Etica per il COVID 19: le nuove virtù
Una delle virtù di cui si sta parlando più spesso in questo periodo di crisi, determinato dalla diffusione del coronavirus, è la prudenza. Sin dai primi giorni del contagio, qui in Italia, a essa veniva affiancato l’invito alla responsabilità: occorreva restare il più possibile a casa, non darsi la mano e così via.
Uso il verbo all’imperfetto, perché il forte messaggio della diffusione del virus e della metodologia per evitare il contagio è stato disatteso da molti. Per questo è stato necessario un intervento diverso da parte del governo, con norme molto più restrittive e pene per i trasgressori.
Perché fatichiamo a realizzare un’etica delle virtù?
Il problema è evidentemente morale: non si è capito e non si capisce il concetto di prudenza e quello di responsabilità, perché nel nostro tempo – come già osservato ad esempio da A. MacIntyre nel suo Dopo le virtù – è molto difficile realizzare un’etica fondata sulla ricerca dei valori e sulla ripetizione creativa di azioni buone orientate al bene dell’umanità. Cioè un’etica delle virtù.
Sembra anzi che il soggettivismo esasperato, affiancato dall’economicizzazione dei rapporti, dal bisogno di apparire e da tanti altri elementi, che nelle nostre società occidentali purtroppo ben conosciamo, abbia generato un’etica del carpe diem, del presentismo, dell’autoreferenzialità, della chiusura, dell’a-nomia (indifferenza rispetto alle norme). Un’etica in cui, come mi dicevano i giovani della parrocchia qualche tempo fa, si vive l’oggi senza pensare ad altro: «È un po’come nei videogiochi: la macchina si schianta, ma dopo qualche istante ricompare. Corriamo sperando di arrivare alla fine, prima di aver esaurito le vite».
In questo «mondo» non ha quasi senso pensare prima di agire e verificare la direzione del cammino. Non ha senso la prudenza, se non in maniera molto marginale e solo se stanno finendo le «vite a disposizione». Un’etica-gioco, dunque, che affiancata a una cultura molto condizionata dai social, mette in crisi anche il concetto di responsabilità.
Responsabili di che cosa?
La responsabilità, infatti, dice che l’uomo è «capace di rispondere» alle domande, e in qualche modo ai bisogni radicali che emergono dalla storia e dal mondo in cui la persona vive. Ma se il mondo è assolutamente virtuale, in cui io sono intoccabile e invincibile…
L’esistenza del valore responsabilità ha permesso al mondo, negli ultimi decenni, nonostante tanti errori e problemi, di vivere e far vivere l’uomo. Smarrito questo principio, però ognuno diventa «nemico» per l’altro o totalmente estraneo e indifferente.
Tutto questo quadro, ovviamente solo accennato, ha reso necessario purtroppo per contenere la diffusione del virus, nuovi decreti, nuove norme dello Stato, per far iniziare ad agire i cittadini in modo prudenziale e responsabile.
È ovvio però che in questo contesto non sono mancate le voci fuori dal coro. Una è stata quella della Chiesa italiana che, scegliendo di seguire le indicazioni del governo, ha dato un segno di capacità di dialogo tra realtà ben differenti e ha portato pastori e fedeli a riflettere nuovamente sui valori primari della vita, ma anche sul tema dell’obbedienza.
Nella riflessione dei vescovi ha prevalso l’etica della prudenza, legata – ovviamente – al valore salute. Si è fatta una scelta, forse non condivisa da tutti perché ha messo in crisi altri valori tipici del santo popolo di Dio, dettata da un’urgenza che ha richiesto una risposta immediata (responsabilità!) che andava data alla società intera. L’obbedire, l’accogliere dopo aver ascoltato con intelligenza e senza servilismo, era è e deve essere davvero una virtù che – insieme agli altri consigli evangelici – ci fa proseguire nel cammino di perfezione e di comunione.
Insomma la crisi ci ha messo (adesso) in crisi, ma forse ci ha dato dei segnali per il futuro: c’è un problema etico-sociale che dovremo affrontare seriamente. Un problema di base legato a coscienza individuale e comunitaria, valori in gioco, identità personale e morale, e a quelle azioni e scelte che incidono nel presente e nel futuro dell’uomo.
Affrontando questa crisi con l’aiuto delle virtù cardinali (oltre alla prudenza non dobbiamo dimenticare la giustizia, la fortezza e la temperanza) e soprattutto con l’idea cristiana di bene che è la comunione con Dio, potremo superare non solo questa crisi, ma anche l’epoca di trasformazione che stiamo vivendo.
Alessandro Rovello, prete della diocesi di Caltanissetta, insegna presso lo Studio teologico San Gregorio Agrigentino.