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Moralia Blog

Il mondo di Francesco: una geostoria morale

Francesco è stato un papa profeta, sia per le posture liberate da schemi ormai poco comunicativi, sia per come si è posto rispetto alla storia con segni e parole. Se per il credente la storia non è un destino segnato, né un condizionamento passato che inchioda deterministicamente il presente, Francesco ha insistito sulla libertà con cui è dato all’uomo di «farla», la storia.

Erede di una tradizione teologica, l’ha arricchita di accenti originali: accogliendo, ad esempio, l’idea che anche la natura ha una storia, più lontana di quella dell’uomo il quale, dalla propria comparsa, co-evolve con essa e ne è, teologicamente, con-creatore; ma anche potenziale distruttore, nelle perversioni della sua libertà.

Se il mondo come casa comune è la coordinata spaziale entro cui Francesco ha compreso appieno l’agire umano, la comunanza di destino ne è stata la coordinata temporale: se si nega la storia (specie le storie degli altri) o ce ne si chiama fuori, si occulta l’autentico potenziale di sviluppo dell’umanità.

La storia come sistema aperto, «appassionante e drammatica», è il luogo della vocazione con-creatrice umana, per un «fiorire di liberazione» contro la «decadenza e distruzione reciproca» (Laudato si’, n. 79).

C’è regressione quando le ideologie – intese come astrazioni forzate – ignorano la concreta spiritualità umana tramandata dalle generazioni precedenti (Christus vivit, n. 181). Nel realismo di Francesco, «la realtà è superiore all’idea» (Evangelii gaudium, n. 231) e la storia ne costituisce un sedimento vivo e fecondo.

Ecologia culturale e critica della globalizzazione

Perché non sia ridotta essa stessa a idea, Francesco ha pensato la storia come una relazione concreta con i luoghi, quali segni-possibilità di costruzione del sé («I monti, un ruscello, la piazza in cui si è cresciuto», Laudato si’ n. 84) mediante una memoria biografica individuale, però mai individualista.

Sono infatti le culture, ossia le relazioni dei popoli con i luoghi resi abitabili mediante tecniche adattive e significati sacrali (cf. Laudato si’, n. 144), a conservare il senso dell’identità, come cuore della socialità che si apre a scale ulteriori. Gli ecosistemi culturali, simbiosi di uomini e ambienti, garantiscono niente di meno che il rapporto tra il locale e il globale e un futuro per la storia umana. E sono i popoli, non gli individui, il soggetto della storia.

Di qui una teoria critica che denuncia come falso l’universalismo geografico «monocromatico» di una globalizzazione «unidimensionale»: contro l’omogeneizzazione e standardizzazione fino al disprezzo dei popoli che «colorano» la famiglia umana (cf. Fratelli tutti, n. 100), promuove l’universalismo esistenziale dell’amore fraterno, per il quale la dignità di un essere umano non può essere limitata ai confini di un paese (Fratelli tutti, n. 107). La globalizzazione non è contestata in sé, ma «riorientata» dall’indifferenza all’amore sociale (Fratelli tutti, n. 182).

La grande storia sulla scena globale

La scena storica globale è un universo morale dinamico tutt’altro che inerte. Al presente il dramma delle migrazioni è uno dei fenomeni più complessi da governare, nel rispetto dei popoli di partenza e di arrivo, ma soprattutto delle «vite lacerate» di chi migra per guerre, persecuzioni, catastrofi naturali o semplicemente il sogno di un futuro migliore che le dinamiche economiche globali dislocano altrove.

Se le reazioni xenofobe sono un istinto primario, ogni cultura – a partire da quella europea – ha in sé gli strumenti per contemperare i diritti di chi accoglie con l’accoglienza dei migranti: è questa la sfida per la libertà dei popoli, in un futuro segnato dalle migrazioni (Fratelli tutti, n. 40).

Rispetto al passato, liberare la storia significa chiedere perdono per purificare la memoria e riconciliarsi. Tanto iconici quanto a volte superficialmente criticati sono stati i gesti compiuti da Francesco a Santa Cruz, Puerto Maldonado o in Canada, ponendo sulla propria persona i segni distintivi delle comunità indigene alle quali ha chiesto perdono, per l’«errore devastante» o l’«indifferenza» di membri della Chiesa rispetto a violenze e assimilazioni forzate.

Una morale della storia

La storia di Francesco non assume i toni dello scontro apocalittico, ma del fermo appello a una conversione radicale «per la difesa della vita, della terra, delle culture». La storia non è finita, né in senso rassegnato e fatalista, né in quello teorico di Kojeve o Fukuyama: non ci sono compimenti definitivi ma incompiutezze frammentate – il progresso scientifico piegato alla tecnocrazia, i diritti non calati nelle culture di popoli – che si prestano a una coazione al male secondo la logica dei violenti (Fratelli tutti, n. 77), come mostra la proliferazione delle armi nel tempo della «terza guerra mondiale a pezzi».

La verità della storia globale è una promessa che traluce faticosamente, nonostante tutto, in un intrico di pulsioni e chiusure, e che provoca i popoli ad affrontarla con la creatività dell’amore sociale.

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