Per una Chiesa con le donne
La doppia negazione «non senza» ha lo stesso significato di «con», ma passando dal concetto contrario. Che cosa sarebbe se valesse il «senza»? A confronto con una «situazione di senza» riconosciuta come mancanza, la formulazione più elaborata «non senza» acquista un carattere più insistente e deciso: «Per favore, per l’amor di Dio, non senza…».
Michel de Certeau: «Non senza», poiché «mi manchi»
Il filosofo francese e teologo Michel de Certeau usa il giro di parole «non senza» in diverse prospettive. Certeau riconosce l’espressione «non senza» nel linguaggio dei mistici, che avvertono nel profondo del cuore la mancanza di Dio e lo cercano con ardore: «”Mi manchi”. Due parole – una doppia negazione – mostrano il punto focale di questa esperienza: “non senza”. È impossibile senza di te» (1).
Con la stessa formulazione Certeau descrive diverse forme di autorità. Mentre l’«autorità che si declina al singolare» si esterna come unica e rischia di essere scambiata con il «buon Dio», l’autorità al plurale si collega con altre. «Così essa manifesta che non esiste senza le altre e questa necessaria relazione definisce già il suo ruolo nella struttura comunitaria della Chiesa» (2).
«Non più senza le donne»
Il progetto «Per una Chiesa con le donne» collega la preposizione positiva «con» nel suo programma con la complessa formulazione: «Auspichiamo che gli uomini della Chiesa futura non riflettano e decidano più senza le donne riguardo posizione, ruolo e funzione di queste ultime da una parte e riguardo le questioni della Chiesa in generale dall’altra».
È la richiesta di apertura da parte dell’autorità direttiva – nella Chiesa cattolica di oggi rappresentata quasi esclusivamente da uomini – a un agire pluralistico, per poter meglio corrispondere alla struttura comunitaria della Chiesa.
Papa Francesco, che scegliendo la via sinodale si fa inequivocabilmente promotore della pluralità negli organi dirigenti, espresse già nel 2013 il suo rincrescimento per una non adeguata partecipazione delle donne nella Chiesa.
«Io soffro – dico la verità – quando vedo nella Chiesa o in alcune organizzazioni ecclesiali […] che il ruolo di servizio della donna scivola verso un ruolo di servidumbre. […] non si capisce bene quello che deve fare una donna. Quale presenza ha la donna nella Chiesa? Può essere valorizzata maggiormente?» (3).
La sfida è annunciata – il progetto Per una Chiesa con le donne promuove la riflessione per una soluzione (come anche in altre questioni della Chiesa) «non senza» le donne. Le donne non sono infatti oggetti su cui prendere decisioni.
Un processo non senza dialogo
Per una Chiesa con le donne lascia valere il principio «non senza» anche in senso inverso: non è un catalogo di pretese, poiché vuole arrivare a soluzioni non senza dialogo. Questo potrebbe indurre a pensare che il progetto manchi di concretezza. Di fatto nei media questa iniziativa non è così semplice da trasmettere come lo sono altre con obiettivi chiaramente definiti. Tuttavia chi si fa portavoce di cause giuste può giungere a un risultato non senza gli altri. Le «autorità al plurale», come le intendeva Certeau, possono essere efficaci solo interagendo, anche a costo di rallentare i processi.
Il tempo stringe
Il progetto fa presente il fatto che i tempi stringono. Per le donne inserite nel nostro contesto culturale è scontato partecipare formalmente in modo equiparato e contribuire ai processi decisionali in qualsiasi ambito, aspettandosi dalla società che eventuali rimanenti situazioni di squilibrio vengano risolte. Poiché le donne sentono la mancanza di un tale atteggiamento nella Chiesa, esse se ne distaccano, come diagnosticato ad esempio da suor Margareta Gruber: «Le giovani donne non conducono più una discussione sulla concessione di permessi, come la mia generazione ha fatto, ma sulla possibilità concreta di partecipare: […] esse offrono i loro talenti e capacità; se nella Chiesa tuttavia non trovano chi le ascolti si rivolgono silenziosamente altrove» (4).
Coloro che s'impegnano nel progetto Per una Chiesa con le donne non si rassegnano tuttavia a questo allontanamento: non vogliono rinunciare a queste donne, che all’interno della Chiesa, ai suoi margini o non di rado già al di fuori hanno perso ogni legame con la Chiesa, perché in essa non trovano spazio.
Iniziare il cammino
Questo progetto segna una tappa importante, non afferma soltanto la necessità per la Chiesa di incamminarsi sulla strada della compartecipazione delle donne ai processi decisionali. Sette donne e un uomo sono già sulla strada per Roma, e non sono rimasti soli. Dall’inizio del pellegrinaggio, iniziato il 2 maggio a San Gallo, 650 donne e uomini si sono uniti, per almeno una tappa giornaliera, al gruppo principale.
Il 2 luglio 2016 il gruppo di pellegrini farà il suo ingresso a Roma in una giornata di pellegrinaggio che culminerà con una celebrazione in Vaticano a cui parteciperanno suor Margareta Gruber OSF, i vescovi Felix Gmür di Basilea e Markus Büchel di San Gallo, come anche l’abate benedettino Jeremias Schröder. Il desidero è quello di terminare la giornata non senza papa Francesco: i pellegrini sperano di poter consegnare al pontefice personalmente le speranze e le visioni legate al progetto. Rimane ancora da vedere se sarà possibile.
[1] Michel de Certeau: GlaubensSchwachheit. Stuttgart 2009 (ReligionsKulturen 2), 103.
[2] Certeau, GlaubensSchwachheit 110f.
[3] Discorso di Papa Francesco, 12.10.2013: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2013/october/documents/papa-francesco_20131012_seminario-xxv-mulieris-dignitatem.html (25.05.2016).
[4] Margareta Gruber: «Frau, dein Glaube ist gross». Ermutigung zu einer Konversio. In: Franz-Josef Bode (Ed.): Als Frau und Mann schuf er sie. Über das Zusammenwirken von Frauen und Männern in der Kirche. Paderborn 2013, 37-54, 48.