m
Moralia Blog

L’uomo rispetta la natura perché Dio rispetta l’uomo

Romano Guardini (1885-1908) è il teologo cattolico più citato nella Laudato si’. Nell’enciclica si utilizza esplicitamente il breve saggio del 1950 La fine dell’epoca moderna (ed. it. Brescia 1993), che, nell’originale tedesco, ha come sottotitolo Un saggio orientativo (Ein Versuch zur Orientierung). La riflessione di Guardini non guarda con l’occhio dello storico ai segni di crisi della modernità, ma considera le ricadute sulla natura, sulla persona e sulla cultura dei processi innescati dal suo moto involutivo. Per il teologo italo-tedesco si tratta di orientare, dunque, non soltanto di censurare, le dinamiche dei “tempi moderni” che «volgono alla fine» (p.53) con uno sguardo, quello proprio della Weltanschaung cristiana, che - senza rinunciare ad una severa riflessione sugli esiti negativi - sappia aprire alle positività dischiuse dalla forma di vita (post)moderna. L’esercizio critico, pertanto, non può essere separato dallo sforzo orientativo che può provenire da uno “sguardo”, quello «che diviene possibile a partire dalla fede sulla realtà del mondo» (R. Guardini, Appunti per una autobiografia, Brescia 1986, 52-53), in grado di cogliere quanto potrebbe sfuggire ad altre prospettive di pensiero. La Laudato si’ è pertanto un invito a riprendere altri testi di Guardini. Tra di essi certamente Mondo e persona (1950), Libertà, Grazia e Destino (1949) e Pascal (1950), all’origine del saggio su La fine dell’epoca moderna.

Guardini influenza la riflessione di papa Francesco sulla condizione contemporanea, per delineare “la radice umana della crisi ecologica” (III capitolo), e introduce alla “spiritualità ecologica” proposta nel V capitolo, sebbene, in entrambi i casi, con un’autonomia riflessiva. Nel primo caso, il pontefice assume la sostanza dell’argomentazione critica guardiniana sul potere pervasivo della tecnologia, al quale si consegna automaticamente il destino dell’umanità, senza una corrispondente educazione al senso del limite connesso all’esercizio del domino umano (Laudato si’ 105, 108, 115). Nel secondo caso la disamina di La fine dell’epoca moderna rappresenta la premessa per l’invito a ridefinire “stili di vita” improntati ad una rinnovata alleanza tra umanità e ambiente, avviando l’auspicata e urgente “conversione ecologica” (ivi 203, 219).

Qualcosa di inutilizzato

Tuttavia l’impressione è che qualcosa del potenziale argomentativo introdotto nel saggio del 1950 resti inutilizzato o, perlomeno, non adeguatamente accolto nei riferimenti dell’enciclica. Solo a titolo esemplificativo, lo sforzo di ridefinire il protagonismo dell’azione umana sulla natura, in una forma di “dominio”, come Guardini più volte ribadisce, che certamente rinunci ad una autonomia dispotica, ma sappia assumere il compito originario, scaturito dalla parola creatrice di Dio, della «responsabilità per il mondo davanti a Dio» che l’uomo è chiamato ad esercitare in forza della dell’appello dialogico all’origine del proprio essere (cfr. Guardini, Mondo e persona, Brescia 2000, 49). Così anche la fine della modernità chiede di essere orientata verso una forma di vita che, da una parte, richiede una “concentrazione” sul proprio io, alla ricerca di quell’essenziale dell’umano che non può essere dissipato e, dall’altra, comporta la ridefinizione del legame sociale secondo la quale «la forma determinante dell’umano non è più l’individuo pienamente sviluppato, ma i molti, simili gli uni agli altri» (La fine dell’epoca moderna, p. 63). Aspetti questi certamente presenti in altra forma nel magistero di papa Francesco, ma che contribuiscono ad arricchire, con altri, la lettura dei testi guardiniani operata dal pontefice.

Ritrarsi

  Guardini ha sostenuto che la cultura umana non ha come atto fondativo il dominio e l’espansione del sé: «ogni vera cultura comincia con il fatto che l’uomo si ritrae. Non si spinge avanti, non afferra e rapisce per sé, ma crea quella distanza dove, come in uno spazio libero, può apparire chiaramente la persona con la sua dignità, l’opera con la sua bellezza, la natura con la sua potenza di simbolismo» (Virtù, Brescia 1997, 68-69). Tale atto di ritrarsi, per lasciar essere l’altro da sé, è proprio dell’atto creativo di Dio. Il primo atto di rispetto, così, è quello di Dio nei confronti dell’uomo. È a partire da esso che l’uomo può comprendere la responsabilità e il rispetto nei confronti degli altri esseri e di tutto il creato. «Il rispetto di Dio si esprime nel fatto che Egli ha fatto l’uomo libero. Dio vuole l’uomo come sua immagine, vale a dire come intelligente e capace di responsabilità. In questo si esprime una divina volontà di rispetto, giacché Egli avrebbe pur potuto creare l’uomo in modo che fosse vincolato al bene. […] Allora il mondo sarebbe stato un’opera d’arte tutta armonia e bellezza; ma vi sarebbe mancata la meraviglia della libera creatura ed egualmente l’atteggiamento di Dio a suo riguardo, un atteggiamento che potremmo tentare di esprimere dicendo: Dio rispetta l’uomo» (ivi, 76).

 

Pier Davide Guenzi

Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – sezione parallela di Torino

 

Tag Ecologia

Commenti

  • 02/08/2015 marieoliveira.2011@hotmail.com
    Meraviglioso! grazie mille! Vou estudar mais o Italiano, essa bela língua latina, para poder comentar mais, e aprender mais com vocês! DEUS abençôe e proteja a ITALIA e os italianos! Amém! AUGURI!

Lascia un commento

{{resultMessage}}