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Moralia Blog

La politica ha bisogno dell’etica?

Le procedure elettorali rappresentano le condizioni necessarie e sufficienti affinché si possa parlare di democrazia rappresentativa.

Nelle diverse teorie democratiche competitive, sono determinanti il tipo di interazioni prevalenti nel sistema partitico, le strategie dei partiti e la loro capacità di canalizzare il consenso degli elettori.

Frammentazione, polarizzazione, competizione

Le attuali trasformazioni socio-economiche e culturali hanno prodotto un crescente nervosismo, il quale si riverbera come frammentazione partitica recante in sé un aumento dell’astensionismo e un maggior distacco degli elettori dalla politica partitica.

Tale disequilibrio strutturale ha provocato scissioni e fusioni tra partiti e instabilità nelle alleanze. In questa situazione, definibile come polarizzazione politica estrema, l’opinione altrui sembra irricevibile.

Le origini scientifiche della politica

Recuperiamo le fila del passato. La trattatistica politica dei secoli XV e XVI aveva mal interpretato la «scoperta» di Niccolò Machiavelli, di un’azione politica assolutamente autonoma e distinta dalla morale. In realtà Machiavelli, più che porre un distacco tra morale e politica, aveva piuttosto inteso indagare i rapporti esistenti tra le due distinte, e non separabili, attività umane.

È possibile, umanamente, definire politica, nel senso nobile del termine, un’azione che oblia l’etica? Come può essere garantito un approccio umano integrale da parte di una politica che dimentica l’intrinsecità etica della sua azione?

Riconoscimento dell’evidenza e azione autenticamente politica

La domanda sul senso etico dell’attività politica chiede di porsi la domanda sul come o con quale animo essere presenti nell’arena politica; una domanda che, nelle situazioni di estrema polarizzazione e frammentazione, è pertinente alla ricerca di soluzioni, non tanto perché la modalità della presenza sostituisca l’adeguata competenza, quanto piuttosto perché essa fonda il rapporto reciproco costitutivo della convivenza civile: essa riguarda l’umanità delle persone coinvolte, qualifica e orienta la strutturazione delle relazioni e la vita in relazioni strutturate.

«I fatti non esistono, esistono solo interpretazioni», scriveva Friedrich Nietzsche nella Volontà di potenza (§ 481), con una certa dose di spirito polemico, per evidenziare come il nostro giudizio sugli avvenimenti in genere, e quelli politici in specie, sia filtrato attraverso i nostri valori.

Occorre innanzitutto riflettere sulla relazione tra moralità e socialità per accedere a un’azione autenticamente politica, ricordando appunto che l’esperienza morale è costitutivamente relazionale. Muoversi in un ambito sociale dove l’altro non è sostanzialmente riconosciuto, dove non si ricerca l’onestà, nel senso etimologico proprio e profondo, significa introdurre in esso dinamiche di rottura delle relazioni.

Che fare?

Giovanni Sartori, politologo italiano di fama internazionale, nel suo Teoria dei partiti e caso italiano del 1982, a proposito di polarizzazione-frammentazione così scriveva:

«Destra e sinistra sono, di volta in volta, sintesi di atteggiamenti. Per esempio è facile documentare che “sinistra” si associa oggi a eguaglianza (maggiore eguaglianza), cambiamento (riforme), irreligiosità (laicità), […] “destra” si associa, invece, con gli atteggiamenti opposti» (p. 256).

Interrogarsi sulla moralità delle sintesi dei nostri atteggiamenti quotidiani è un buon inizio per ricercare azioni autenticamente politiche, nelle quali è in gioco la ricerca del bene comune oggettivo, secondo la misura del concretamente possibile.

 

Giovanni Angelo Lodigiani insegna Etica teologica all’Istituto superiore di scienze religiose S. Agostino (Crema, Cremona, Lodi, Pavia, Vigevano) e Giustizia riparativa e mediazione penale all’Università degli studi dell’Insubria (Como-Varese).

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