Un applauso sinodale...
Intenso e prolungato l’applauso con cui i partecipanti alla III Assemblea sinodale hanno accolto le parole di conclusione del card. Matteo Zuppi, con cui egli ha comunicato i positivi risultati delle votazioni sui testi finali.
Intenso e prolungato l’applauso con cui i partecipanti alla III Assemblea sinodale hanno accolto le parole di conclusione del card. Matteo Zuppi, con cui egli ha comunicato i positivi risultati delle votazioni sui testi finali.
Ma altrettanto forti erano stati quelli indirizzati agli interventi di mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato del Cammino sinodale e a Valentino Bulgarelli, così come agli altri membri della presidenza.
Applausi non rituali: il sentimento che si percepiva nella sala dell’Hotel Ergife era di grande soddisfazione per i frutti di un cammino che ha impegnato per 4 anni la chiesa italiana (il Consiglio permanente della CEI, la Presidenza del Comitato e il Comitato tutto, ma soprattutto i 50000 gruppi coinvolte nel cammino sinodale).
Un cammino faticoso
Un «cammino faticoso ma entusiasmante» lo ha definito il card. Zuppi: in esso la Chiesa italiana ha accolto e fatto suo l’invito di papa Francesco, impegnandosi in un lavoro di ricerca su stessa e sulle proprie pratiche: come essere Chiesa sinodale e missionaria in fedeltà al Vangelo?
Non a caso, anche nell’Assemblea del 25 ottobre, insistita è stata l’invocazione «Veni sancte Spiritus», con cui si è aperta la preghiera che ha dato inizio ai lavori: lo Spirito – lo ha sottolineato la bella meditazione di Sabino Chialà – è il primo attore di quella creatività che porta a scelte coraggiose cui ci orienta il testo di At. 15, 22-31.
Se la II Assemblea della primavera 2025 era stata un passaggio fondamentale, necessario per segnalare l’elaborazione solo parzialmente adeguata allora raggiunta, il documento che i delegati sono stati chiamati a votare in quest’occasione ha raccolto un consenso ampio.
Il poderoso lavoro preparatorio
Su nessuna delle singole proposizioni votate si è scesi al di sotto del 75% (e nella gran parte dei casi è stato assai superiore); nelle valutazioni complessive sulle tre parti in cui il testo era diviso, i contrari erano poche decine. Del resto, poderoso era stato il lavoro fatto in questi mesi dalla presidenza, col pieno coinvolgimento dell’intero Comitato e con la consultazione delle delegazioni regionali, i cui emendamenti sono stati felicemente integrati nel testo.
Interessante anche evidenziare come proprio da esse siano emerse tre priorità, che saranno rilevanti per la fase attuativa che ora si apre: la corresponsabilità nella vita delle comunità (coinvolgendo attivamente le diverse componenti del popolo di Dio, con un’attenzione particolare per le donne); la formazione e la pace.
Una Chiesa articolata e viva
Certo, non è un testo perfetto, ma piuttosto il ricco frutto di una mediazione che giustamente Castellucci ha definito «non compromissoria, ma profetica», frutto di un noi ecclesiale maturo.
Ne emerge una figura di Chiesa articolata e viva, che sa vivere la comunione anche nella differenza, arricchita da un tessuto di relazioni che proprio in questi anni sono cresciute, mettendo in comunicazione anche realtà tra loro distanti. Una Chiesa capace di avviare cammini coraggiosi, dagli esiti non preventivati, di ascolto dello Spirito, quale si esprime nella vita delle persone e delle diverse Chiese locali. Cammini che cambiano la vita, che trasformano gli stili personali e comunitari, ricollocandoli nell’orizzonte della missione, ma anche orientandoli a una profezia di pace.
La stessa pratica sinodale, quale è stata vissuta con gioia ed entusiasmo in questi 4 anni, è del resto anche una testimonianza civile, di una fraternità/sororità possibile in un mondo troppo spesso segnato dalla violenza o anche solo dalla polemica.
Ora il testo è affidato ai vescovi, che nella prossima Assemblea generale della CEI di novembre dovranno individuare le priorità pastorali e i criteri con cui le 124 proposizioni entreranno nella vita pastorale delle comunità. Fin d’ora, però, è possibile gioire di un’Assemblea che può far sue – senza arroganza, ma nella fiducia − le parole della Comunità di Gerusalemme: «Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi», nella ricerca di nuove vie per abitare la storia nel segno dell’Evangelo.