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Moralia Blog

Mediolanum delenda: black bloc ed Expo

Oggi era il mio turno di pubblicazione del post. Avevo scritto su Expo, sui valori a cui ci richiama e alla loro elaborazione. Ma i violenti fatti svoltisi a Milano si sono imposti. Non è facile, tuttavia, ragionare lucidamente ed eticamente, in questi ultimi giorni. Almeno per me. Sono nata a Milano, vivo a Milano. Insegno a Milano (proprio nella zona colpita ieri, in cui abita, tra l’altro, la maggior parte dei miei ragazzi). La mia città, ora, sta contando i danni materiali, sta curando le ferite di ieri, sta elaborando le sue intense emozioni.

Per noi milanesi, Expo non ha avuto inizio oggi. Sono mesi che subiamo i disagi e godiamo dei vantaggi che l’evento inaugurato venerdì 1° maggio ci ha presentato. Ugualmente porteremo con noi, dentro di noi, Expo ben oltre il 31 ottobre, nel bene e nel male. E porteremo a lungo la violenza di ieri dentro (e fuori) di noi.

La condanna alla brutalità di ieri è unanime. Tuttavia non possiamo assimilare tutti i partecipanti alla manifestazione “No-Expo” di ieri a quel gruppo di persone (circa 500 secondo la Questura) che è giunto a Milano esclusivamente per seminare devastazione e terrore. Ed è evidente come lo scopo fosse quello di distruggere (in particolare i simboli del capitalismo, anche se poi hanno colpito essenzialmente proprietà private), non quello di manifestare. Distruzione fine a se stessa. Black bloc, “blocchi neri”, dal volto – luogo di riconoscimento dell’altro – coperto (per vigliaccheria), che mi fa pensare all’assenza di umanità. Scriveva Emmanuel Lévinas, in L’epifania del volto:

Nel semplice incontro di un uomo con l’altro si gioca l’essenziale, l’assoluto: nella manifestazione, nell’«epifania» del volto dell’altro scopro che il mondo è mio nella misura in cui lo posso condividere con l’altro. E l’assoluto si gioca nella prossimità, alla portata del mio sguardo, alla portata di un gesto di complicità o di aggressività, di accoglienza o di rifiuto.

Non solo il volto coperto, ma anche il capo, la testa. La stessa ideologia dei black bloc è oscura, incomunicabile e incomunicata, o meglio presentata nella forma più estrema: violenza fine a se stessa. Nichilismo nella sua pura essenza. Hannah Arendt parlava di banalità del male. Se possiamo – talora – parlare di banalità del male relativamente alla sua genesi, non dobbiamo arrenderci e considerare banale la sua manifestazione, come azzeramento della facoltà di pensiero e di giudizio nelle persone. L’antidoto a questa distruzione, a questo male fine a se stesso è possibile se resta viva nell’individuo la capacità critica di pensare.

Rabbia, indignazione, impotenza, paura… sono le emozioni che ci hanno accompagnato per molte ore. E la prima risposta emotiva era al limite della legge del taglione: “a cotanta violenza si deve rispondere con altrettanta violenza”. Anche se capisco benissimo questo primo istinto, a livello psicologico, emotivo, non riesco, tuttavia, a non assimilarlo a quella banalità del male contrassegnata dall’assenza di pensiero appena denunciata. Ora, però, si stanno facendo spazio altre riflessioni e quindi altri criteri, altri valori: solidarietà, orgoglio, desiderio di tornare alla normalità… E forse abbiamo anche l’occasione di imparare e vivere anche un po’ di empatia verso quelle zone continuamente disastrate dalla guerra, che non ci appaiono ora più così lontane. Abbiamo l’occasione di coniugare dialetticamente emotività e riflessione, senza cadere in uno dei due estremi, che rischia di essere estremamente dannoso per la ricerca dell’eticamente giusto.

Abbiamo l’occasione di stare nel mondo a volto e testa scoperti. 

Commenti

  • 04/05/2015 paola.cara97@libero.it
    Da milanese, ringrazio per questa riflessione che in se stessa - non solo nei contenuti ma anche nella forma - propone un equilibro tra razionalità ed emotività, ma soprattutto evita di scadere in quella strumentalizzazione (della manifestazione, della risposta di cittadinanza attiva dei milanesi...) cui stiamo tristemente assistendo, per tornare alle radici dell'umano, del volto. Mi piacerebbe leggere su Moralia un post di approfondimento sulla banalità del male: è possibile? Paola C.
    Risponde l'autore
    I fatti violenti milanesi sollevano diverse questioni etiche, non ultima, come ricorda giustamente Lei, la strumentalizzazione politica e mediatica solo di alcuni aspetti (senza tener conto del contesto o della complessità). Non potevo affrontare tutte le questioni in questo post, ma ho cercato di riportare la questione alle origini dell'umano e alle sue molte sfaccettature. Nel mentre scrivevo, mi è venuto in mente il Pensiero 253 di Pascal "Due eccessi: escludere la ragione, non ammettere che la ragione". Penso possa valere anche per l'emotività. Ritengo che la ricerca etica debba tener conto di tutte le componenti umane (ragione, emozioni, psiche, relazioni...) debitamente inserite nel loro contesto socio culturale. O, parafrasando il discorso di papa Francesco proprio in occasione dell'apertura di EXPO: "la ricerca etica non sia solo un tema (o uno sfogo di istinti) ma sia sempre accompagnato dalla coscienza e dalla ricerca dei volti.

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