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Moralia Blog

Donne lettrici e accolite? Uno sguardo etico sul diritto e sulla tradizione della Chiesa

Con il motu proprio Spiritus Domini papa Francesco ha reso paritario, per donne e per uomini, l’accesso ai ministeri istituti del lettorato e dell’accolitato (per un commento al documento, leggi qui). È stato sufficiente che il Legislatore universale eliminasse un complemento di specificazione («di sesso maschile») dalla lettera del can. 230 § 1 per far cadere una causa di discriminazione nell’ordinamento canonico, che ancora riservava solo ai fedeli maschi la possibilità di essere istituti stabilmente nel proclamare la parola di Dio e nel servire all’altare.

          La riforma della Chiesa passa, insomma, anche – e, mi sia consentito dire, soprattutto – dall’aggiornamento di consuetudini e norme ecclesiali che non sono «direttamente legate al nucleo del Vangelo» e che non «non hanno più la stessa forza educativa come canali di vita», come scriveva papa Francesco nella Evangelii gaudium (n. 43). Si inserisce in questa prospettiva la modifica del can. 230, la cui precedente formulazione rappresentava un «avamposto» normativo di una comunione di genere ancora non raggiunta nella comunità ecclesiale. Non che adesso si possa ritenere raggiunta questa comunione, ma una frontiera è stata quantomeno superata…

          Mai come di questi tempi, avvertiamo l’esigenza di uno sguardo etico sulla tradizione e sul necessario progresso dell’istituzione ecclesiale e del suo ordinamento. Dobbiamo essere consapevoli che il dinamismo dello Spirito nella Chiesa può portare la comunità a prendere consapevolezza dell’esigenza di rivedere alcune forme e alcuni modi in cui il Vangelo è vissuto. Non significa tradire, bensì vivere più fedelmente il messaggio di Gesù.

          Per comprende effettivamente la portata ecclesiale della decisione di papa Francesco, propongo una breve rassegna degli argomenti che generalmente sono stati utilizzati per tentare di ridimensionare la scelta di Papa Francesco, sottoponendoli a critica.

1) La modifica del canone equivale soltanto al riconoscimento formale di una situazione di fatto già presente nella Chiesa cattolica.

          Con un’affermazione simile si vuole dire: «Tranquilli, non è cambiato nulla». E invece no: qualcosa, molto più di qualcosa, è cambiato.

          È evidente che, da un punto di vista sociologico – come hanno dimostrato gli studi di Georges Gurvitch –, il diritto (socialità organizzata) tende, anche se con difficoltà, a stare al passo con i mutamenti della realtà sociale (socialità spontanea). Ma ciò non significa che la produzione di regole negli ordinamenti giuridici – e, quindi, nell’ordinamento canonico – teoricamente si giustifica sulla base delle circostanze contingenti. Tra i postulati delle teorie sul discorso vi è l’impossibilità logica di far derivare una proposizione normativa dalla descrizione di uno stato di cose, salvo cadere nella cosiddetta «fallacia descrittivistica».

          Nel motu proprio, più che a un adattamento normativo alle esigenze fattuali, il papa fa riferimento a uno «sviluppo dottrinale» sulla dignità battesimale. Il Legislatore universale adegua il diritto canonico ad una evoluta comprensione teologica. Le donne lettrici e accolite permettono alla Chiesa – sottolinea Francesco – di rispondere più fedelmente al mandato di Gesù Cristo.

2) Donne lettrici e accolite? Va bene. Ma questi due ministeri devono essere compresi ben al di là del potere liturgico e dello spazio destinato al sacro.

          Se tale argomento non uscisse fuori proprio ora che anche le donne accedono al lettorato e all’accolitato, lo condividerei. È sempre più urgente una reinterpretazione dei ministeri nella vita della Chiesa, la cui dimensione «extra-liturgica» è peraltro già presente. Ma la «questione femminile» nella Chiesa cattolica è da individuare esattamente nella relazione (problematica) con il sacro, con la liturgia, soprattutto perché nell’ordinamento canonico la potestà di governo è strettamente legata alla potestà d’ordine, riservata ancora agli uomini.  Allora, la novità della statuizione pontificia risiede proprio nel mettere in luce come, da adesso, pure alle donne siano attribuite le funzioni stabili di «leggere la parola di Dio nell'assemblea liturgica» e di «curare il servizio dell’altare, aiutare il diacono e il sacerdote nelle azioni liturgiche, specialmente nella celebrazione della santa messa», secondo quanto dispone il motu proprio Ministeria quaedam di Paolo VI. In altre parole, da ora, le donne potranno muoversi in uno spazio d’azione simbolicamente riservato all’uomo. E vi pare poco?

