Tortura? Mai!
L’attentato di Mosca, oltre a pesanti e vaste implicazioni politiche e umane, ha riportato d’attualità l’uso della tortura. I media ufficiali russi hanno mostrato le foto degli accusati con evidenti segni di torture subite.
La relativa Convenzione ONU del 10 dicembre 1984 la proibisce in modo assoluto, e la Federazione russa la ha firmata e ratificata, con riserve minime non riguardanti la sostanza del documento.
Ma il problema centrale non è giuridico, bensì morale.
Negli scorsi decenni i filosofi morali e i teologi cristiani hanno a lungo discusso il problema dell’esistenza di norme morali assolute. Il problema sorge dal fatto che le norme sono delle regole comportamentali di massima che aiutano il singolo e le comunità a decidere moralmente dell’attuazione di valori morali nelle singole circostanze della vita.
Dal momento che queste sono infinite, in linea di principio ci può sempre essere una situazione nella quale la norma morale, correntemente accettata, non realizza il valore/il fine buono perseguito. Per cui giustamente non la si applica.
Ora nel caso della tortura questo non può mai essere il caso.
La tortura è sempre moralmente proibita perché consiste nella distruzione diretta e voluta della dignità umana. Essa distrugge lo stesso soggetto umano che è il portatore di ogni valore/fine umano.
È umano, troppo umano volersi vendicare, fargliela pagare, usare il loro dolore per ottenere informazioni.
Ma questo comportamento è sempre immorale per la ragione condensata nell’espressione: la tortura è la «distruzione diretta e voluta delle dignità umana di una persona».
Francesco Compagnoni, già professore ordinario di Teologia morale presso l’Angelicum, è docente invitato nelle Facoltà di Teologia e Scienze sociali e insegna a contratto presso l’Università LUMSA di Roma. Tra le sue opere principali: Diritti dell’uomo. Genesi, storia e impegno cristiano, San Paolo, Cinisello Balsasmo 1995; Etica della vita, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996; con A. Lo Presti Etica e globalizzazione, Città Nuova, Roma 2006.