m
Moralia Blog

Rapporto OXFAM 2016: nulla di nuovo sotto il sole … o quasi

Disuguaglianza, squilibrio, inequità, che poi è la radice di una “economia che uccide”, come dice papa Francesco. Queste le parole chiave che emergono dal Rapporto OXFAM, pubblicato alla vigilia del Forum economico mondiale che si è appena concluso a Davos.

 

Disuguaglianza, squilibrio, inequità, che poi è la radice di una “economia che uccide”, come dice papa Francesco. Queste le parole chiave che emergono dal Rapporto OXFAM, pubblicato alla vigilia del Forum economico mondiale che si è appena concluso a Davos.

Il Rapporto denuncia il divario sempre più ampio che caratterizza oggi la distribuzione della ricchezza in Italia, concentrata nelle mani di pochi, anzi di pochissimi: nel 2016 la ricchezza dell’1% più ricco degli italiani, che oggi possiede il 25% della ricchezza nazionale netta, è oltre 30 volte la ricchezza detenuta dal 30% più povero del resto del Paese.

Ma non basta. C’è, infatti, una profonda disparità anche nel modo in cui la ricchezza generata dal mercato viene poi redistribuita, visto che tra il 1988 e il 2011, il 10% più ricco degli italiani ha accumulato un incremento di reddito superiore a quello della metà dei suoi connazionali più poveri.

“Déjà vu”

Questo però non è un problema italiano. Che i ricchi siano sempre più ricchi e i poveri siano sempre più poveri è una realtà che si manifesta globalmente, aggravata dal fenomeno ormai strutturale delle migrazioni. La piramide della ricchezza globale del Rapporto di Credit Suisse mostra per il settimo anno consecutivo un evidente sbilanciamento verso l’alto, se si pensa che nel 2016 circa la metà della ricchezza mondiale (45,6%) si trovava nelle mani di una percentuale minima della popolazione, pari ad appena lo 0,7%.

Gli economisti - Piketty, Stiglitz, Deaton, Sachs - hanno già scritto volumi su questo tema, evidenziando le dinamiche di un trend inquietante, che alimenta conflitti e venti di guerra, generando profonda insoddisfazione ed erodendo dalle fondamenta uno dei fattori essenziali per il buon funzionamento del mercato: la fiducia.

Anche le cause della disuguaglianza indicate da OXFAM non sono una novità: la promozione degli interessi dei vertici da parte delle grandi imprese, la netta diminuzione delle retribuzioni di lavoratori e produttori, gli abusi fiscali utilizzati per massimizzare i profitti, un «capitalismo azionario ipertrofico» che mira a favorire esclusivamente gli interessi finanziari degli azionisti e «clientelare», che irretisce cioè i governi in attività di lobbying e li condiziona a scapito del bene comune.

Barlumi di speranza

L’argomento, quindi, non è nuovo e i dati, di fatto, confermano ciò che si sapeva già. L’Italia in questo (purtroppo) si allinea perfettamente al resto del mondo. Però è significativo che al centro dei dibattiti del Forum di Davos vi sia proprio l’eliminazione della disuguaglianza crescente, riconosciuta all’unanimità come un “rischio globale” del futuro.

È altrettanto significativo che la riduzione della disuguaglianza sia stata inclusa esplicitamente tra i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dei Paesi ONU, perché giudicata da tutti un ostacolo alla prosperità del pianeta. Cresce, dunque, la consapevolezza istituzionale che questa disuguaglianza, nel lungo termine, non porta benefici neppure ai ricchi.

Ma affinché non sia versato vino nuovo in otri vecchi, è necessario un profondo ripensamento del modello “economia” da cui essa è generata, perché alla radice della questione economica ritroviamo, ancora una volta, una questione essenzialmente etico-antropologica: chi e cosa serve l’economia?

Se la risposta è l’uomo nella sua integrità, come è stato ribadito oggi a Davos, e i suoi fondamentali bisogni, non necessariamente i suoi desideri, allora il cambiamento deve essere anche morale e culturale, perché le disuguaglianze economiche, oltre a diffondere la povertà, feriscono il desiderio intimo di riconoscimento della propria dignità di ogni persona e indeboliscono la capacità umana di reciprocità, che costituisce l’anima relazionale di ogni struttura economica.

Lascia un commento

{{resultMessage}}