m
Moralia Blog

Francesco, "l'uomo che ama e custodisce il creato"

Non è facile rendere ragione dell’eredità che Francesco lascia alla teologia morale: egli le ha indicato una varietà di orizzonti, aprendo prospettive tradizionali e al contempo inedite.

Non è facile rendere ragione dell’eredità che Francesco lascia alla teologia morale: egli le ha indicato una varietà di orizzonti, aprendo prospettive profondamente tradizionali e al contempo sorprendentemente inedite.

Questo è particolarmente vero per i temi etico-ambientali: è anche il suo forte radicamento nella tradizione biblica e teologica che gli ha permesso di offrire indicazioni puntuali e penetranti, in una complessità d’approccio che ha suscitato interesse e trovato accoglienza in una varietà di contesti.

Fin dalle prime battute, Francesco

È, del resto, un tema che si annunciava forte fin dalle prime battute del suo pontificato: nel motivare la scelta del nome, così egli si esprimeva: «E così è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. È per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato».

E nell’omelia programmatica del 19 marzo 2013 – festa di S. Giuseppe, il santo della custodia – egli sottolineerà:

«La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo».

Eppure erano solo le primizie, di un’attenzione che attraverserà il suo intero magistero, dall’enciclica Laudato si’, sulla cura della casa comune, all’esortazione apostolica Laudate Deum sulla crisi climatica, senza dimenticare la sezione a essa dedicata – ricca di fascino e di poesia – nell’esortazione postsinodale Querida Amazonia e i numerosi discorsi e interventi.

Da notare che anche due dei titoli appena citati mantengono il riferimento al santo di Assisi, fonte d’ispirazione per il pontefice argentino. È come se da lui Francesco traesse una prospettiva, un punto di vista per uno sguardo penetrante e preoccupato sulla casa comune, a coglierne ad un tempo lo splendore e il degrado da cui è minacciata.

Ecologia integrale: relazionalità, responsabilità e cura

L’orizzonte in cui interpretare tale situazione Francesco lo trovava però soprattutto nella prospettiva biblica, in una rilettura della Scrittura attenta a ritrovare la bontà della terra donataci dalla sua misericordia creatrice di Dio. Superando forme unilaterali di antropocentrismo, essa appare così come comunità di creazione, intessuta di legami che in qualche misura rispecchiano lo stesso mistero di relazione che è quella Trinità da cui essa proviene.

Tale percezione della relazionalità viene anche d’altra parte espressa nella Laudato si’ tramite la categoria di «ecologia integrale», a tradurre in un linguaggio meno connotato confessionalmente il «tutto è connesso» che attraversa l’intera enciclica.

In tale quadro si fa più lacerante l’esperienza di contrasto appena accennata, e da essa sgorga il forte imperativo morale a una responsabilità che chiama a pratiche di cura. Si tratta di due parole chiave per interpretare la prospettiva etico-sociale di Francesco, che intreccia in un unico sguardo l’attenzione per la terra e quella per la famiglia umana che la abita – a partire dai poveri, i più amati.

Conversione ecologica e pace

Nella Laudato si’ tale istanza trova una forte declinazione in relazione agli stili di vita personali e comunitari, in un invito a cambiare rotta – a convertirsi – per esprimere in gesti quotidiani la cura appassionata per la casa comune.

Nella Laudate Deum, otto anni più tardi, prevale invece l’appello alla politica, invitata a superare l’inadeguatezza delle misure messe in opera per contrastare il mutamento climatico: c’è assolutamente bisogno di un nuovo multilateralismo, per un agire condiviso della famiglia umana dinanzi alla minaccia incombente. Decarbonizzare l’economia, orientarla alla circolarità superando la prospettiva dello spreco, renderla attenta alle istanze di giustizia: imperativi che più volte Francesco ha declinato con forza nel corso del suo magistero.

Facile cogliere qui anche il forte legame con quell’istanza di pace che ha trovato un’espressione particolarmente forte nell’enciclica Fratelli tutti, e che tante volte egli ha gridato di fronte ai conflitti che hanno segnato il suo ministero, specie negli ultimi anni.

Proprio la condizione di fragilità che la terra rivela dinanzi al potere della tecnica rende più urgente l’appello di Francesco a superare la guerra quale modalità di rapporto tra gli stati, per costruire una pace nella giustizia. Anche dinanzi alle Chiese e alle religioni forte è l’invito a superare la centratura identitaria cui esse sembrano particolarmente esposte negli ultimi anni, per coltivare invece i germi di pace che pure sono presenti in ognuna di esse.

Un approccio a 360 gradi, insomma: la ripresa dei grandi temi della dottrina sociale della Chiesa s’intreccia con una lucida capacità di rileggerli nel contesto dell’Antropocene di un’umanità attraversata da una rinnovata conflittualità.

A chi verrà dopo di lui – ma anche all’intera comunità ecclesiale e segnatamente alla teologia morale – di continuare a esplorare gli orizzonti che Francesco ci ha indicato, per comprendere sempre meglio cosa significhi portare frutti di Vangelo per la vita del mondo.

 

Simone Morandini

Istituto di studi ecumenici San Bernardino, direttore di Credere oggi

Lascia un commento

{{resultMessage}}