Giuseppe Abbà. Quando la filosofia pungola la teologia morale
Tutte le volte che scompare uno studioso di morale di spiccato calibro, per il quale una schiera innumerevole di altrettanti studiosi e studenti, docenti e discenti, amici, estimatori e cultori apporrebbero la loro firma in una tabula gratulatoria, è come se ci trovassimo sprovvisti in un attimo di un «reagente» capace di far emergere, come prodotto del suo stesso agire intellettivo e intellettuale, nonché umano e spirituale, quell’oggetto dell’etica, la cui leggerezza e strutturale debolezza ne sono i tratti più caratteristici.
L’esperienza morale ha bisogno di essere pensata
Mi riferisco a colui che ha fatto – in particolare ma non solo – della riflessione morale di san Tommaso d’Aquino un «tesoro» dal quale ha saputo ex-trarre cose nuove e cose vecchie, Giuseppe Abbà, filosofo morale di professione, presbitero salesiano per vocazione. È mancato lo scorso 2 dicembre.
Le sue principali pubblicazioni a partire dall’anno 1983 fino all’ultima di circa due anni fa – Lex et virtus. Studi sull’evoluzione della dottrina morale di san Tommaso d’Aquino; Felicità, vita buona e virtù. Saggio di teoria etica; Quale impostazione per la filosofia morale; Costituzione epistemica della filosofia morale: ricerche di filosofia morale; Le virtù per la felicità – lo hanno consacrato a serio, rigoroso «epistemologo della conoscenza morale».
In ragione di ciò in questa sede ritengo sia utile raccogliere la sua seminagione per il futuro lavoro dei teologi moralisti.
Le domande che ci servono e che si mettono al servizio
Confrontarsi con il suo pensiero e le sue ricerche, oggi, significa richiamare alla mente quali domande non possa eludere chiunque voglia occuparsi seriamente di riflessione dalla e sulla condotta:
- Che cosa conosce chi conosce o vuol conoscere la morale?
- La pratica della conoscenza contempla una conoscenza pratica?
- Quando l’oggetto di studio è la morale chi è il soggetto della stessa?
- Che cosa significa prendere sul serio fino in fondo la precedenza dell’esperienza morale sul sistema (filosofico e teologico)?
Questi punti interrogativi sono solo un abbrivio di tutte le ricerche che hanno animato la sua produzione, che non è mai stata unilateralmente concepita come se un coup d’oeil potesse carpire l’immensa distesa del fenomeno morale.
Uno sguardo inclusivo
Al contrario, pur dichiarando che il punto di vista della prima persona gli appariva congeniale per sostenere che la condotta è sempre opera del soggetto appartenente a una comunità umana la cui «vita buona» è comune a molti, non ha mai inteso tutto ciò come l’approccio esclusivo, in quanto il soggetto-oggetto dell’etica, che è l’uomo che agisce, è pluridimensionale: ora cognitivo, ora volitivo, ora affettivo, ora discorsivo, ora politico.
Dunque, la condotta dalla quale «pro-cede» e sulla quale «in-cede» la riflessione filosofico-morale per il nostro Autore è come una «veste inconsutile» che in maniera penetrante evoca un combinato disposto di più parti la cui unità è superiore alla loro somma.
Un eticista, pertanto, deve essere consapevole che singole componenti della condotta possono essere focalizzate (da qui il pluralismo degli approcci alla problematica morale), tuttavia non va persa di vista la configurazione generale della vita veramente buona se non si vuole rischiare il naufragio in un composto scombinato. Questa è una lezione che i teologi moralisti non devono lasciar cadere, ma che come un tafano pungolante devono percepire.
Un compito per il futuro
I maestri sono tali perché hanno lasciato delle «pro-vocazioni» tra le tante cose «e-vocate», e qui ne voglio spigolare una che mi sembra alquanto rilevante per il futuro della teologia morale: per Abbà vera, propria e, soprattutto, unica teologia morale è e rimane la Pars II della Summa theologiae. Dopo, potremmo dire, il diluvio!
E il motivo sta – a suo parere – nella conversione della filosofia in teologia morale operata dal dottore angelico. Ai teologi moralisti l’arduo compito di esplicitare tutti i sensi possibili o livelli logici di questo «con-vergere».
Pietro Cognato insegna Teologia morale e bioetica presso la Facoltà teologica di Sicilia, l’Istituto di studi bioetici S. Privitera e la Facoltà di servizio sociale – LUMSA. Tra le sue opere Fede e morale tra tradizione e innovazione. Il rinnovamento della teologia morale (2012); Etica teologica. Persone e problemi morali nella cultura contemporanea (2015). Ha curato inoltre diverse voci del Nuovo dizionario di teologia morale (2019).