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Moralia Blog

L’esitazione vaccinale e come superarla

La concreta possibilità di vaccinare su ampia scala la popolazione, realizzatasi di recente e in assenza di un obbligo vaccinale, ripropone il problema dell’adesione a tale prassi.

Non si tratta tanto di confrontarsi con i cosiddetti «negazionisti», ma con un fenomeno diverso noto come vaccine hesitancy o esitazione vaccinale: non un rifiuto precostituito della vaccinazione, ma la manifestazione di alcune incertezze che di fatto contrastano o ritardano l’adesione a essa.

Le argomentazioni sono diverse, ma vertono principalmente sui dubbi circa i tempi rapidi in cui il vaccino è stato approntato e sperimentato, sul suo meccanismo d’azione, sui componenti presenti nella fiala vaccinale, sulle pressioni economiche che potrebbero aver svolto un ruolo negativo, sull’incertezza circa gli effetti collaterali a distanza, sull’imperfetta conoscenza circa i livelli e la durata dell’immunizzazione.

Ognuno di questi punti potrebbe avere una sua razionalità, ma al tempo stesso è stato ampiamente confutato nei più qualificati siti scientifici ai quali rinviamo. Da parte sua l’Organizzazione mondiale della sanità aveva già da tempo elaborato alcune specifiche linee guida, le WHO Recommendations regarding vaccine hesitancy, e nel 2019 ha incluso questa esitazione tra le 10 «minacce alla salute globale».

Sul piano etico, pertanto, si pone l’obbligo di contrastare tale atteggiamento.

Infodemia e post-verità

L’infodemia è il principale ostacolo al superamento dell’esitazione in oggetto, perché è l’alimento di cui essa si nutre: notizie parziali e imprecise, fake news, pareri contraddittori formulati anche da parte di personalità scientifiche di spicco, sfiducia nelle istituzioni (OMS, Ministero della sanità, governo, tavoli tecnici ecc.), pseudo-informazione medica hanno prodotto e continuano a nutrire una post-verità (post-truth), che è quella su cui si basa il giudizio della persona esitante.

La natura e la molteplicità di queste informazioni rende particolarmente difficile contenerle. Anche a voler istituire una sorta di super organo di controllo sulle stesse, ne verrebbe messa rapidamente in crisi l’autorevolezza e legittimazione: se già si pone in dubbio l’oggettività scientifica, lo si fa molto di più per organismi costituiti.

Le vie da percorrere allora sono diverse, e puntano non solo e non tanto all’informazione del singolo, ma a far in modo che l’utente ne abbia un’adeguata percezione critica delle fonti, sappia comprendere quali siti meritino attenzione e quali no, sappia capire se questa o quell’altra trasmissione televisiva stia trasmettendo un dato attendibile o meno.

Non solo: in questo dovrebbe riuscire a «fidarsi» di chi merita fiducia, e non prestare troppo peso alle modalità sensazionalistiche con cui è fornito il dato. Che un medico vaccinato abbia, poco dopo, avuto il COVID è assolutamente normale, che vi siano alcuni effetti collaterali è assolutamente normale, che possono esservi specifiche controindicazioni è assolutamente normale. Ma non lo è, ad esempio, ritenere che la donna in allattamento non possa ricevere il vaccino. Qui subentra la non conoscenza (purtroppo spesso mediata da qualche medico poco informato).

Il vezzo di una foto

Molti hanno criticato le tante foto presenti sui social degli operatori sanitari che si sono vaccinati, qualcuno l’ha ritenuto un inutile vezzo narcisistico, altri una manifestazione di casta nei confronti di chi ancora non si era vaccinato, altri ancora hanno ironizzato sulla dicitura «fatto» dicendo che l’unico «fatto» in oggetto era la persona che aveva postato l’immagine.

In realtà c’è una ratio dietro tutto questo, che è relativa all’induzione mediatica che tale immagine ha suscitato. Di fronte a quella sfiducia istituzionale di cui parlavo prima, che un medico – magari un amico o il proprio medico di fiducia –si sia vaccinato costituisce una testimonianza privilegiata: se me lo chiede il governo non lo faccio, ma se vedo lui farlo lo farò anch’io.

Alternative all’obbligo

Un’adeguata informazione tuttavia non basta. Dobbiamo probabilmente individuare proposte alternative. Certo l’obbligo sarebbe la migliore e la più certa, ma questo suscita numerosi problemi di carattere etico-giuridico, anche se nel rispetto della giustizia sociale sarebbe un percorso da intraprendere: il principio bioetico di autonomia non può pretendere una dispotica e indiscutibile centralità. A tal riguardo vi sono diverse possibili vie alternative.

La prima (già trattata su questa rubrica nel post di Del Missier e Massaro del 23 dicembre), avanzata da più parti, è quella di una partecipazione alla spesa sanitaria in caso di ricovero per COVID da parte di chi ha rifiutato la vaccinazione. La seconda, di cui parla Morandini nel suo post del 7 gennaio, propone invece una sorta di una tantum a titolo risarcitorio per le spese che lo stato deve sostenere nell’assistenza al COVID e alle quali, nel caso di rifiuto di vaccinarsi, il soggetto non parteciperebbe.

Entrambe le soluzioni puntano alla penalizzazione pecuniaria, che non è priva di senso.

Potrebbero darsi però altre vie non direttamente economiche, quali ad esempio: un modesto differimento nelle liste di attesa per prestazioni non urgenti; la richiesta di vaccinazione dei genitori per l’ammissione a scuola dei bambini; la limitazione negli spostamenti (quando saremo tutti zona gialla); un minore punteggio ai fini concorsuali ecc.

È evidente che ognuna di queste e altre proposte susciterebbe proteste, conflitti, denunzie di anticostituzionalità, sollevamenti sindacali, ecc.

Come lo susciterebbe un eventuale obbligo, che viene visto come un grande tabù quando ormai non lo è per i 3 trattamenti sanitari che non richiedono una libera adesione del paziente, cioè le dieci vaccinazioni obbligatorie, i trattamenti sanitari coatti (TSO), lo stato di necessità.

Il problema etico di fondo è che nel rispetto di questa «volontà non vaccinale» oltre al danno sanitario per la collettività vi è anche l’anomalo continuare a utilizzare i servizi pubblici rispettando (da parte dello stato) il deliberato rifiuto di contribuire a essi. Questo, piuttosto, è fortemente anticostituzionale. È un po’ come chi evade il fisco però continua a usufruire di strade, scuole, ospedali, uffici comunali. Solo che nel caso del rifiuto della vaccinazione questo sarebbe paradossalmente rispettato e garantito.

Al di là di tutto, il monito conclusivo è uno solo: vaccinatevi! È un dovere morale.

 

Salvino Leone, medico, è docente di teologia morale e bioetica alla Facoltà teologica di Sicilia e vicepresidente dell'ATISM. Tra le sue opere più recenti Bioetica e persona. Manuale di bioetica e medical humanities, Cittadella, Roma 2020.

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