Dinanzi alla violenza: una via altra
Che significa opporsi al terrorismo di Daesh? Come
affrontare una questione di portata globale, che – attraverso l'intreccio di
misure militari e di intelligence –
interroga in realtà il modo stesso di essere dell’Occidente? Davvero non è solo
un problema di opzioni tecniche e politiche: si tratta di ripensare cosa
significhi essere umani in questo tempo, senza cedere alla tentazione di far
propria quella stessa violenza che viene da Daesh.
Forse, in mezzo a tante voci pronte a offrire indicazioni a buon mercato – in direzioni peraltro anche molto diverse –. vale la pena di ascoltarne due differenti. A prima vista sembrano forse parlare d’altro, ma proprio per questo richiamano efficacemente alla complessità politica e morale, mettendo in guardia contro facili semplificazioni.
Due voci
Ci riferiamo, da un lato, al grido di papa Francesco: il suo viaggio in Africa è stato profondamente segnato dal continuo intreccio tra la condanna della violenza e il richiamo alla costruzione di alternative, per rigenerare un tessuto umano, civile, economico in forme davvero sostenibili.
Così nell'Omelia per l'apertura della porta santa del Giubileo della Misericordia invitava a "essere nel mondo gli artigiani di una pace fondata sulla giustizia"; a praticare "l’amore per i nemici, che premunisce contro la tentazione della vendetta e contro la spirale delle rappresaglie senza fine". Una famiglia umana capace di realizzare finalmente una convivenza in forme giuste e solidali; un'umanità capace di prendersi cura dei più deboli e dei fragili: questo il miglior antidoto a quel malessere che genera violenza contro le alterità.
Assume in tal senso un significato assolutamente strategico la stessa assise di questi giorni a Parigi, tesa a ricercare vie condivise per contenere il mutamento climatico (e garantire così un pianeta abitabile per questa come per le prossime generazioni).
Ma accanto a tale dimensione, carica di parole impegnative per la politica, vorremmo pure richiamare i gesti essenziali dei genitori di Valeria Solesin, la veneziana vittima dell'attentato parigino: una giovane donna la cui troppo breve esistenza è stata tutta intessuta di solidarietà, come valore che informa le pratiche e muove alla curiosità della ricerca sociale.
Il funerale di Valeria, così come lo hanno voluto suo padre e sua madre, ha testimoniato di una laicità ospitale, che rifiuta lo spirito di vendetta e sa invece costruire spazi per la condivisione del dolore e della speranza. In esso hanno potuto così trovare spazio le parole di pace pronunciate delle tre religioni monoteiste, per invocare benedizione su tutti e su tutte.
L'autorità dei sofferenti
In questi giorni di apertura dell'anno giubilare della misericordia, meditare sommessamente su simili parole è forse il modo migliore per comprendere quale sia il potere di un cuore misericordioso; per percepire quanta capacità di futuro vi sia in chi sa prestare ascolto e attenzione a quella che il teologo Johann Baptist Metz chiama "l'autorità dei sofferenti". Qui possono radicarsi un'etica e una politica sostenibili, da qui si possono cercare vie davvero diverse, radicalmente altre da quelle di Daesh.