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Moralia Blog

Imparare sinodalità: il Cammino prosegue

La sinodalità ha i suoi tempi e il Cammino della Chiesa cattolica italiana ha bisogno di lavoro ulteriore e di una tappa in più

Poche ore fa la conclusione della Seconda Assemblea sinodale della Chiesa italiana, con la celebrazione dell’eucaristia. Scrivo in treno, rientrando verso Venezia, per condividere a caldo alcune sensazioni vissute in questi giorni, assieme ad alcuni amici ed amiche (e penso in particolare a Lucia Vantini, che presenterà un testo di approfondimento per «Il Regno delle donne»).

Maturare, oltre le tensioni

È stata una realtà complessa quest’Assemblea, e ha certo avuto momenti di tensione – non legati tanto a punti particolari, quanto all’attivazione di uno stile di lavoro e di sinodalità. Il problema era quello di un testo inizialmente presentato (Proposizioni. Perché la gioia sia piena), che rispecchiava solo in parte la ricchezza delle fasi precedenti del Cammino sinodale e i contributi delle diocesi.

Il primo passaggio in plenaria ha in effetti visto la quasi totalità degli interventi – tra di essi quello di chi scrive – segnalarne la ristrettezza, la parzialità, la selettività nell’individuare i nodi su cui si convocava la Chiesa italiana per una conversione davvero comunionale e missionaria. Anche il mancato coinvolgimento del Comitato nazionale del Cammino sinodale per l’elaborazione delle Proposizioni è stato percepito come assai problematico. Per di più le indicazioni quanto alla possibilità di elaborare emendamenti nei lavori di gruppo successivi apparivano limitative, suscitando il timore di un testo quasi blindato.

La prima messa a punto – elaborata in tempo quasi reale dalla Presidenza del Comitato – è stata proprio la «liberalizzazione» della possibilità di presentare emendamenti, sia quanto al numero che alla portata. Si sono aperte così fasi di lavoro belle e frenetiche, in cui i gruppi hanno sperimentato la ricchezza e l’intensità di un pensare assieme, in un lavoro di riscrittura, di allargamento di orizzonte, di indicazione di prospettive ulteriori da esplorare. Un’esperienza oltremodo stimolante, che ha portato a una mole di materiale davvero cospicua, presentata in forma sintetica nell’assemblea finale.

Maturava però nel frattempo soprattutto la percezione sempre più chiara che non erano sufficienti modesti ritocchi a un testo che necessitava piuttosto di profonde revisioni, anche sul piano strutturale. Già nella plenaria del primo giorno era addirittura stata evocata la memoria del concilio Vaticano II, in cui la via per un’elaborazione creativa e prospettica era stata aperta proprio dalla rinuncia agli schemi inizialmente elaborati.

Le mozioni messe in circolo da gruppi di delegati – vescovi, presbiteri, laici/laiche – s'intersecavano con la profonda riflessione della Presidenza del Cammino sinodale e del Consiglio permanente della CEI, convocato in serata. La convergenza è stata piena: occorre più tempo. Più tempo per metabolizzare le richieste di ampliamento e approfondimento; più tempo per valorizzare i contributi dell’intero Comitato. Più tempo, insomma, per camminare più sinodalmente.

Quando nella plenaria finale la mozione proposta in tal senso dal card. Zuppi è stata approvata a stragrande maggioranza (meno di 20 tra contrari e astenuti), l’applauso è stato scrosciante e sostenuto.

Il Cammino sinodale continua, con un lavoro della Presidenza che si avvarrà dell’intero Comitato, mentre l’Assemblea è riconvocata al 25 ottobre. Un terzo appuntamento, dunque, destinato a valutare il frutto di un’ulteriore estate di lavoro a partire da tutto quanto è stato detto e scritto in questi anni, in vista dell’invio alla CEI.

