Etica nello sport: che cosa dobbiamo cambiare
Quando scoppia uno scandalo o
vengono a galla scorrettezze o malaffare, sono in molti ad atteggiarsi
prontamente a coraggiosi paladini della giustizia e della legalità. Accade anche
nello sport. Si parla di etica quando si registrano imbrogli, violenze, illegalità,
corruzione: basta guardare ai recenti fatti di cronaca (calcio scommesse, violenza
negli stadi, sospetti di corruzione ai vertici FIFA).
Se da una parte rivendicare maggiore eticità appare doveroso e inevitabile, dall’altra rischia di trasformare l’etica in una semplice “etichetta” da appiccicare ora alla professione, ora alla politica, ora allo sport, ….
Al contrario, restando nell’ambito dello sport, l’etica è l’essenza stessa della pratica sportiva. Ne è l’anima. Un valore che non si trasformi in comportamento rimane semplicemente una parola vuota e senz’anima. Un comportamento che non sia nutrito da un valore rimane, a sua volta, pura esercitazione, priva di anima. Per questo è giusto parlare di etica “nello” sport, perché – anche se l’etica resta troppo frequentemente “un tesoro nascosto” – “etica è sport”. Per questo lo sport è uno straordinario ambiente educante. E straordinaria sarebbe la ricaduta sociale che può innescare.
Questa la sfida cultura che ci aspetta: essere leali nello sport per essere leali nella vita. «Nello sport, come nella vita – ha recentemente dichiarato il presidente anticorruzione Raffaele Cantone al convegno “Leali nello sport, leali nella vita” organizzato a Milano da ESICERT (Istituto di certificazione etica nello sport) – l’etica non è solo necessaria, ma conveniente. La corruzione frantuma lo sport e la stessa società civile».
È difficile pensare che si stia davvero lavorando per la trasparenza e a favore di una più larga coesione sociale attraverso lo sport, quando a livello nazionale e internazionale – al di là delle rituali dichiarazioni d’impegno a “cambiare il sistema” – non si mettono in atto specifici processi di rinnovamento.
Quello che si potrebbe fare, in molti lo sanno: in pochi lo vogliono. Oggi, non basta “fare”. Occorre progetto e metodo. Bisogna partire dalla riscoperta del “tesoro nascosto” nello sport, ovvero, servono innovativi ed esigenti percorsi di formazione all’etica nello sport. Per superare, poi, ogni rischio di autorefenzialità è importante lasciarsi misurare (certificare) da un ente terzo che sia in grado di verificare, insieme all’orientamento etico, quanto, dove e come i valori dello sport vengono effettivamente e coerentemente applicati nella gestione della pratica sportiva. E questo modello di “certificazione” può diventare strumento credibile e stimolante di cambiamento.
Per il successo di questa impresa serve il coinvolgimento di ciascuno e di tutti quelli che sono impegnati nella gestione della pratica sportiva, dai dirigenti alle famiglie. Solo con questa determinazione e concretezza sarà possibile che «da ogni evento sportivo di vertice o di base, locale o mondiale – come scriveva il card. Martini –, ogni persona possa uscire più vera, più umana, più felice». E sarà incredibile la ricaduta sociale.
Germano Bertin
Caporedattore “Etica per le professioni”
Formatore “Etica nello Sport”