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Moralia Blog

Lo Jonio e la vasca: quando il creato parla a tutti

Domenica 5 luglio, giornata di mare. Lo Jonio è uno specchio d’acqua tra i più belli. Il mare compare mozzafiato tra l’asprezza della natura selvaggia delle montagne calabresi, nelle cui grotte Cassiodoro sperimentò una forma di vita cenobitica. Leggere, anzi rileggere, l’enciclica Laudato si’ immersi nella bellezza che irradia il creato dà vita al testo di papa Francesco.

In questa proposta di una rinnovata “spiritualità ecologica” l’uomo si riscopre prezioso tassello nel grande mosaico dell’ambiente naturale. Non una meditazione “sul” né una preghiera “per”, bensì una relazione “con”… il creato.

Che, poi, la preposizione “con” è propria di ogni vera e sincera esperienza d’amore che si fa dialogo, incontro, parola, a partire dal quel Dio-trino manifestatosi Verbo incarnato: è sempre, ogni volta, espressione d’amore! Adottare un modo di agire “integralmente” ecologico – nelle relazioni con la natura e in quelle con le persone umane e gli altri esseri viventi – è per papa Francesco lo specifico della fede cristiana.

Lo stupore di fronte al sublime

Ma ritorniamo allo Jonio e alle sue acque. A guardarlo suscita meraviglia inaudita. C’è chi parla di sublime, ossia di quella potenza, anche demolitrice, della natura, che nel momento stesso in cui l’uomo rispetto a essa si scopre capace di riflessività, e quindi di ammirazione, si fa stupore.

Eppure – l’esempio è mutuato dal filosofo del diritto Ronald Dworkin – proveremmo ancora la stessa meraviglia se scoprissimo domani che lo Jonio è una grande, grandissima, vasca artificiale realizzata da qualche casa di produzione cinematografica? Probabilmente no.

Perché la bellezza della natura non è data né dalla consapevolezza che Qualcuno è l’artista né dai suoi canoni costitutivi. Ossia: la rosa è bella non per la sua struttura, che potrebbe essere pure ripetibile, ma semplicemente perché è … una rosa. E all’amata, a prescindere se riconosca o meno l’esistenza di un dio, farà più piacere ricevere un mazzo di fiori naturali che artificiali.

Un’enciclica universale

C’è insomma un valore oggettivo, un senso, che permea tutta la realtà circostante. E se per l’ateo, che pure propone una particolare spiritualità, ancorché senza Dio, non sarà essenziale comprendere che cosa sia tale “valore”, per il credente esso è l’impronta stessa di un Dio creatore.

Nondimeno credenti e non credenti hanno consapevolezza della necessità di questo “senso” che permea la natura, tanto che Francesco può rivolgere la sua enciclica a “tutti” senza paura di non essere compreso.

Riecheggia l’idea di “ecosofia” coniata da Raimon Panikkar, nel suo percorso tra Oriente e Occidente, che invita l’uomo a mettersi in ascolto della saggezza della terra in una dimensione “cosmoteandrica”. Vale a dire l’insieme del Cosmo (l’universo), dell’Uomo (il sé), e di Dio (il mistero).

In ogni modo la natura parla a tutti, suprando ogni diversità culturale e religiosa, di latitudine e di longitudine. E questo Bergoglio l’ha capito e ha scritto un’enciclica davvero cattolica, cioè universale. 

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