Rileggere il vissuto

Che cosa abbiamo vissuto allora? Stracci che volavano (come ha scritto il blog Silere non possumus)? Scontro su gay e donne (Repubblica)? Lotte di potere? Non è stata questa la mia esperienza, né quella dei tanti e delle tante con cui mi sono confrontato. Davvero mai come in questo caso appare evidente che ci sono tanti modi di raccontare una storia, di raccordare in una sequenza dotata di senso un dato insieme di eventi.

Perché quelli in cui siamo stati impegnati sono stati in realtà soprattutto giorni di dialogo e di intensa fattiva collaborazione tra i molti partecipanti – donne e uomini; Nord e Sud, Centro e Isole; vescovi, presbiteri, consacrati/consacrate e laici/laiche. Giorni di passione condivisa per la crescita di una Chiesa nel segno del Concilio; di confronto vivace e costruttivo; di scoperta di volti e storie di Vangelo. Chi li ha vissuti dall’interno sa che neppure la conclusione dice la bocciatura dell’una o dell’altra posizione, dell’uno o dell’altro punto del testo; è piuttosto la presa d’atto che la sinodalità ha i suoi tempi e che il Cammino della Chiesa cattolica italiana ha bisogno di lavoro ulteriore e di una tappa in più.

Non dimentichiamolo: la sinodalità su questa scala è una novità assoluta per le comunità italiane, che in essa si sono coinvolte con vivacità. Ma le novità chiedono anche tempo per essere metabolizzate e la comunità tutta – dalle diocesi alle associazioni e alle singole realtà locali –  saprà far tesoro dell’inedita esperienza vissuta in questi giorni.  

La sinodalità si impara. E intanto il Cammino prosegue, con un senso di gratitudine per i tanti che vi hanno investito e vi stanno investendo tempo energie e relazioni; per lo Spirito, che, con la sua azione discreta, ha orientato questi giorni di ricerca e speranza.

Commenti

  • 09/04/2025 Michele Seccia

    Ogni cammino esige capacità di ascolto e disponibilità verso chi la pensa in modo diverso, ma senza polemica o presunzione. Ecco perché l'esperienza del dialogo é di vitale importanza per tutta la CHIESA e per ogni singolo credente che intende mettersi veramente in ascolto evitando l'autoreferenzialità. Solo in un dialogo sereno ed aperto senza preclusioni di parte è possibile continuare a dialogare e ad operare con coscienza e gioia, al servizio del Vangelo e del Prossimo. Auguri e avanti con fiducia. Michele Seccia Arc. di LECCE

  • 07/04/2025 Alberto

    Buongiorno, le parole sono tante e direi troppe, attendo i fatti con speranza. Le diaconesse esistevano già ai tempi della prima Chiesa, spero ardentemente che vengano riammesse in questa Chiesa ancora troppo al "maschile"! Cordiali saluti, Alberto (Borgomanero - Novara)

  • 06/04/2025 Carla

    Mi piace questa Chiesa che si ferma e comprende.. Cerca di comprendere come educare ed educarsi alla sinodalita'

  • 04/04/2025 pietro.taffari@icloud.com

    La verifica del cammino fatto andrebbe fatta “per i crocicchi e per le strade”, nonché nelle case delle periferie parrocchiali domandando cosa ne sanno del sinodo e del loro coinvolgimento, specialmente i giovani. Questi, nonostante 16 anni di irc a scuola e 10 di cammino di fede (?!?) in parrocchia, hanno desertificato le chiese , dove “le tradizioni degli uomini” di chiesa (noi preti) hanno il sopravvento sull’ “uno comandamento nuovo” e sulle beatitudini. La pratica della prima è fondamento di tutte le altre. Mi chiedo se la gente non abbia capito che tra il Dio, che Gesù ci ha rivelato in sé stesso, e la religione sono incompatibili. In te, Domine, speravi , non confundar in aeternum: “…io edificherò la mia chiesa”!

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