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Moralia Blog

La fabbrica delle storie: lo storytelling nel dibattito pubblico

La narrazione ha invaso il mondo politico: nel dibattito pubblico le sfide etiche della nostra società sono presentate nella forma del racconto piuttosto che dell’argomentazione.

Moralia | Una collaborazione dell'Associazione teologica italiana per lo studio della morale (ATISM) con Il Regno.

 

 

Come spiegare questo dilagare di nuovi radicalismi, di polarizzazioni politiche e di sempre maggiore tensione sociale? Tra le varie cause ci sembra importante soffermarci su una modalità di comunicazione che sta caratterizzando il dibattito pubblico: lo storytelling politico.

George Lewi afferma che il risorgere dei miti in seno alla nostra società contemporanea è il risultato di una diffusa insicurezza globale, che stimola il nostro bisogno di ricerca della verità, del senso della vita, così come la nostra sete di magia e di mistero. Questo è confermato da successi commerciali dei libri di R.R. Tolkien e di J.K. Rowling nel mondo occidentale: si tratta di storie e di favole che si nutrono del nostro patrimonio fiabesco e che parlano al nostro immaginario globalizzato, offrendoci allo stesso tempo un senso di appartenenza. Siamo, come il successo di molte serie televisive mostrano (cf. post su Black Mirror) di fronte a un nuovo contesto culturale: la ricerca del senso non avviene più mediante argomentazione ma mediante narrazione dai caratteri mitici.

Lo storytelling nella comunicazione politica ed etica

La narrazione ha invaso il mondo politico. Oggi nel dibattito pubblico le numerose sfide etiche che la nostra società deve affrontare sono presentate nella forma del racconto e della narrativa piuttosto che dell’argomentazione. Le questioni che normalmente raggiungono i media sono conflitti di valori che diviengono dilemma. Sebbene la tradizione morale conosca in questi casi delle metodologie argomentative per cercare di risolvere i conflitti e i dilemmi oggi si ricorre ad un’altra metodologia lo storytelling. Lo storytelling, ovvero l’arte di raccontare storie che utilizza i principi della retorica e dell’oratoria, nasce in contemporanea alla comparsa dell’uomo sulla terra, ma oggi viene spesso associato all’esercizio del potere. Il moderno homo politicus, costretto dalla rete e dai mass media a una continua ed esasperante esposizione mediatica e deve fare i conti con questa inedita modalità.

«Yes we can», «America first», «Lo mejor està por venir», «Le changement c’est maintenant» non sono solo slogan, ma incipit di storie che hanno conquistato un elettorato vorace di spettacolo. Da un punto di vista comunicativo questa prospettiva ha sicuramente un fascino e un appeal notevole. L’etica narrativa, tuttavia, se analizzata non è un metodo analitico particolare, ma solo un modo linguistico di trasmettere il messaggio morale. Il linguaggio narrativo è usato anche nell’ambito scientifico, mediante esempi volti a chiarire, o rendere più comprensibili, concetti, distinzioni, asserzioni e acquisizioni. Tale uso narrativo coglie scopi e funzioni comunicative precipue, come facilitare la conoscenza e comprensione di argomentazioni, dimostrazioni, ipotesi, teorie ecc.

Il vantaggio di un approccio narrativo è il coinvolgimento del destinatario della comunicazione in un contesto che include anche una forte carica esistenziale ed emotiva. Ci sia consentito dire, a mo’ di slogan, che l’approccio narrativo muove non solo le coscienze ma anche i cuori. Particolarmente delicato in questo processo comunicativo è la presentazione e la valutazione degli argomenti. Le argomentazioni dovrebbero essere presentate e valutate per permettere di giungere a un corretto peso degli stessi argomenti e quindi alla formulazione di una corretta informazione e formazione etica.

Limiti della narratività e urgenza del ragionamento etico

La modalità narrativa presenta alcune fragilità che devono essere rilevate. A volte si assiste, specie ad opera di gruppi di matrice radicale, all’utilizzo di narrazione di storie limite e particolarmente problematiche da un punto di vista etico che prima facie sembrerebbero negare la validità della corrente normatività etica. L’utilizzo della modalità narrativa diviene strumentale nella misura in cui l’apparente impossibilità di risolvere il caso con le argomentazioni etiche classiche si traduce in una ricercata e voluta empatia con l’oggetto della narrazione che ha come ultimo esito l’affermare il superamento dell’etica a favore di un soggettivismo assoluto che relega le questioni etiche in un ambito meramente privatistico da sottrarre a una normatività morale percepita come tiranna. Si perviene così a comunicare una cultura sofistica che attraverso la critica della nozione di verità perviene ad una forma più radicale di relativismo. Non solo non esiste una verità assolutamente valida, ma l’unico metro di valutazione diviene l’individuo: per ciascuno è vera solamente la propria percezione soggettiva. Analogamente tale visione relativistica del mondo viene applicata al campo dell’etica. Non esistono azioni buone o cattive in sé; ciascuna azione deve essere valutata caso per caso.  

Non di rado oggi nel dibattito pubblico sui temi bioetici, ma non solo, assistiamo al cosiddetto avvelenamento del pozzo, una procedura di delegittimazione che investe tutto ciò che una persona afferma. È solo una delle tante forme di fallacia, ossia di mossa argomentativa corretta in apparenza, che occulta ad arte la propria erroneità logica, allo scopo di ingannare. La comunicazione argomentativa deve prestare una notevole attenzione alle fallacie: le molteplici trame logiche e illogiche che governano il nostro dibattito pubblico, uno spazio costituito – e saturato – perlopiù da cattivi argomenti, soprattutto nel nostro presente post-ideologico, in cui spesso si procede per contaminazione e avvelenamento della verità.

Di fronte alle fallacie del dibattito pubblico, il ragionamento etico è urgente. Deve formare le coscienze alla ricerca della verità morale e ha il compito di restituire il potere democratico alle mani di chi ascolta e valuta gli argomenti dei politici, degli intellettuali, dei manipolatori dell’opinione pubblica.

 

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