Etica teologica: torna dove ti portano... le fonti
La fede cristiana non pronuncia nessun altro comandamento oltre quelli che in ogni caso sono dati all’uomo già in precedenza. Essa neppure può aumentare il dovere di adempiere queste norme, poiché il dovere morale già fin dal principio e da sé è assolutamente vincolante[1].
Mi sembra che l’idea del trascendente, in qualunque sua forma, appartenga alla morale, tuttavia essa non è di facile interpretazione. Come accade con molte di queste idee largamente elusive, essa assume facilmente forme false[2].
Qualcuno ha detto una volta che i due grandi errori in filosofia morale consistono nel credere che conosciamo la verità e che non esiste nessuna verità da conoscere (…) Le persone comuni non fanno questo errore. Esse credono di poter giudicare le azioni umane, sebbene con molte difficoltà, e credono che le persone più disinteressate pronunceranno giudizi che, anche se non identici, faranno appello a qualche sentimento condiviso[3].
Contaminazioni
Se avete letto le citazioni con cui ho scelto di iniziare questa riflessione e vorreste trovare qualche elemento di raccordo, siete liberi di farlo, ma lungi da me l’averle inanellate per mostrare logiche da figure retoriche come un climax ascendente o discendente oppure un’inclusione o, infine, un chiasmo.
Nulla di tutto ciò, se non solo questo: che si potrebbe perfettamente immaginare che la prima affermazione possa provenire da un filosofo, la seconda da un teologo e la terza da un eticista.
La verità è che non è così! La verità è che colui che esclude che la fede cristiana possa pronunciare comandamenti altri da quelli che già noi uomini di qualunque fede siamo capaci di percepire è un teologo e chi asserisce che non c’è morale senza trascendenza è una filosofa (anche famosa romanziera di successo); infine, l’autore dell’ultima considerazione non è né filosofo né teologo né eticista, ma uno scienziato sociale, di quelli che leggono e fanno studi empirici e rilevano dati su dati e poi fanno delle personali considerazioni sullo stato dell’arte della società. Emozioni? No, semmai chiamale contaminazioni!
Meglio gli incroci che le crociate
Ebbene: la logica dell’inanellare pensieri provenienti da autori diversi con prospettive diverse è funzionale a mostrare che l’esperienza morale è come un poliedro (tanto per usare un’immagine ormai tanto cara a chi si sente ispirato da papa Francesco), le cui componenti sono diverse tra loro e originali rispetto al tutto verso cui confluiscono.
Ciò rende possibile concentrarsi ora sul problema del fondamento e non su quello delle norme e viceversa; ora sull’agente e non sulle azioni e viceversa; ora sui principi e non sulle norme e viceversa; ora sui valori e non sui doveri e viceversa.
E l’elenco è allungabile e si possono riconoscere tutti: i teologi che sembrano filosofi, i filosofi che sembrano teologi e gli scienziati di ogni scienza, perché tutti sono appellati da quella infrangibilità del bene, la cui leggerezza è sostenibile e la cui fisionomica è lontana sia dalla consistenza di un manufatto preconfezionato sia dalla positività di una prescrizione.
Ma l’elenco sembra anche come quelle immagini stampate nei libri di scuola-guida per il conseguimento della patente, in cui si mostrano all’aspirante patentato una serie di incroci possibili: se si rispettano certe regole (nel nostro caso certe distinzioni capitali), l’incrocio è una possibilità di svincolamento e non di urto.
Chi porta avanti le crociate, invece, assolutizza il parziale. Ma non solo: l’assolutizzazione di una parte dell’esperienza morale comporta l’assimilazione nella parte assolutizzata di brandelli di altre componenti del discorso morale, rendendolo poco chiaro. Faremo un esempio.
Chi bene inizia (a imboccar la via= meta-odon) è a metà dell’opera
A tal proposito qualcuno che considero un vero maestro (in teologia morale… e non solo) mi ha fatto notare molto acutamente che anche chi pratica l’argomentazione etico-normativa insiste, ahimè, sull’argomento d’autorità e non sull’argomento di ragione, e se chi lo fa è cattolico l’autorità è naturalmente il papa.
Poi, però, anche se è cattolico, quando a intervenire su una questione morale sensibile è la Congregazione della dottrina della fede, che fino a prova contraria è pure magistero,[4] l’insistenza sull’argomento d’autorità perde forza.
Paradossalmente il papa, che non è mai voluto intervenire a gamba tesa su un argomento morale specifico, è evocato come autorità su argomenti etico-normativi, e la Congregazione della dottrina della fede che, invece, ha preso parola su argomenti morali specifici, non riceve lo stesso trattamento.
Quale sarebbe il motivo? Forse che dovremmo aggiungere all’elenco delle distinzioni sopra fatte un’ennesima distinzione? Forse più capitale delle altre perché si tratta di cosa s’intende per fonti in ambito morale?
Imbocchiamo la via: le fonti della moralità non sono le fonti dell’etica teologica. Quanta confusione da questa fusione di fonti!
Le prime, che si muovono tra l’oggetto, le circostanze, l’intenzione e le conseguenze, per stabilire tramite alcune la bontà dell’agente, tramite altre la correttezza dell’azione, cercano, se proprio devono ammettere l’autorità, la ragionevolezza della stessa in forza dell’autorità delle ragioni; le seconde, che si distinguono classicamente in Bibbia, Tradizione, esperienza umana e ragione, cercano di offrire tutti gli strumenti di conoscenza atti ora a formulare una norma morale che in quanto tale deve essere accessibile a tutti, ora a scoprire quali conoscenze etiche di fatto dobbiamo alla rivelazione vetero- e neotestamentaria.
Solo da qui può essere ben collocata la questione dell’interpretazione dello «specifico cristiano», all’interno della quale deve assolutamente rientrare anche il ruolo del magistero.
Domanda: se quest’ultimo è una fonte della teologia morale e non una fonte della moralità, quando facciamo riferimento a esso, cosa sortiamo?
Pietro Cognato insegna Teologia morale e bioetica presso la Facoltà teologica di Sicilia, l’Istituto di studi bioetici S. Privitera e la Facoltà di servizio sociale – LUMSA. Tra le sue opere Fede e morale tra tradizione e innovazione. Il rinnovamento della teologia morale (2012); Etica teologica. Persone e problemi morali nella cultura contemporanea (2015). Ha curato inoltre diverse voci del Nuovo dizionario di teologia morale (2019).
[1] P. Knauer, Per comprendere la nostra fede, Borla, Roma 2006, 199.
[2] I. Murdoch, La sovranità del bene, Carabba, Lanciano 2005, 114.
[3] J.Q. Wilson, Il senso morale, Edizioni di Comunità, Milano 1995, 25.
[4] Cf. G. Trentin, Magistero, in P. Benanti - F. Compagnoni - A. Fumagalli - G. Piana (a cura di), Teologia Morale, San Paolo, Cinisello Balsamo 2019, 563-571.