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Moralia Blog

I teologi morali studino Livatino

Gli studiosi di teologia morale (e anche di filosofia morale) sembrano oggi abbastanza concordi sul fatto che l’inizio della propria riflessione debba essere l’esperienza morale.

Che cosa poi s’intenda con «esperienza morale» entra già a far parte delle divergenze teoretiche.

Tuttavia esistono esperienze morali «forti e personali», che in un preciso momento sociale risultano condivise, lodate e apprezzate da molti, per non dire da tutti.

È il caso della vita e morte del giudice Rosario Livatino (1952-1990), ucciso perché faceva fino in fondo il proprio dovere. E che la Chiesa cattolica dal 9 maggio, tramite una liturgia nella cattedrale di Agrigento, propone come modello di vita cristiana.

In una delle sue agende il giudice Livatino aveva scritto: «Quando moriremo nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili».

Forse per noi etici cristiani è un’occasione di studiare non solo «l’esperienza morale», ma l’esperienza morale storica di un cristiano come Rosario Livatino, che ci viene proposta non nel quadro leggendario di un santo di secoli lontani, bensì come un esempio attuale e verificabile.

Forse potrebbe servire anche per concretizzare e sostanziare questa «etica universale e globale» alla quale oggi noi tutti, singoli e società, tendiamo spasmodicamente.

 

Francesco Compagnoni, religioso domenicano, insegna Teologia morale ed etica alla Pontificia università S. Tommaso di Roma. Insieme a P. Benanti, A. Fumagalli e G. Piana ha curato il Nuovo dizionario di teologia morale, San Paolo, Milano 2019.

 

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