanda a un tempo-spazio caratterizzato da una tensione, verso una fine e un fine che stiamo già costruendo.
La nostra @t-tesa, settimana dopo settimana, è stata declinata come desiderio, come aspettare, come tendere verso, come attenzione (e cura) e come essere attendibili: e proprio in queste tappe abbiamo riscoperto un’erotica dell’incarnazione che ci sfida ogni istante, proprio in quel Verbo che si è fatto carne, nell’Emmanuele, nel nostro hic et nunc.
Terzo spunto, il corpo
La riflessione teologico-morale non può dimenticare il corpo, l’eros… non soltanto in quella riflessione che riguarda più esplicitamente la sessualità: ogni nostro atto morale è anche corporale, è – in qualche modo – erotico.
«Ciò dipende innanzitutto dalla costituzione dell’essere umano, che è composto di corpo e di anima. L'uomo diventa veramente se stesso quando corpo e anima si ritrovano in intima unità; la sfida dell’eros può dirsi veramente superata, quando questa unificazione è riuscita. Se l’uomo ambisce di essere solamente spirito e vuol rifiutare la carne come un’eredità soltanto animalesca, allora spirito e corpo perdono la loro dignità. E se, d’altra parte, egli rinnega lo spirito e quindi considera la materia, il corpo, come realtà esclusiva, perde ugualmente la sua grandezza» (Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 5).
Non di rado la storia ci ha proposto riflessioni polarizzate, sull’uno o l’altro polo. E questo tempo così inedito, tra le sue luci e ombre, ce lo ha ricordato costantemente, come possiamo anche rintracciare dai post di Moralia di questo 2020. Il compito, tuttavia, non è ancora terminato (e mai lo sarà).
Auguro, pertanto a tutti un Natale (quotidiano, non solo il 25 dicembre!) inedito ed erotico, caratterizzato da quella tensione che ci spinge a uscire da noi stessi per andare verso l’altro e l’Altro, come avvenne in una culla a Betlemme.
Gaia De Vecchi è insegnante di religione presso l’Istituto Leone XIII e docente presso l’Università cattolica del Sacro Cuore e l’Istituto superiore di scienze religiose a Milano. Fa parte dell’ATISM e del gruppo di redazione di Moralia. Ha scritto Il peccato è originale?, Cittadella, Assisi 2018.