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Moralia Blog

Il senso del dissenso: l’obiezione di coscienza è di moda?

L’obiezione di coscienza rappresenta una forma di dissenso che si esprime in un rifiuto motivato di prestare ossequio esterno a una legge, con possibili conseguenze penali quando tale obiezione non trova riconoscimento legale.

Fino a qui tutto è pacifico, anzi è in linea con una certa tendenza “anti”, che è di gran moda! Le cose si complicano quando – a pensarci bene – l’obiezione di coscienza può essere colta nella sua configurazione di dissenso solo se tale configurazione non la esaurisce, bensì mostra il senso di tale dissenso rimandando a un consenso “a qualcosa” o “a qualcuno” non eludibili, pena la dignità stessa della persona.

Antigone e i tre giovani: obiettori ante litteram

Questo con-senso, che dice un legame con un senso che illumina le nostre azioni, si allarga a tutta la storia dell’umanità. Offro un dittico, pedagogicamente rilevante, che mette insieme la cultura greca e quella semitica, e assumendo queste due polarità viene a esprimere la nostra stessa storia occidentale.

Il primo quadro del dittico è il rifiuto di Antigone, eternato dalla tragedia sofoclea, di sottostare all’iniqua ingiunzione del tiranno Creonte per restare fedele a leggi non scritte nel bronzo, ma incise nella profondità dello spirito umano.

Il secondo quadro è invece la scelta di bruciare piuttosto che adorare il re Nabucodonosor, narrata nelle bellissime pagine del libro di Daniele (3,8-23), fatta da tre giovani giudei.

E la coscienza come sta?

Antigone, una greca contro una cultura dominante greca, politeista; e tre giovani giudei, soli contro lo strapotere dissacrante di un sovrano, monoteisti. Situazione diversissime per cultura, geografia, storia, religione. Identica esperienza: quella originaria e originale esperienza morale, senza la quale l’obiezione sarebbe arbitraria e le conseguenze barbarie.

Allora mi permetto una battuta: vogliamo parlare di obiezione di coscienza? Bene: chiediamoci: qual è lo stato di salute della coscienza morale? Abbiamo chiaro che l’obiezione di coscienza necessita di una coscienza dell’obiezione? Un’obiezione che non deriva dalla coscienza non appartiene al “ragionevole” condividere una prassi perché valutata “umanamente” valida. Solo se si ha a cuore l’umanità condivisa, l’obiezione non è arbitraria. In tale prospettiva si fa chiara tutta la rilevanza di alcuni interrogativi veramente fondamentali:

  • Che cosa intendiamo quando decidiamo qualcosa?
  • Che cosa viviamo e cerchiamo in tale comprensione?
  • Che cosa proponiamo come importante e giusto con i nostri comportamenti?
  • Che cosa intendiamo propriamente per coscienza?

Gli interrogativi fanno intravedere che la questione centrale non è la libera scelta, l’autonomia, i diritti, paroline oggi molto in auge e molto care a tutti. Queste parole sono sempre vuote e pronte per essere riempite dopo aver spianato la strada per una comprensione del senso della vita che vogliamo vivere, che qui sintetizzo nell’espressione “bene comune”.

Ci abbiamo mai pensato? L’obiezione di coscienza è una questione di bene comune! Il senso va piano piano chiarito e non solo proclamato.

Commenti

  • 26/02/2018 fiorenzo.fontana@hotmail.it

    L'obiezione di coscienza può darsi come esigenza di moralità personale o come adesione ad un bene che non è ancora comune oggi ma si crede lo diventerà. La moralità personale oggi cede spesso alla moralità di massa. E massa può essere anche il piccolo gruppo dissenziente nel quale però la coscienza abiti nel futuro da costruire e non nel presente che vorrebbe qualche anche minima moralia. Potrebbe trasformarsi in bene comune anche la solitaria testimonianza di Antigone ma anche senza arrivare a tanto è esperienza morale estrema immolarsi alle Leggi o alla volontà di Dio piuttosto che agli uomini.

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