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Moralia Blog

Procreazione responsabile: questione non solo di «metodo» in Amoris laetitia

Amoris laetitia non confligge con il magistero precedente, ma apre sempre a nuove possibilità esistenziali. Questo è particolarmente evidente anche in riferimento ai diversi temi connessi alla procreazione responsabile.

L’esortazione va compresa alla luce di «chiavi di lettura», che papa Francesco fornisce per ogni questione affrontata, e che, nello specifico della sessualità matrimoniale, sono riportate al n. 36: «Abbiamo presentato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere della procreazione» (AL36).

Come uscire da queste secche ecclesiastiche?

Al n. 68 il Papa cita l’enciclica Humanae vitae di Paolo VI in riferimento alla paternità responsabile (HV 10) e al n. 81 riprende dal Sinodo il ruolo dell’uomo e della donna, a loro affidato dal Creatore, in merito ad essa: «Secondo l’ordine della creazione l’amore coniugale tra un uomo e una donna e la trasmissione della vita sono ordinati l’uno all’altra (cf. Gen 1,27-28).

In questo modo il Creatore ha reso partecipi l’uomo e la donna dell’opera della sua creazione e li ha contemporaneamente resi strumenti del suo amore, affidando alla loro responsabilità il futuro dell’umanità attraverso la trasmissione della vita umana» (AL 81).

Alla luce di queste premesse il Pontefice al n. 82 precisa che: «L’insegnamento della Chiesa “aiuta a vivere in maniera armoniosa e consapevole la comunione tra i coniugi, in tutte le sue dimensioni, insieme alla responsabilità generativa. Va riscoperto il messaggio dell’enciclica Humanae vitae di Paolo VI, che sottolinea il bisogno di rispettare la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità”» (AL 82).

Qui si rinvia alla bellezza dell’Humanae vitae in merito alla valutazione morale dei metodi contraccettivi, ma l’unico criterio esplicitamente citato è «rispettare la dignità della persona», che si presume sia riferito a tutte le componenti familiari, cioè marito, moglie e figli in atto e figli in potenza.

La «questione dei metodi»

Infine papa Francesco affronta esplicitamente la «questione dei metodi» al n. 222 nei seguenti termini: «L’accompagnamento deve incoraggiare gli sposi ad essere generosi nella comunicazione della vita. Conformemente al carattere personale e umanamente completo dell’amore coniugale, la giusta strada per la pianificazione familiare è quella di un dialogo consensuale tra gli sposi, del rispetto dei tempi e della considerazione della dignità del partner. In questo senso l’enciclica Humanae vitae (cf. 10-14) e l’esortazione apostolica Familiaris consortio (cf. 14; 28-35) devono essere riscoperte al fine di ridestare la disponibilità a procreare in contrasto con una mentalità spesso ostile alla vita […]».

Fin qui il papa richiama il magistero post conciliare soprattutto in chiave di procreazione responsabile rispettosa delle persone, inquadrandola nell’ambito di uno spirito di apertura alla vita. Ma, continuando al n. 222, il papa fa proprie le riflessioni del Sinodo, che si agganciano direttamente alla Costituzione conciliare Gaudium et Spes: «La scelta responsabile della genitorialità presuppone la formazione della coscienza, che è “il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità” (GS 16). Quanto più gli sposi cercano di ascoltare nella loro coscienza Dio e i suoi comandamenti […], tanto più la loro decisione sarà intimamente libera da un arbitrio soggettivo».

Rimane valido quanto affermato con chiarezza nel concilio Vaticano II: «I coniugi [...], di comune accordo e con sforzo comune, si formeranno un retto giudizio: tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli […]; valutando le condizioni sia materiali che spirituali della loro epoca e del loro stato di vita […]. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio, “gli sposi stessi” (GS 50c)». Qui, con le parole del Concilio, viene ribadito che il precetto della procreazione ai fini del «dominio della terra» viene affidato dal Creatore agli sposi, che di conseguenza ne sono ministri e responsabili.

Il controllo delle nascite: non solo i metodi naturali…

E, finalmente concludendo il n. 222 della sua esortazione, il papa introduce la questione dei metodi di controllo delle nascite con un incipit tutto personale «d’altra parte», ma continuando a rifarsi ancora alle parole del Sinodo, che, però, si limitano ad «incoraggiare» le coppie all’uso dei metodi naturali, così come promossi dalla Humanane vitae e dal Catechismo della Chiesa Cattolica: «D’altra parte, “il ricorso ai metodi fondati sui ritmi naturali di fecondità" (Humanae vitae, 11) andrà incoraggiato. Si metterà in luce che “questi metodi rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano la tenerezza fra di loro e favoriscono l’educazione di una libertà autentica” (CCC 2370)».

Dalla essenziale trattazione fatta dal papa, qui emerge l’abbandono del precedente linguaggio magisteriale improntato a termini quali “permesso” e “proibito” e a giudizi morali generali, quale intrinsece malum.: la «categoria del divieto» viene sostituita dalla «categoria dell’incoraggiamento».

I metodi naturali non vengono misconosciuti, ma altri metodi, seppur non citati, vengono subordinati alla coscienza degli sposi e al rispetto della dignità delle persone coinvolte.

Commenti

  • 29/11/2016 paolo.benciolini@unipd.it

    Ci scusiamo per aver letto solo ora questo commento, che condividiamo interamente. Nella nostra riflessione all'interno della rivista "Matrimonio. In ascolto delle relazioni d'amore", non possiamo, tuttavia, non dissentire dal persistere anche nell'A.L. (oltre che nella Relatio Finalis del Sinodo) del testuale, acritico, richiamo all'espressione contenuta nel Catechismo della Chiesa cattolica proposta con valenza generale. Occorre riflettere sul significato e la portata pastorale di queste affermazioni. Ma quali metodi "naturali"? Manca ogni considerazione di ordine psicologico-relazionale. Nelle nostre esperienze consultoriali e pastorali il ricorso a essi è diventato per alcune coppie, che hanno subito acriticamente un indottrinamento, fonte di tensione e disarmonia, talora addirittura sfociate in separazioni e divorzi. Perché dunque continuare a chiamarli "naturali" ed esaltarne (per tutti) i benefici effetti sul "rispetto del corpo degli sposi", la "tenerezza" e la libertà della relazione coniugale quando possono entrare in conflitto con le espressioni (queste sì intimamente e profondamente naturali) dell'amore sponsale, controllando e smorzando l'entusiasmo, l'improvvisazione e l'esuberanza di un gesto unitivo che porta ad assaporare la "letizia dell'amore"?

    Luisa e Paolo Benciolini

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