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Moralia Blog

Tommaso d’Aquino e l’intelligenza artificiale

Qual è il fine proprio dell’intelligenza artificiale? La riflessione di san Tommaso d’Aquino può suggerire alcuni spunti utili per la riflessione.

Quando si tratta la tematica dell’intelligenza artificiale (IA), bisogna sempre considerare che essa non si muove verso un fine da sé stessa, in quanto ciò – ci ricorda Tommaso d’Aquino – è prerogativa della creatura razionale, qual è l’uomo: «Dunque, gli esseri dotati di ragione si muovono da soli verso il fine, poiché hanno il dominio dei propri atti tramite il libero arbitrio, che è “facoltà della volontà e della ragione”. Invece, gli esseri privi di ragione tendono verso il fine mediante un’inclinazione naturale, come mossi da un altro, non da sé stessi, giacché, non conoscendo la ragione del fine, non possono di conseguenza ordinare nulla verso il fine, ma sono ordinati da un altro verso il fine» (S. Th., I-II, q. 1, a. 2, respondeo).

Creature razionali e irrazionali

La differenza che l’Aquinate pone tra le creature razionali e quelle irrazionali circa il muoversi verso il raggiungimento del proprio fine, con le dovute differenze, possiamo applicarla anche all’uomo e all’IA. L’uomo, essendo dotato di ragione e volontà, conosce il fine per il quale Dio lo ha creato, e di conseguenza ha la facoltà di portarsi da sé, se vuole e non senza l’aiuto di Dio, verso questo fine.

Le creature irrazionali, invece, non conoscono il fine per il quale sono state create da Dio, quindi non possono portarsi verso di esso, ma è Dio stesso, loro Creatore, che le spinge – attraverso la natura di cui le ha arricchite – verso il loro fine. Spiega san Tommaso: «Infatti, vediamo che alcune cose, prive di conoscenza, cioè i corpi naturali, operano per un fine. Ciò appare dal fatto che sempre o per lo più operano nello stesso modo, per conseguire l’ottimo. Da ciò si rende evidente che pervengono al fine non per caso, ma per una tendenza. Ora, le cose prive di conoscenza tendono verso il fine, solo perché vi sono dirette da qualcuno che ha conoscenza e intelligenza, come la freccia [è diretta] dall’arciere. Dunque, c’è qualche essere intelligente, dal quale sono ordinate al fine tutte le cose naturali e quest’essere lo chiamiamo Dio» (S. Th., I, q. 2, a. 3, respondeo). 

Così come Dio muove ogni creatura irrazionale da lui fatta perché «consegua l’ottimo», cioè il fine per il quale è stata creata, l’uomo che è il «creatore» dell’intelligenza artificiale, è chiamato a muoverla perché consegua l’ottimo, cioè il bene integrale di ogni uomo.

Fine dell’uomo e fine di Dio

È proprio qui che un nodo viene al pettine. Mentre, infatti, Dio essendo il Sommo Bene, muove ogni sua creatura verso il raggiungimento del suo fine ultimo, che è Dio stesso – secondo lo schema dell’exitus-reditus della Summa theologiae – e, quindi, lo conduce verso la sua piena e perfetta realizzazione, l’uomo, invece, non essendo il Sommo Bene, e non volendo, sovente, camminare secondo la parola di Dio, potrebbe anche indirizzare questa sua scoperta verso un falso fine, quale sarebbe ad esempio il guadagno, il potere, la distruzione di chi considera un nemico o un avversario.

Mentre, cioè, tutto l’agire di Dio ha come fine il bene di ogni sua creatura e in particolare di quella fatta a sua immagine (l’uomo), per la cui salvezza ha sacrificato anche il suo Figlio eterno incarnato dalla croce, l’uomo potrebbe, al contrario, utilizzare questa sua scoperta per il male del suo simile e dell’intera creazione come, ahimè, la storia ci insegna in merito ad altre scoperte da esso effettuate.

Ruolo della teologia morale

È questo il motivo centrale per il quale la teologia morale deve essere interpellata e, ci permettiamo di dire, anche seguita, giacché soltanto essa può indicare il cammino da intraprendere, per far sì che questa importante scoperta, frutto dell’ingegno umano, passi alla storia come una scoperta che ha aiutato l’uomo a vivere da vero uomo, secondo il progetto che Dio ha su di esso, e non come una scoperta che ha condotto l’uomo verso la sua totale disumanizzazione.

Un ultima puntualizzazione s’impone: è bene specificare che pur essendo l’uomo capace di muoversi – essendo una creatura razionale – verso il suo fine ultimo, sempre sorretto e accompagnato dalla grazia di Gesù Cristo, non può, però, darsi il suo fine ultimo, esso viene sempre e solo da Dio creatore, come insegna ancora san Tommaso: «Perciò, è necessario che tutte le cose che in qualunque modo esistano, siano ordinate da Dio verso il fine, secondo quel passo dell’Apostolo in Rm 13,1: “Ciò che è da Dio è ordinato da Dio”» (S. Th., I, q. 22, a. 2, respondeo).

Se l’uomo non può darsi un fine, non può darlo neppure alle altre cose, ma deve rispettare il fine per il quale sono state create da Dio e, quando «crea» qualcosa, nello specifico l’IA, deve indirizzarla e guidarla sempre verso la direzione voluta da Dio, che è quella che egli ha manifestato attraverso la sua Parola, compresa secondo la fede della Chiesa fondata su Pietro.

 

Nicola Rotundo, presbitero di Catanzaro-Squillace, nel corso degli anni ha insegnato Teologia morale presso alcune realtà accademiche italiane. Tra le sue pubblicazioni monografiche più recenti: Intelligenza Artificiale. Un punto di vista etico-sociale, Armando 2024; L’incontro tra Dio e l’uomo. Zaccheo esempio di conversione morale, TAU 2024; Etica armonica. Riflessioni per innovare l’economia e il lavoro, Rubbettino 2023.

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