Pasqua: energia per la resistenza
Ancora dinanzi a noi una Pasqua in tempo di pandemia (anche se quest’anno con le celebrazioni possibili, pur con restrizioni sulle forme e gli orari).
Ancora, dopo un anno: un tempo lunghissimo, che ben pochi avevano previsto.
Ancora, ogni giorno (per quanto ancora?), ogni giorno tanti morti in Italia e nel mondo. Tanti, troppi i cammini interrotti, troppe le persone care che non rivedremo più.
Se un anno fa questo tempo sospeso suscitava stupore, paura, ma anche interrogativi sulle sue potenzialità per il futuro, adesso ci riesce sempre più difficile cogliere elementi di positività in quest’interruzione della quotidianità che ormai si prolunga da troppo tempo. Il lavoro, la socialità, la formazione e la scuola, la vita associativa ed ecclesiale: troppi gli ambiti pesantemente colpiti dalla pandemia o ridimensionati dalle misure necessarie a farvi fronte.
Logorati
Non stupisce la sensazione di logoramento che colpisce tanti soggetti e tante istituzioni: ormai ci sentiamo come se le risorse civili fossero agli sgoccioli. La stessa incertezza che alcuni manifestano dinanzi ai vaccini – ben poco motivata dal punto di vista scientifico o dei dati statistici – appare soprattutto come un sintomo di un tessuto civile reso ormai fragile dal perdurare di una condizione anomala e difficilmente sostenibile. Risulta francamente incomprensibile che ancora vi sia chi possa pensare di operare nell’ambito della cura di persone fragili senza fare tutto il possibile per immunizzare sé e altri contro il contagio.
Perché, al contrario, il graduale progredire della vaccinazione diffusa è forse l’elemento che più ci consente di guardare al futuro; l’investimento di tempo, risorse ed energie in tale direzione è ciò che permette di intravvedere una via d’uscita dal tunnel.
Resistenza, speranza
Questa, dunque, è la sfida in cui ci troviamo: resistere alcuni mesi, reggere in vissuti anomali, in attesa di poter recuperare in sicurezza quella vita che ora vede tante dimensioni messe in parentesi, sospese. Mai come in quest’anno, in questa fase di attesa, comprendiamo la forza della speranza, la sua importanza per la vita civile – oltre che per le esistenze personali.
Perché speranza significa capacità di guardare al di là della distretta presente, per cercare – e assieme progettare – un futuro diverso, che consenta di tornare a respirare liberamente. In essa si radica quindi anche quel tessuto vitale, a partire dal quale anche l’etica vive e si dispiega.
Ecco allora ciò che porta in dono la Pasqua in questo tempo di pandemia: la forza di una speranza che sa protendersi persino oltre la morte; la fiducia in un futuro possibile anche quando ogni via sembra preclusa.
Non è una via che ci strappi miracolosamente dalla contraddizione, ma la possibilità di vivere anche la contraddizione in modo salvifico. È la forza che anima il Salmo 125, quando canta il coraggio di chi anche nel dolore sa seminare, già pregustando il frutto vivificante, che solo più avanti (dopo mesi…) potrà raccogliere.
Per questo celebreremo con intensità particolare – anche se in forme essenziali e in orari certo non notturni – la veglia pasquale, come germe e caparra di una vita che tenacemente attende di potersi dispiegare liberamente, senza per questo cessare, nell’attesa di praticare la cura, la solidarietà… di resistere.
Simone Morandini è coordinatore del progetto «Etica, teologia, filosofia» della Fondazione Lanza e insegna all’Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia; è coordinatore del blog Moralia.