Il dovere di “immischiarsi” in politica
Il buon cattolico deve “immischiarsi” in politica e
poi ancora, di fronte alla cultura della illegalità,
della corruzione e dello scontro il cristiano
è chiamato a dedicarsi al bene comune,
un disimpegno sarebbe tradire la missione
dei fedeli laici chiamati ad essere
sale e luce del mondo
(Francesco, 2013)
La questione
La recente scissione, più personale che politica, del Partito Democratico ha risollevato alcuni nodi circa la presenza e la relativa partecipazione diretta dei cattolici in politica. Dopo gli anni, quasi un cinquantennio, dell’onnipotenza gestionale targata Democrazia Cristiana, con la crisi e la fine della prima repubblica i cattolici sembrano vivere un lungo tempo di purificazione e, per dirla con l’attenta analisi di Giuseppe Dossetti, di purgatorio.
Va segnalato anche il cambiamento culturale e sociale avvenuto nel nostro Paese dal dopoguerra in poi il quale ha certamente scardinato quell’apparente omogeneità cattolica della società italiana degli scorsi decenni. Tuttavia – nonostante lo scioglimento della DC e l’inserimento dei cattolici nelle varie compagini politiche – un’attenta osservazione della nostra realtà sociale può indurci ad affermare che l’Italia secolare dei nostri giorni non potrebbe essere pensata senza la presenza, seppur minoritaria, dei cattolici in politica.
I temi su cui convergere
Data per acquisita la pluralità delle opzioni politiche dei cattolici, il ragionamento per un rinnovato slancio della partecipazione dei credenti alla politica attiva potrebbe avviarsi a partire dalla convergenza su alcune questioni fondamentali come: la ricerca della giustizia sociale e di conseguenza il ripensamento dell’attività dello Stato sull’economia affinché le istituzioni possano garantire pari opportunità a tutti i cittadini tramite la ridistribuzione della ricchezza e, pertanto, assicurare l’esercizio autentico della libertà; una riforma dell’organizzazione dello Stato volta alla concretizzazione di una reale e semplificata sussidiarietà; l’attività di sostegno al cammino verso una maggiore unità della comunità politica e sociale europea minacciata da una contingenza esterna e interna assai sfavorevole; l’attuazione di stabili e idonee politiche per le famiglie sempre più colpite dalla crisi economica e dalla disgregazione sociale in atto; l’opera sia culturale sia politica di accoglienza verso i migranti da integrare nei nostri territori.
Una rinnovata pedagogia
Le grandi figure del cattolicesimo politico del passato, da Luigi Sturzo ad Aldo Moro, erano figlie non solo di un peculiare carisma personale ma, soprattutto, di comunità credenti capaci di attivare una narrazione pedagogica collettiva sulla società e sulla politica. Quindi, oggi urge un impegno culturale ed educativo da parte di ogni gruppo ecclesiale in vista della generazione di una nuova modalità di cattolicesimo politico e di leader che possano guidarla.
Tale pedagogia non può che concentrarsi sul tema della liberazione dei nuovi oppressi che, in sostanza, significa raccogliere la grande lezione politica dell’ultimo leader riconosciuto dai cattolici italiani: Aldo Moro. Per lo statista pugliese, infatti, si trattava di umanizzare la politica per renderla un autentico servizio all’uomo. Una pedagogia capace di sviluppare sia il senso di responsabilità per la casa comune sia una maggiore vicinanza verso i perdenti e gli ultimi delle nostre periferie.
Torniamo a “pensare politicamente”
La nuova sfida per coloro che hanno a cuore la dimensione politica del cattolicesimo è quella di tornare a pensare politicamente. Questa attività deve svilupparsi da un lato con tempi e spazi opportuni dall’altro senza la pretesa di un’immediata valorizzazione in termini elettorali e di gestione del potere.
Un contributo al Paese, quello del tornare a pensare politicamente da parte dei cattolici, che potrebbe generare una creatività politica in grado di far maturare la nostra democrazia fino a farla divenire un regime inquieto sempre pronto a riconoscere le proprie lacune, a rimettersi in gioco e a ricominciare da capo. In tal senso, il ritorno al “pensare politicamente” è la primaria modalità di assolvere, per il credente, al dovere di “immischiarsi” in politica.