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Moralia Blog

«Non ho tempo!». Dalla disperazione alla speranza

Il leitmotiv che spesso sintetizza le nostre giornate, e giorno dopo giorno rischia di riempiere la nostra vita, si esprime in tre semplici parole: non ho tempo! Il tempo ci manca e la fretta tende a essere la cifra delle nostre azioni e delle nostre relazioni. Non avere tempo e ricercare il tempo, soprattutto quello definito dall’aggettivo libero, è la caratteristica della società postmoderna in Occidente.

Ma che cos’è il tempo? Certamente non è un oggetto, ma neppure un semplice pensiero; piuttosto, semplicemente, è qualcosa che non è mai del tutto disponibile.[1] Lo si vive in termini di mistero indisponibile all’uomo. Quest’ultimo è caratterizzato dal tempo, ma non ha il tempo in quanto non lo possiede.

Eppure il tempo è la condizione della vita, e vivere non solo nel tempo ma il tempo, acconsentendo a esso, è la sola opportunità per giocarsi seriamente nella vita e non limitarsi solo a esistere. Una vita che presenta, nel suo svolgersi, promesse e sfide in un susseguirsi di tempi[2] non omogenei ma, al contempo, caratterizzati da un’intrinseca necessità.

Abitare il tempo

Il tempo, nella sua essenza, è dunque il contrario di ciò che viene propagandato nell’epoca attuale, cioè uno spazio vuoto che la libertà umana dovrebbe semplicemente riempire. Dentro il tempo, che è la sua condizione di esistenza, l’uomo, ciascuno di noi, è chiamato a decidersi per decidere. Dalla decisione di come abitare il tempo, da estranei o da familiari, da spettatori o da protagonisti, dipendono tutte le altre decisioni che portano a cogliere la vita nella sua estensione storica non in termini d’insensatezza – perché diretta verso la sua fine cioè la morte –, ma in termini di significato, perché occasione di salvezza.

Per abitare il tempo occorre, dunque, acconsentire a volere il tempo: ogni tempo nella sua intima necessità ed eterna profondità.[3] E questa è la realtà della speranza, intesa come capacità di acconsentire al tempo, e a questo tempo finito compreso alla luce dell’infinito, dell’eternità.

Il rischio è stare a guardare la vita che scorre. E si sta a guardare in due modi ugualmente disperanti: senza volere né scegliere nulla, semplicemente sfarfallando di esperienza in esperienza, o al contrario – ma raggiungendo gli stessi esiti – sottoponendo ogni esperienza finita a una valutazione previa sulla base di criteri idealizzati. In realtà solo se l’esistente è scelto e voluto con un impegno di sé duraturo, per sempre, anche a rischio di sé, può dischiudere l’esperienza del darsi di un senso per quanto misterioso e inafferrabile.

Acconsentire al tempo

In questo consiste l’inevitabile destino morale dell’uomo: non poter non scegliere, non potersi sottrarre alla decisione, che è sempre anche decisione di sé.[4] È in questa prospettiva che il non avere tempo può uscire dalla dimensione della disperazione per il tempo che fugge e diventare modo di vivere l’umano in pienezza. Riconoscere infatti di non possedere il tempo, ma scegliere di abitarlo è, contemporaneamente, un bisogno, un diritto e un dovere dell’uomo, e consente di fare dell’indisponibilità del tempo un’opportunità di vita.

Questa è la speranza. Anch’essa richiede una scelta non sottratta al rischio di sé. Richiede di giocarsi fino in fondo nel tempo per il tempo; richiede, cioè, di dire un «sì» infinito al tempo finito; non possedendolo ma lasciandosi interpellare dai suoi tempi, che giungono all’uomo come una parola attraversata da una sua indisponibile necessità.[5] Una parola che prende la forma degli avvenimenti e il volto dei fratelli che chiedono di decidersi nella e per la relazione, che dischiude possibilità sempre nuove.

Acconsentire al tempo e a questo tempo permette di ritrovare in esso, nelle sue promesse e nelle sue sfide sempre congiunte, qualcosa che va oltre: quella possibilità di comunione più profonda con sé, gli altri, il mondo e Dio. In questo l’uomo ritrova, come un dono, se stesso e il senso del suo esistere, di cui la morte è cifra di significato, non disperazione ultima.

 

[1] S. BIANCU, Presente. Una piccola etica del tempo, San Paolo, Milano 2014, 11.

[2] Dal nascere al morire, dalla veglia al sonno, dalla decisione alla fedeltà a essa…

[3] S. BIANCU, Presente, 13.

[4] Ivi, 55.

[5] Ivi, 115.

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