Referendum del 17 aprile: molto più di una croce su una scheda
Il 17 aprile prossimo saremo chiamati ad andare a votare a un referendum che solleva alcune questioni morali, ben più ampie rispetto al contenuto del referendum stesso.
1. Innanzi tutto vorrei sottolineare quanta poca informazione stia accompagnando questo tempo che ci separa dal 17 aprile. Molti cittadini non sono nemmeno a conoscenza di questo appuntamento, molti altri non sanno o non riescono a comprendere (causa mancanza di informazioni o carenza di chiarezza nelle stesse) i contenuti di tale referendum.
Tale mancanza d’informazioni non potrà non ripercuotersi sulla partecipazione. Si tratta di un referendum abrogativo e – in quanto tale – sarà valido solo se la maggioranza più uno degli aventi diritto si sarà presentato alle urne. Se molti non sono a conoscenza di tale impegno, o non si presenteranno alle urne per mancanza d’informazioni, il referendum perderà la sua forza democratica non solo rispetto alla singola questione, ma anche rispetto allo strumento stesso. In un momento in cui i cittadini italiani sembrano particolarmente disaffezionati alle istituzioni politiche, mi sembra che il fallimento di questo referendum (seppur indubbiamente tecnico) possa portare più danni al vivere civile rispetto alle conseguenze del futuro di 21 trivelle.
2. Diversamente da altri casi, il referendum in questione è stato promosso non da cittadini, o da associazioni, ma da alcuni Consigli regionali. Nell’iter che ha accompagnato la promulgazione del referendum, sono emersi non pochi conflitti di competenze tra Regioni e Governo centrale. Lo spazio qui a disposizione non consente di entrare nel merito della specifica questione, ma desidero evidenziare la confusione legislativa in cui ci muoviamo, che di certo non è a servizio del bene comune. Anche la questione delle competenze e del sistema legislativo in vigore dovrebbe essere oggetto di riflessione competente, sistematica e al servizio del bene di tutti, non solo relativamente a questo caso.
3. Il referendum ci pone una domanda specifica nell’abito energetico, ma in realtà ci obbliga a pensare a una risposta più profonda, come stile presente e futuro. Quale futuro energetico ci attende e vogliamo costruire?
Il 17 aprile, quindi, non ci interpella solamente per andare a mettere una croce su un “sì” o su un “no” su una scheda elettorale. Ci interpella più radicalmente sul nostro diritto-dovere all’informazione (e quindi come cittadini partecipanti); ci invita a riflettere sulle strutture politiche e legislative in cui ci muoviamo e abitiamo(ed eventualmente a modificarle); ci richiama sul futuro del pianeta, come cittadini ecologici di un mondo i cui confini sono ben più ampi dell’Italia.
Credo che in questo nostro esercizio di responsabilità e consapevolezza un aiuto importante ci venga offerto dalla enciclica Laudato si’ e dalla categoria di “ecologia integrale” che, in quanto tale, ci invita a ripensare alla nostra opzione esistenziale, da cittadini, da credenti.
Il referendum del 17 aprile, quindi, si presenta come una preziosa occasione per chiederci verso quale umanità ci stiamo incamminando e vogliamo contribuire a costruire.