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Moralia Blog

Ripartire? Indignazione, interrogativi e inquietudini

Mentre scriviamo, la tragedia della funivia di Stresa sta progressivamente perdendo i connotati dell’incidente senza senso per acquistare quelli drammatici del disastro colposo.

Indignazione

Il dolore dei familiari delle vittime si è trasformato in rabbia verso chi ha consapevolmente disattivato – e sembra che la pratica durasse da oltre un mese – quei meccanismi di sicurezza che avrebbero impedito alla rottura del cavo trainante di determinare la caduta della cabina.

Sta alla magistratura accertare nel dettaglio le diverse responsabilità (la proprietà, gli operatori, i responsabili sicurezza…), ma certamente lo scenario che si delinea è inquietante: si è consapevolmente messa a rischio la vita dei passeggeri per mantenere in funzione un impianto; si è cioè barattato un (limitato) introito economico con la vita di 14 persone.

Assolutamente doverosa l’indignazione e la condanna per tali comportamenti, scandalosi e del tutto immorali: la tutela della vita deve essere il primo principio che regola ogni attività socialmente organizzata; il lavoro e l’agire economico devono essere per la vita e non per la morte. Mai più simili eventi!

Interrogativi

Senza voler in alcun modo attenuare la gravità di tali comportamenti, vorrei però anche evocare alcune risonanze che l’evento ha provocato in chi scrive. Credo, infatti, che una sua lettura eticamente adeguata esiga uno sguardo attento, teso a cogliervi anche i riflessi di un contesto più ampio.

Non è stata forse una volontà di ripartire dopo la pandemia a co-determinare simili comportamenti? Non è stato forse il desiderio di eliminare ciò che poteva ostacolare tale ripartenza a spingere a comportamenti così rischiosi e scriteriati?

La fretta di tornare a una certa normalità ha fatto sottovalutare alcuni fattori, determinando una situazione che di normale non aveva davvero nulla... un rischio che si corre anche ad altri livelli in questa fase di ripresa post-pandemia.

Eppure ciò che abbiamo appreso in questi mesi è che certe quotidiane normalità celavano fragilità e iniquità cui non dovremmo ritornare; che certi comportamenti cui eravamo affezionati sono diventati – quando applicati in altro contesto – rischiosi per altri.

Ci ha insegnato, insomma, la necessità di uno sguardo riflessivo, interrogante anche su ciò che consideriamo normale: la fretta di ripartire non deve farci abbandonare tale guadagno concettuale (che abbiamo tra l’altro pagato a così caro prezzo).

Inquietudine

Una riflessione etica dovrebbe forse meditare più attentamente la suggestione di Ulrich Beck, che già decenni fa qualificava come società del rischio quella che abitiamo – con le sue asimmetrie strutturali, con le sue fragilità costitutive –.

Ne è forse l’espressione più nitida quella crisi socio-ambientale, cui papa Francesco ci ha una volta di più richiamati al termine di questo anno speciale dedicato alla Laudato si’: un grande esperimento senza precedenti, in cui l’umanità sta testando la resilienza dell’ecosistema terrestre senza disporre di freni efficaci né di altri apparati di sicurezza.

La gioia che giustamente proviamo nel pregustare vacanze in cui potremo godere – più o meno liberamente, più o meno normalmente – della bellezza della natura non deve farci dimenticare che in ogni nostro comportamento possiamo contribuire alla sicurezza dell’umanità futura oppure alla sua messa a repentaglio.

Ogni nostro gesto, insomma, anche il più normale e quotidiano, è eticamente denso. Troppo spesso l’etica è stata accusata di coartare la vitalità dei comportamenti spontanei; oggi vediamo con chiarezza che certi freni sono necessari perché la stessa spontaneità si mantenga vitale e non ipotechi il proprio futuro.

La volontà di ripartire non può cancellare il senso del limite e della fragilità.

 

Simone Morandini è coordinatore del progetto «Etica, teologia, filosofia» della Fondazione Lanza e insegna all’Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia; è coordinatore del blog Moralia.

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