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Moralia Blog

Triage in Svizzera: molto rumore per nulla?

Vari media italiani hanno evocato recentemente le direttive dell’Accademia svizzera per le scienze mediche riguardanti le eventuali misure di triage, cioè di selezione di pazienti da affidare a reparti di cure intensive in caso di mancanza di posti letto, nel contesto della pandemia di coronavirus.

A dire il vero esse risalgono al mese di marzo di quest’anno, quando vari paesi europei erano toccati da un primo confinamento e da una situazione particolarmente drammatica in alcuni precisi sistemi ospedalieri (nel Bergamasco per l’Italia e in Alsazia per la Francia).

Durante questa prima ondata pandemica la Svizzera non ha vissuto situazioni di mancanza cronica di posti letto nei reparti di cure intense. Al contrario, soprattutto nella regione di Basilea, vari ospedali hanno potuto accogliere pazienti provenienti dall’Alsazia senza doverne rifiutare di locali.

Direttive in via preventiva

Ciò nonostante, l’Accademia svizzera per le scienze mediche, organismo che redige direttive a carattere etico per gli operatori sanitari che lavorano nel paese, ha formulato a titolo precauzionale direttive in stretta collaborazione con la Società svizzera di medicina intensiva, riguardanti il triage dei trattamenti di medicina intensiva in caso di scarsità di risorse.

La cosiddetta prima ondata pandemica è stata superata senza alcuna misura di razionamento delle risorse ospedaliere, poiché le autorità sanitarie hanno avuto tempo sufficiente a disposizione per aumentare la disponibilità di posti letto seguendo l’evoluzione della curva delle persone bisognose di cure intensive.

La discussione sulle direttive, durante queste settimane primaverili, si è limitata ad alcune critiche di dettaglio attorno a qualche singola direttiva (come quella riguardante l’accesso di persone molto anziane in cure intensive), ma senza una particolare animosità, visto che le direttive sarebbero state applicate solo in caso di vero e irreparabile sovraffollamento nei reparti specifici.

La seconda ondata

La situazione è cambiata durante le ultime settimane autunnali, poiché la seconda ondata è arrivata in maniera repentina. Il governo svizzero ha dovuto innanzitutto precisare le proprie competenze e quelle dei governi cantonali, e in seguito ha emanato norme di contenimento e protezione più severe rispetto a quelle in vigore durante l’estate.

La reazione dell’opinione pubblica è stata controversa, nella misura in cui alcuni settori della popolazione hanno ritenuto le nuove norme troppo severe mentre altri settori le hanno criticate come troppo lassiste.

Il governo da parte sua ha continuato durante il mese di ottobre nella sua attività di rafforzamento delle risorse ospedaliere, seguendo in questo frangente le ipotesi di una task force che prevedeva un «pienone» per metà novembre.

Ciò spiega la ripresa attenzione per le direttive citate e le critiche connesse. Si teme soprattutto un’applicazione ad litteram delle direttive, che prevedono una non ammissione di pazienti sopra gli 85 anni in connessione con un quadro clinico che lasci poche speranze di possibile guarigione.

La critica, che ho potuto verificare su vari organi di stampa elvetici, riguarda due aspetti della normativa che riguarda gli ultra-ottantacinquenni. Il primo tocca il carattere rigido e meccanico della direttiva stessa, mentre il secondo mette in discussione l’argomento evocato dal testo stesso delle direttive. Esse citano come pezza di appoggio per la misura prevista uno studio cinese che rileva una connessione tra l’età dei pazienti ricoverati in cure intensive e il tasso di mortalità di questo segmento di pazienti.

L’Accademia ha risposto alla prima critica affermando la propria disponibilità a una revisione del testo in questione, con una terminologia meno imperativa e più differenziata. La procedura di consultazione, tuttora aperta, ha già portato a una serie di proposte di revisione.

Un supplemento di riflessione etica

La seconda critica invece chiederebbe un supplemento di riflessione etica, che non può essere ottenuto a breve scadenza. Si tratta di riflettere, e qui esprimo solo il mio parere personale, in un approccio interdisciplinare tra scienze mediche e istanze di riflessione etica, attorno ad alcune categorie sovente evocate in questi dibattiti.

Che cosa s’intende più precisamente con la categoria di indicazione? Si tratta di una nozione descrittiva rilevabile con dati statistici, o siamo di fronte a una nozione già connotata in senso normativo? Il rinvio a uno studio empirico, poco importa se cinese o meno, non è sufficiente per legittimare una raccomandazione a carattere normativo.

Molto rumore per nulla dunque? Direi: sì e no. Sì, se si interpretassero queste direttive come norme scritte nel marmo e irreformabili, oppure se si pensasse che esse abbiano già forza di legge. No invece, poiché queste raccomandazioni sono state redatte nel contesto preciso della prima ondata e quindi la situazione attuale richiede un supplemento di riflessione.

Il lettore italiano di queste righe si chiederà come mai un teologo reagisca così pacatamente a questo testo. La risposta è semplice. Per lunghi anni ho fatto parte dell’istituzione che ha formulato queste direttive e… non si sputa facilmente nel piatto in cui si mangia.

Infine il mio ottimismo sulla seconda ondata in Svizzera non vuole essere una difesa dell’alta moralità del sistema sanitario del mio paese. Gli svizzeri non sono più virtuosi degli altri abitanti d’Europa, ma hanno solo il vantaggio di abitare in un paese relativamente piccolo, con un sistema democratico di base e diretto, tendente al consenso e non alla litigiosità e soprattutto con la cassa relativamente piena…

Stiamo a vedere cosa capita in questo strano novembre. Fra due o tre settimane, se l’ATISM e Moralia lo vorranno, potrò proporre nuovi ulteriori spunti di riflessione.

 

Alberto Bondolfi, professore emerito di Etica all’Università di Ginevra, è stato presidente della Società svizzera di etica biomedica, della Societas ethica, società europea per la ricerca in etica, e membro del Comitato nazionale svizzero per la bioetica.

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