Libertà e Chiesa negli USA al tempo della pandemia
Nel corso di storia del cattolicesimo negli USA che insegno ai miei studenti alla Villanova University, uno dei testi obbligatori è un classico, Catholics and American freedom di John McGreevy (docente alla University of Notre Dame).
Negli studi sul cattolicesimo americano, le parole «freedom» e «liberty» ricoprono un ruolo centrale.
Da un lato la storia degli Stati Uniti comincia con una rivendicazione di libertà che precede la Rivoluzione francese e fonda il ruolo di questo paese nella storia globale come «faro delle libertà», in un rapporto ambiguo con il concetto di impero, adottato sotto altro nome durante il «secolo americano» che fu il Novecento.
Dall’altro lato, per il cattolicesimo americano si era posto, a partire da metà Ottocento e poi in maniera diretta durante il Novecento, il problema di come essere americani e allo stesso tempo anche fedeli di una Chiesa apertamente ostile (almeno fino al concilio Vaticano II) al linguaggio dei diritti e delle libertà.
La questione non è solo storica o storiografica, ma è tornata di attualità negli ultimi anni qui negli Stati Uniti, il paese in cui vivo dal 2008. La storia delle cosiddette «culture war» tra conservatori e progressisti in America inizia negli anni Settanta, ma ha conosciuto, specialmente nell’ultimo decennio, un’ulteriore tappa: quella del ritorno della cultura cattolica conservatrice a un’idea del rapporto tra Chiesa e libertà che riflette molto più la teologia preconciliare che quella del magistero conciliare e post-conciliare, specialmente sul tema della libertà religiosa.
È sufficiente guardare al dibattito recente attorno a un documento fondamentale sul ruolo della Chiesa nel mondo contemporaneo, la dichiarazione del Vaticano II Dignitatis humanae sulla libertà religiosa, un testo che tanto deve alla riflessione e all’esperienza dei cattolici americani nel Novecento.
Nella letteratura recente proveniente dagli Stati Uniti (ma anche dall’Inghilterra – la vasta «anglosfera» che si contraddistingue dalla teologia europea continentale) è evidente il tentativo di interpretare il magistero conciliare e post-conciliare alla luce di un’ideologia religiosa di supremazia politica della Chiesa sull’ordine temporale, in una sorta di neo-temporalismo post-moderno.
Il punto di partenza era la polemica contro l’individualizzazione radicale dell’idea di libertà, specialmente sulle questioni di difesa della vita. Oggi il punto di arrivo è la delegittimazione di ogni istanza che non sia riferibile o riconducibile a un cattolicesimo neo-integralista, il solo che può fornire legittimità morale alle autorità politiche. Si consideri che queste non sono posizioni isolate di qualche blogger: sono espresse da giovani ma già affermati docenti in importanti università come Harvard, Notre Dame e la Catholic University of America.
Non è chiaro se la pandemia liquiderà il sistema economico-politico neoliberale. È chiaro che essa pone la questione del futuro di questo anti-liberalismo cattolico che, negli Stati Uniti d’America specialmente, non è altro che il tentativo di nobilitare un sistema di pensiero anti-liberale ma profondamente libertario.
Se si guarda alle posizioni politiche espresse dagli esponenti di questo anti-liberalismo neo-integralista cattolico negli Stati Uniti, è evidente come l’autorità della Chiesa sia invocata quando si tratta di aborto ed eutanasia, mentre non viene invocata quasi mai quando si tratta di accesso universale alle cure mediche, controllo delle armi, difesa del creato.
È chiaro che la risposta alla pandemia attribuisce allo stato, su scala globale, un ruolo preminente con cui la Chiesa non può e non deve competere quanto a difesa della salute e dell’ordine pubblico. In Italia, nonostante alcuni iniziali tentennamenti da parte di importanti pubblici intellettuali del cattolicesimo, l’emergenza non ha scosso le fondamenta del sistema d’intesa cordiale tra Stato e Chiesa cattolica. Temo che non sarà così in America, dove le radici della cultura della libertà hanno prodotto frutti di ideologia libertaria anche in quei circoli intellettuali e clericali che si appellano all’autorità del magistero della Chiesa.
Massimo Faggioli è storico della Chiesa e insegna teologia e studi religiosi alla Villanova University di Philadelphia (USA).