Il giubileo delle prime volte
Il “giubileo delle prime volte”. Potremmo definire così l’Anno santo straordinario da poco iniziato.
Innanzi tutto si tratta del primo giubileo tematico. È vero che nasce nell’anniversario della chiusura del concilio ecumenico Vaticano II (8 dicembre 1965), ma di fatto l’orizzonte ermeneutico è legato al tema della misericordia, che il papa nella bolla d’indizione definisce «la parola che rivela il mistero della santissima Trinità».
È poi la prima volta che una porta santa viene aperta fuori della diocesi di Roma. In effetti il 29 novembre scorso il santo padre ha personalmente aperto il portone centrale della cattedrale metropolitana di Bangui, normalmente capitale della Repubblica centrafricana ma per un giorno «capitale spirituale del mondo», secondo la definizione dello stesso pontefice. Questo gesto inedito, compiuto nel contesto del viaggio apostolico in Africa, ha voluto plasticamente mostrare la volontà di essere Chiesa in uscita verso le periferie geografiche.
È la prima volta di ogni cattedrale come sede di una porta santa. In tutta Italia folle di credenti hanno riempito i sagrati di duomi e santuari, anche se i mezzi di comunicazione sociale non ne hanno dato ampio conto, o perlomeno un conto non articolato e connesso da uno sguardo unitario e complessivo.
Ma sappiamo bene che nel cuore di papa Francesco sono importanti le periferie esistenziali non meno di quelle geografiche. Arriviamo così a un’ulteriore prima volta: l’apertura della porta santa in una mensa. È la spiegazione plastica delle opere di misericordia, che questo Giubileo vorrebbe rilanciare nella conoscenza e soprattutto nella pratica dei cristiani in particolare e di tutte le persone di buona volontà in generale.
Come a dire che la misericordia per passare da atteggiamento interiore a scelta concreta deve passare dalla carità. Da non dimenticare il fatto che alla pratica delle quattordici opere di misericordia è annessa l’indulgenza giubilare, da cui è rigidamente espunta ogni forma sia di mercimonio sia di lassismo.
In effetti nel corso della semplicissima eucaristia, ancor più sobria di quella di Bangui, il pontefice ha detto: «Gesù, quando ci predica la vita, ci dice come sarà il giudizio nostro. Non dirà: Tu, vieni con me perché hai fatto tante belle offerte alla Chiesa, tu sei un benefattore della Chiesa, vieni, vieni in Cielo. No. L’entrata in Cielo non si paga con i soldi. Non dirà: Tu sei molto importante, hai studiato tanto e hai avuto tante onorificenze, vieni in Cielo. No. Le onorificenze non aprono la porta del Cielo».
Così l’ostello della Caritas romana, nato dall’intuizione di quel compianto mons. Luigi Di Liegro che ne fu il direttore, è diventato l’epifania di un anno santo non troppo articolato nell’architettura ma ben disegnato negli obiettivi, come emblema di una Chiesa non spaventata dalla contemporaneità ma in uscita verso le periferie della storia e dei cuori.