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Moralia Blog

L'etica, l'equilibrio, il funambolo

Talvolta si guarda al linguaggio morale con fastidio, come fosse una realtà intrusiva, che si imporrebbe a forza – in modo indebito, quasi violento – sullo spontaneo dinamismo della vita. In tale prospettiva l'etica mirerebbe solo a disciplinare la vitalità che ci muove, finendo però per costringerla in direzioni troppo anguste – una realtà superflua e anzi dannosa...

Basta poco per rendersi conto della superficialità di tale approccio e cogliere invece quanto profondamente tale linguaggio si innesti nei nostri vissuti, fin da quelli elementari. L'istanza morale si rivela così come radicata al cuore della vita stessa – come ripresa riflessiva di significati emergenti dalla nostra biologia, prima ancora che da dinamiche psichiche. Lo testimoniano alcune espressioni, spesso utilizzate per situazioni o persone, passando – senza neppure rifletterci – da valenze puramente descrittive all'associazione di densi significati etici.

Una parola polivalente

Si pensi, ad esempio, alla parola equilibrio, presente in contesti molto diversi: dal linguaggio scientifico, dove indica una condizione (più o meno stabile) per un sistema fisico o chimico, all'uso che ne facciamo per dire del tentativo di mantenerci in posizioni non facili ("restare in equilibrio"). Ne evidenzia numerose valenze l'elegante catalogo della mostra "Equilibrium" del Museo Salvatore Ferragamo (ed. Skira), quasi una fenomenologia dello stare e del camminare. 

Comprendiamo così quanto naturale sia il passaggio a un senso psicologico dell'espressione ("ritrovare un equlibrio interiore"), ma anche a uno morale, quasi sempre positivo. Chi dice equilibrata una determinata persona non parla generalmente di una condizione fisica bilanciata; più probabilmente indica un soggetto dal carattere stabile, portatore di convinzioni meditate e capace di individuare ciò che è giusto senza unilateralità, ma soppesando invece con cura i fattori in gioco. 

Non a caso tale prospettiva viene assunta anche nella riflessione morale più elaborata. La figura della medietas cara a una tradizione etica classica interpreta ad esempio le virtù come punti di equilibrio, distanti da posizioni estreme. Per un filosofo politico contemporaneo come John Rawls assume un ruolo importante l'idea di equilibrio riflessivo, risultante da un meditato discernimento di istanze morali: quello che potremmo indicare – con parole provenienti da analoga area semantica – come uno sforzo di bilanciamento tra diversi fattori, in un'attenta ponderazione. Ne comprendiamo tutta la rilevanza etica quando per converso vediamo scelte unilaterali, frettolose, prese senza cogliere la complessità dei problemi (e allora, alla luce delle conseguenze, le diciamo squilibrate).

Una metafora poco dinamica?

Certo, pensando l'etica in termini di equilibrio non si resterebbe comunque impigliati nelle obiezioni viste all'inizio? Non sarebbe una figura molto conservatrice dell'etica? una sottolineatura della stabilità che ostacolerebbe la comprensione morale del cambiamento? Sarebbe un grave rischio per una morale che troppo spesso si è declinata come difesa dell'esistente (o anzi, rimpianto del passato) di fronte a mutamenti avvertiti come destabilizzanti...

Tale approccio però non coglie però appieno cosa sia l'equilibrio per gli esseri umani. Lo stesso testo precedentemente accennato evidenzia come per essi non sia una condizione immota come per i corpi inanimati e neppure di quella naturalmente stabile dei quadrupedi. Bipedi, gli umani possono mantenersi eretti solo in un continuo gioco di spinte e controspinte, di cambiamenti e di aggiustamenti per una posizione che è costitutivamente fragile.

E anche quel delicato equilibrio che costituisce la nostra identità non dice tanto – lo sottolineava efficacemente un pensatore come Paul Ricoeur – il restare sempre identici a sé stessi, quanto piuttosto il dinamismo di un orientamento mantenuto stabile entro la complessità del mutamento. Fa pensare alla figura del funambolo, che – proprio per muoversi lungo il proprio arduo sentiero – deve curare costantemente il proprio dinamico equilibrio, ritrovandolo, fragile e prezioso, a ogni passo.

In equilibrio

Pensare fino in fondo la dimensione fisica e biologica delle metafore etiche può insomma aiutare anche a coglierne le valenze propriamente morali. Ne emerge una figura attenta a tenere assieme il radicamento nella vita e il compito di orientarla con sapienza; l'istanza di stabilità e il dinamismo creativo. Una figura di etica, insomma, tesa essa stessa all'equilibrio di istanze diverse.

Tag Etica

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