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Due volti di «un’economia senz’anima»

Nel giro di ventiquattr’ore, due eventi apparentemente distinti hanno scosso le coscienze di chi ancora crede in un’umanità capace di guardarsi allo specchio. 

Nel giro di ventiquattr’ore, due eventi apparentemente distinti hanno scosso le coscienze di chi ancora crede in un’umanità capace di guardarsi allo specchio. Il 15 ottobre 2025 è stato presentato il 34° Rapporto Immigrazione di Caritas italiana e Fondazione Migrantes, intitolato «Giovani, testimoni di speranza».

Il giorno seguente, Papa Leone XIV ha pronunciato un discorso alla FAO che resterà inciso nella memoria collettiva: «I bambini malnutriti sono il segno evidente di un’economia senza anima».

Un modello economico malato

Due messaggi, un’unica diagnosi: il nostro modello economico è malato. E le sue vittime più evidenti sono i giovani – migranti o affamati –, che pagano il prezzo di un sistema che produce scarti, non opportunità.

Il Rapporto Immigrazione fotografa un’Italia in trasformazione: oltre 5,4 milioni di stranieri regolarmente residenti, pari al 9,2% della popolazione. Più del 21% dei nuovi nati ha almeno un genitore straniero. Eppure questi numeri non si traducono in politiche inclusive. I giovani stranieri continuano a essere esclusi da percorsi scolastici pienamente valorizzanti, da un mercato del lavoro equo, da una cittadinanza che riconosca loro diritti e dignità.

Il Rapporto parla chiaro: i giovani migranti non sono un «problema» da gestire, ma una risorsa da coltivare. Eppure l’economia italiana – e più in generale quella europea – continua a considerarli come un costo, non come un investimento. È una miopia che si paga cara, soprattutto in un paese che invecchia e che ha bisogno di energie nuove per sostenere il proprio sistema produttivo e sociale.

In questo contesto, le parole di papa Leone XIV alla FAO assumono un significato ancora più profondo. Denunciando l’uso della fame come arma di guerra, il pontefice ha puntato il dito contro un’economia globale che ha perso il senso del limite e della giustizia.

Quando milioni di persone fuggono da carestie, conflitti e desertificazione, non lo fanno per scelta, ma per sopravvivenza. E quando arrivano in Europa, trovano spesso un’accoglienza fredda, ostile, burocratica. Come se la loro presenza fosse un fastidio, e non una conseguenza diretta delle disuguaglianze che il nostro stesso modello economico contribuisce ad alimentare.

Lo stretto legame tra fame e immigrazione

Il legame tra immigrazione e fame è più stretto di quanto si voglia ammettere. Entrambe sono figlie di un sistema che privilegia il profitto sul bene comune, l’accumulazione sulla redistribuzione, la competitività sulla solidarietà. Un sistema che produce eccedenze alimentari da una parte del mondo e bambini denutriti dall’altra. Che forma giovani brillanti e poi li costringe a emigrare per trovare un futuro. Che accoglie braccia ma respinge volti, storie, identità.

Sia il Rapporto Immigrazione che il discorso del papa ci pongono davanti a una scelta: continuare a tollerare le disarmonie di un’economia disumanizzata, oppure iniziare a costruire un modello diverso, che metta al centro la persona. Un’economia con l’anima, per usare le parole del pontefice. Un’economia che riconosca nei giovani migranti non un’emergenza, ma una speranza. Che veda nei bambini affamati non un problema da nascondere, ma un grido da ascoltare.

Investire nei giovani

È certamente una questione etica, ma non solo. Si tratta di intelligenza politica, di visione strategica, di sopravvivenza collettiva. Un paese che non investe nei suoi giovani – tutti i suoi giovani – è un paese che rinuncia al proprio futuro. E un mondo che tollera la fame come strumento di potere è un mondo che ha smarrito la propria umanità.

Serve un cambio di paradigma. Serve il coraggio di dire che la crescita economica non può più essere misurata solo in PIL, ma in giustizia sociale, in inclusione, in benessere condiviso. Serve una politica che non abbia paura di parlare di redistribuzione, di diritti, di dignità. E serve una società civile che non si accontenti della carità, ma pretenda giustizia.

Il Rapporto Immigrazione e le parole di papa Leone XIV alla FAO ci offrono una bussola. Sta a noi decidere se seguirla o continuare a navigare a vista, in un mare sempre più agitato e disumano.

 

Nicola Rotundo, presbitero di Catanzaro-Squillace, nel corso degli anni ha insegnato Teologia morale presso alcune realtà accademiche come la PFTIM e la Federico II di Napoli. Attualmente è cultore della materia presso l’Università della Calabria (SECS-P/08). Tra le sue pubblicazioni monografiche più recenti: Intelligenza artificiale. Un punto di vista etico-sociale, Armando 2024; L’incontro tra Dio e l’uomo. Zaccheo esempio di conversione morale, TAU 2024; Etica armonica. Riflessioni per innovare l’economia e il lavoro, Rubbettino 2023.

Tag Economia

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