3) L’accesso delle donne al lettorato e all’accolitato è funzionale a distinguere ulteriormente le prerogative dei ministeri non-ordinati (o laicali) da quelli dei ministeri ordinati.

          Tale argomento è di solito fondato sul passaggio della lettera al card. Ladaria in cui papa Francesco parla di «una più chiara distinzione fra le attribuzioni di quelli che oggi sono chiamati “ministeri non-ordinati (o laicali)” e “ministeri ordinati”». Ma questa più chiara distinzione, dice il papa, è stata utile sciogliere la riserva maschile sui ministeri laicali. E non il contrario: cioè che dall’abrogazione della riserva maschile deriverebbe una più marcata distinzione tra ministeri laicale e ministeri ordinati. Stravolgendo quanto afferma il papa, c’è il rischio di alimentare quelle forme di clericalismo condannate fortemente dal magistero di Bergoglio.

4) Istituire le donne lettrici e accolite non vuol dire che le donne siano diacone o presbitere.

          Lapalissiano. Ma, come dicevano i latini, excusatio non petita accusatio manifesta! Quest’argomento smaschera il reale timore da parte di alcuni che alle donne possa essere riconosciuta nella Chiesa la dignità del ministeriale sacerdotale.

          Sempre nella lettera al card. Ladaria, il papa richiama la «sentenza» di Giovanni Paolo II circa l’impossibilità di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale. Ma deve essere chiaro che ciò non esclude che le donne possano comunque accedere ai ministeri ordinati con il grado del diaconato che, com’è noto, non ha carattere sacerdotale.

          Sul diaconato «paritario» (dico così perché non può esserci un diaconato maschile distinto da uno femminile) la partita è ancora aperta. La scelta del papa di consentire anche alle donne di essere istituite lettrici e accolite può rappresentare certamente il primo passo nella direzione di una maggiore comunione di genere nella Chiesa. Da qualche parte bisognava pur partire… Se guardiamo all’esperienza di quelle comunità cristiane che ammettono le donne all’esercizio di funzioni pastorali, la storia insegna come si sia partiti proprio dall’iniziare a riconoscere alcuni ministeri liturgici. Ad esempio nella Chiesa valdese, prima di riconoscere alle donne, nel 1962, la possibilità di essere consacrate pastore, nel 1954 aveva introdotto la figura delle assistenti di Chiesa «laiche». Questo ministero ha rappresentato senza dubbio un necessario passaggio propedeutico nel processo di maturazione di una diversa coscienza ecclesiale sulla condizione femminile nella comunità valdese. Chissà che non possa innescarsi un processo simile pure nella Chiesa cattolica … l’importante è non rinunciare a uno sguardo etico sulla tradizione e sull’aggiornamento delle norme ecclesiali.

 

Luigi Mariano Guzzo, canonista, insegna Storia del diritto canonico e Beni ecclesiastici e beni culturali all’Università Magna Graecia di Catanzaro. È anche professore invitato alla Facoltà di scienze dell’educazione dell’Istituto universitario Pratesi di Soverato (Catanzaro), affiliato all’Università pontificia salesiana di Roma.

Commenti

  • 31/01/2021 Marcello Badalamenti

    Condivido e plaudo al sagace commento dell'autore sulla novità, anche per me rivoluzionaria, nella dottrina e nella prassi, sul ministero del lettorato e dell'accolitato che si apre alle donne: al di là di chi lo pone o tra le cose scontate e di routine oppure nella paura di possibili ulteriori derive diverse dalla prassi e contrarie alla dottrina. anche alla luce del mio insegnamento ch si occupa del rapporto liturgia e vita, sarei contento di sapere cosa l'autore, in definitiva, intende quando parla di 'non rinunciare a uno sguardo etico sulla tradizione e sull'argomento delle norme ecclesiali'. Un sereno confronto su questo asserto da parte del canonista forse invoca una lettura del codice oltre le righe? Oppure, come nel mio caso, da teologo morale, questo stesso asserto non potrebbe che riconsiderare, alla luce della prassi, e di una prassi così diffusa e seriamente attestata, anche quella dottrina che sembra aver dimenticato il tante volte citato asserto di papa Francesco: annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate sulla dinamicità del dato della Tradizione e dunque sulla lettura odierna della dottrina stessa? se poi è necessario uno sguardo etico sul diritto e sulla tradizione non lo si invoca, tra l'altro, perché tutti, teologi in primis, ci si ponga in un cammino serio di conversione che apra e dilati, cuore e mente, per non fossilizzarsi sul già 'detto'? grazie della sua attenzione badalamenti macello docente di teologia morale - Messina, Catania, Gerusalemme.

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