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Teologia morale: ripartire dalle narrazioni

Le sollecitazioni raccolte dall’enciclica di papa Francesco Laudato si’ circa l’antropocentrismo biblico ci rimandano all’ultimo e recente documento della Pontificia commissione biblica che, come recita il titolo Che cosa è l’uomo? Un itinerario di antropologia biblica, è dedicato ai principali nodi antropologici che raccogliamo dalla lettura della Sacra Scrittura.

Nella sua ricchezza questo documento ci offre, fra i diversi importanti contributi che la teologia morale dovrà prendere in considerazione, anche alcune linee di indirizzo rispetto alla questione del valore contenutisticamente fondativo della Bibbia per la riflessione teologico-morale.

Da questo punto di vista il testo si pone come l’approfondimento di un tema che percorre sottotraccia l’intero volume pubblicato nel 2008 dalla stessa Pontificia commissione biblica, dedicato alla definizione del rapporto tra Bibbia e morale: radici bibliche dell’agire cristiano.

Nel documento Che cosa è l’uomo? la Commissione biblica dichiara di aver adottato per la sua ricerca l’approccio teologico-narrativo. Si tratta, così recita il documento, di «un approccio (…)  non meno rigoroso di quello in uso nella teologia sistematica» (n. 5).

La specificità di questo metodo consiste nel raccogliere l’insegnamento racchiuso nella narrazione delle vicende dei vari personaggi che i testi biblici ci trasmettono. Si tratta di un metodo induttivo che muove da storie concrete e non dagli assiomi delle formule dogmatiche. Sullo sfondo la convinzione espressa con acuta lucidità da Carlo Molari in un suo prezioso contributo del 1981: la narrazione «induce convinzioni attraverso la verità che traspare dai fatti».[1] In questa affermazione non si pone necessariamente un’alternativa oppositiva al procedere per via logico-argomentativa, ma un’altra via d’approccio alla verità, che sul versante biblico permette d’includere quelle sezioni della Scrittura di carattere narrativo non meno significative rispetto a quelle più espressamente dottrinali.

Rileggere la storia alla luce della salvezza

In questa prospettiva il documento della Commissione biblica raccomanda un’accoglienza più ampia dei testi biblici per ottenere un’obbedienza più fedele al dettame biblico, dove «ogni tassello ha (…) la sua importanza, anche quello che, a prima vista, appare desueto, improprio, inutile».[2]. È significativo che il testo di riferimento per eccellenza nella tradizione ebraica sia la Torah. Un insegnamento (Torah nella sua accezione letterale dice appunto «istruzione, insegnamento») che istruisce non solo attraverso i testi prescrittivi, ma attraverso la narrazione di episodi e vicende di singoli personaggi.

D’altra parte, come ci rammentava ancora la Commissione biblica nel documento Ispirazione e verità della Sacra Scrittura (2014), «i singoli passi della Bibbia non devono essere isolati o assolutizzati, ma devono essere compresi e valutati nel loro rapporto con la pienezza della rivelazione nella persona e nell’opera di Gesù, nel quadro di una lettura canonica della sacra Scrittura» (n. 136).

Tra le principali caratteristiche delle narrazioni bibliche vi è quella di inserirsi all’interno di una storia che nel suo intero è evento di salvezza e che scritturisticamente va dalla Genesi all’Apocalisse. Il narratore biblico non è semplicemente un cronista, ma legge e comprende la storia ponendola sotto lo sguardo di Dio. È Lui che attraversando le molteplici e variegate vicende umane guida la storia verso il suo compimento.

All’attenzione allora, per l’intero dei singoli avvenimenti raccontati nelle narrazioni bibliche e dei personaggi che li compongono, si pone il criterio cristico.

Esso impone al discepolo di Gesù – e quindi alla teologia che ne riflette la fede, compreso ovviamente il suo momento teologico morale – di assumere Cristo come chiave di comprensione sia dell’intero sviluppo della storia, sia delle singole narrazioni che il grande codice della Bibbia ci consegna. L’ «intero», il compimento, per comprendere il particolare e questo per restituirlo alla verità di senso a cui appartiene nella sua forma storica incarnata.

 

Paolo Mirabella è docente di Fondamenti etici, filosofici e teologici all'Istituto universitario salesiano di Torino - Università pontificia salesiana e di Bioetica all'Università cattolica Sezione «Cottolengo» - Torino e Moncrivello (VC). Ha scritto, tra l’altro, Legami di libertà. Coppia e famiglia, promessa di comunione, Cittadella, Assisi 2020.

 

[1] «Natura e ragioni di una teologia narrativa», in B. Wacker (a cura di), Teologia narrativa, Queriniana, Brescia 1981, 7-29, qui 2.

[2] P. Bovati, «“Che cosa è l’uomo?”. Il documento della Pontificia commissione biblica», in La Civiltà cattolica (2020) 4071, 209-220, qui 218.

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