Parole (im)politiche: tempo
Ripensare l’etica politica e le parole che la informano: questo l’invito del presidente ATISM, Pier Davide Guenzi, nell’intervento su Moralia del 6 settembre 2018. Vorremmo accogliere tale orientamento nell’orizzonte di una prospettiva di etica civile (su cui già in diverse occasioni ci siano trovati a riflettere).
È l’idea – già di Aristotele – di un’amicizia politica, che sta a monte della pluralità delle opinioni su come governare la cosa pubblica, e che anzi la informa e la sostiene.
In questo quadro la personale responsabilità per le specifiche azioni compiute nello spazio politico s’inscrive sempre in una delicata rete di legami – interpersonali, ma anche sociali e giuridici (e pure ecologici, secondo l’enciclica di papa Francesco Laudato si’) – che tale agire è chiamato a custodire e coltivare.
Per questo la tradizione dell’etica politica ha sempre valorizzato una virtù come la prudenza, indicandola come essenziale per chi è chiamato a occuparsi di ciò che è comune. Non si tratta qui – come pensa un facile buon senso – della pavidità di chi teme di scegliere, ma della virtù che sa farlo con saggezza e ponderazione.
La prudenza chiede allora al buon politico un rapporto coraggioso e articolato col tempo, orizzonte di un agire moralmente qualificato. Emerge una tensione, ben espressa dalle due parole su cui vorremmo concentrarci qui: lungimiranza e duttilità.
Lungimiranza
– La politica è visione, sogno; è indicazione di una prospettiva di cura di ciò che vale e di cambiamento dell’inaccettabile. La proposta politica – quando non nasca solo dal malessere, dal risentimento o dalla cura di interessi particolari – è quindi sempre pro-getto, positivamente teso al futuro, a possibili scenari di buona vita assieme.
– Tale orizzonte di speranza dell’agire politico lo lega per sua natura a tempi lunghi: domanda di integrare elementi differenti, raccogliendoli in una sintesi comunicativamente efficace, ma con la coscienza che essa non si fa storia in un sol giorno. C’è, dunque, un’istanza di gradualità che mai può, però – per il buon politico – estenuare l’orizzonte lungimirante del progetto. Esso costituirà piuttosto l’asse di riferimento, il criterio regolatore su cui ognuno dei passaggi specifici andrà misurato; sarà elemento di trasparenza per il cittadino che potrà valutare i gesti di chi lo rappresenta ed esprimersi con competenza, ogni qual volta è opportuno.
Duttilità
– E tuttavia la lungimiranza non basta, se non si accompagna alla parola complementare: duttilità. Essa dice della capacità di esplicitare la visione e il sogno nella concretezza delle situazioni, operando discernimento nello spazio politico. Val la pena di ricordare il richiamo di papa Francesco alla superiorità del reale rispetto all’ideale: non per legittimare pragmatismi ciechi ai valori, ma per dire dell’insostenibilità di approcci puramente ideologici, sordi agli appelli del reale. Il Novecento testimonia dei rischi totalitari cui essi sono esposti.
– In questo senso il buon agire politico non può essere definito a priori, da una stipulazione di obiettivi fatta una volta per tutte, ma si esprimerà nella quotidianità delle scelte cui il reale pone di fronte. Buon politico è chi sa rispondere efficacemente ogni giorno a quanto richiesto dalla sua agenda, pur senza cessare ogni giorno di orientarne le priorità al progetto che lo muove.
Il rischio: immediatezza rigida
È questa una tensione costitutiva della politica, ma che forse dobbiamo ancora imparare a vivere costruttivamente nella società della comunicazione veloce. Diversi osservatori denunciano il rischio dell’immediatezza, di un presentismo appiattito sull’ultima immagine urlata, immemore del passato ma anche incapace di orizzonti di futuro e di progetto. Esso legittima poi una rigidità semplificatrice, convinta che alla politica bastino poche indicazioni, slogan universalmente applicabili a prescindere da competenze e passaggi necessari per valutarle e metterle in opera. Un’accoppiata infelice, che rivela la sua fragilità nell’incapacità di cogliere lo spessore di problemi globali – si pensi al mutamento climatico – e analisi di ampio respiro, ma anche di rispondere efficacemente alle sfide del quotidiano periodo.
Così la tensione creativa tra lungimiranza e duttilità si estenua in un linguaggio emozionale ed enfatico, fragile supporto per scenari a breve termine e linee d’azione cui un discernimento attento guarderebbe con seria preoccupazione.
C’è davvero bisogno di una rinnovata, coraggiosa, creativa prudenza politica, capace di supportare la ricerca del bene comune – col suo complesso rapporto col tempo – in un cambiamento d’epoca che trasforma profondamente la politica. Difficile – in sua assenza – essere all’altezza della complessità esigente delle agende politiche del nuovo millennio.