Etica per il COVID-19. C’è Occidente e Occidente
Si parla talvolta di Occidente e di valori occidentali, ma così facendo si raccolgono in un’unica espressione modi assai diversi di guardare al legame sociale e al bene comune. L’emergenza legata al coronavirus, come una cartina di tornasole, sta evidenziando con grande chiarezza tali differenze; casualmente esse sono emerse in modo evidente nella giornata di venerdì 13 marzo.
Un approccio liberista
Sono di venerdì 13, infatti, le dichiarazioni del premier inglese Boris Johnson, decisamente contrarie a misure che – per contenere il contagio – rallentino l’economia o costringano a chiudere le scuole. L’invito agli inglesi è quindi a prepararsi a reggere la diffusione del coronavirus, mettendo in conto la morte di parecchi cari.
Il post di Salvino Leone pubblicato su Moralia chiarisce la fragilità di tale ipotesi, che difficilmente potrà reggere all’urto del contagio stesso, se – come prevedibile – in Gran Bretagna esso dovesse espandersi.
Soprattutto, però, desta sconcerto una considerazione così limitata per le vite di tanti uomini e tante donne (in primo luogo anziani). Traspare nelle parole di Johnson una visione che subordina radicalmente il diritto alla vita delle persone – primo diritto umano – alle esigenze dell’economia.
Dietro c’è cioè un approccio pesantemente liberista, che non ritiene compito dello stato prendersi cura del benessere dei cittadini, ma solo mantenere le condizioni di libero esercizio della vita economica, affidando il resto fondamentalmente all’agire individuale.
Ma rivelatrici appaiono pure le difficoltà del sistema sanitario degli Stati Uniti, il cui approccio fortemente privatistico non può assumere la salute come bene comune da tutelare. Solo nello stesso venerdì 13, il presidente Donald Trump ha annunciato che per il coronavirus ci sarà un test gratuito per tutti i cittadini: non un privilegio che pochi potranno pagarsi, ma una misura per contenere il contagio.
Dalle sue dichiarazioni non siamo per ora in grado di evincere se saranno gratuite anche le relative cure, o se per esse rimarrà invece la soglia di un’adeguata disponibilità economica.
Si tratta, però, di una differenza cruciale, che segna un discrimine fondamentale: se almeno in quest’occasione – così eccezionale – la promozione del bene comune prevarrà su un approccio tutto centrato sull’individuo.
Da notare tra l’altro – quasi di passaggio – che proprio quest’ultima accentuazione rende pure difficile ipotizzare per gli USA forti misure di limitazione delle possibilità di movimento: vi sono frange e sub-culture pronte alla resistenza (magari armata) rispetto a indicazioni delle istituzioni ritenute lesive del primato dell’individuo e delle sue libertà.
Diverso pensare
Per fortuna l’orizzonte dell’Europa continentale può e deve essere diverso. Se Slavoj Zizek su Internazionale invoca un nuovo comunismo di fronte al virus, crediamo che entro l’orizzonte dell’Occidente di approcci diversi ce ne siano parecchi, ispirati da varie tradizioni morali, inclusa quella cristiana.
Proprio in tale prospettiva il bene comune è considerato fondamentale, e uno dei compiti essenziali della politica è proprio prendersi cura di quell’insieme di condizioni sociali economiche e culturali che permettono il fiorire dell’esistenza delle persone e della vita associata.
Non si tratta certo di mettere in parentesi i diritti delle persone – magari assumendo approcci autoritari per tutelare un preteso interesse generale – ma di ricercare (in un attento discernimento) quel giusto equilibrio, in cui giustizia e libertà possano crescere assieme, per tutti e per ognuno, in forme solidali.
In tale prospettiva trovano tra l’altro solido fondamento misure come quelle assunte dal governo italiano, di una limitazione – naturalmente temporanea, limitata alla durata del presente stato di necessità – dell’esercizio di alcune libertà, così come l’attivazione di risorse e sussidi straordinari per chi affronta la condizione di emergenza.
Crisi e discernimento
La pandemia da coronavirus è fase drammatica, di sofferenza e di crisi globale, che speriamo di superare quanto prima. Non dimentichiamo, però, che l’etimologia della parola krisis ha anche a che fare con l’interrogare e col discernere. Ogni crisi è anche invito a ripensare le forme della nostra vita associata, cercando di comprendere come essa possa e debba essere rimodulata. Questa, in particolare, ci fa toccare con mano quanto essenziali siano alcuni beni per la vita di ognuno e quanto necessario sia un agire comune per tutelarli.
Ci fa peraltro anche toccare con mano l’inaccettabilità di comportamenti che erodono – magari in forma non immediatamente evidente – tali beni e che vanno quindi rigettati.
Si pensi ad esempio all’evasione e all’elusione fiscale: è anche a esse che l’Italia deve la scarsità di risorse disponibili; è quindi anche a esse che si devono quei tagli al sistema sanitario di cui in questa fase comprendiamo tutta l’insensatezza. O si pensi a quei comportamenti che degradano l’ambiente, incuranti della sua rilevanza per le esistenze di questa e delle prossime generazioni... ma l’elenco potrebbe essere davvero molto lungo.
Tanti, in effetti, gli ambiti per i quali la crisi potrebbe essere davvero occasione di cambiamento: della mente e del cuore, del pensiero e della prassi, dei comportamenti personali come di politiche e normative.
Simone Morandini è coordinatore del progetto «Etica, teologia, filosofia» della Fondazione Lanza e insegna all’Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia; è coordinatore del blog Moralia.